
La decisione della città di Parigi di annullare il concerto “Solidarité Congo”, previsto per il 7 aprile all’Accor Arena, ha acceso un acceso dibattito tra diplomazia, memoria storica e tensioni geopolitiche. Al concerto avrebbero dovuto partecipare star della scena musicale afrodiscendente come Gazo e volti iconici della diaspora congolese come Maître Gims. Tutti gli ingredienti per renderlo un evento memorabile erano sul tavolo. Salvo un piccolo problema.
La data: che coincide, o sarebbe coincisa, con la Giornata internazionale della commemorazione del genocidio dei tutsi in Rwanda. Una sovrapposizione che è stata interpretata dalla diaspora e dalla stampa rwandese come una vera provocazione, dato il contesto di relazioni sempre più tese tra Kigali e Kinshasa.
Le ragioni dell’annullamento
La prefettura di polizia di Parigi ha giustificato la cancellazione citando “ragioni di ordine pubblico”, a seguito delle pressioni esercitate dalla diaspora rwandese e dall’ambasciata del Rwanda in Francia. Negli ultimi mesi, le tensioni tra le comunità congolesi e rwandesi in Europa sono aumentate, riflettendo il conflitto che infiamma l’est della Repubblica Democratica del Congo, dove il gruppo armato M23, sostenuto da Kigali, continua ad avanzare.
Una situazione che ha causato già a centinaia di migliaia di sfollati nei soli primi tre mesi dell’anno, tanto da indurre il parlamento europeo a chiedere di interrompere ogni sostegno economico e militare al paese guidato da Kagame.
Sebbene gli organizzatori del concerto abbiano sottolineato il carattere umanitario dell’evento, destinato a raccogliere fondi per le vittime del conflitto nelle regione dell’est della Rd Congo, la coincidenza con il 30° anniversario del genocidio ha reso la scelta della data altamente controversa. L’UNICEF, inizialmente beneficiario dell’iniziativa, si è ritirato, dichiarando “inopportuno” un evento benefico proprio nel giorno della commemorazione.
Il ruolo della Francia: equilibri diplomatici e responsabilità storiche
Una possibile chiave di lettura nella decisione di Parigi di sospendere effettivamente il concerto può essere trovata nel delicato riavvicinamento tra Francia e Rwanda degli ultimi tempi. Dopo anni di relazioni tese, con la rottura delle relazioni diplomatiche tra il 2006 e il 2009, il presidente Emmanuel Macron ha avviato un percorso di riconoscimento delle responsabilità francesi nel genocidio del 1994.
Sebbene Parigi non abbia mai ammesso una complicità diretta nei massacri, il rapporto Duclert, commissionato dallo stesso Macron, ha riconosciuto che la Francia, all’epoca alleata del governo rwandese, ha avuto “pesanti e schiaccianti responsabilità” nel non aver fermato la tragedia.
Tuttavia, questa decisione rischia di rafforzare la percezione, diffusa in ambito congolese, di un atteggiamento occidentale incline a minimizzare l’attuale aggressione del Rwanda nella Rd Congo.
Memoria e politica: il difficile equilibrio
L’annullamento del concerto riaccende il dibattito più ampio sul peso della memoria storica nelle scelte politiche attuali. Se da un lato la commemorazione del genocidio dei tutsi rappresenta un evento di rilevanza globale, dall’altro il Congo vive oggi una crisi umanitaria che molti considerano meritevole di altrettanta attenzione internazionale.
In un quadro già complesso, la Francia si trova dunque a dover bilanciare il proprio ruolo storico con le dinamiche geopolitiche attuali, cercando di mantenere un difficile equilibrio tra i suoi passi verso il Rwanda e la necessità di non alienarsi ulteriormente la Rd Congo e la sua diaspora. La cancellazione del concerto per motivi di ordine pubblico è solo l’ultimo episodio di una vicenda ben più profonda, che continua a intrecciare memoria, diplomazia e interessi strategici. (AB)