Persone straniere: una legge priva di bilancio - Nigrizia
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La denuncia dell’Asgi: quattro profili discriminatori tra detrazioni fiscali, cittadinanza e bonus bebè
Persone straniere: una legge priva di bilancio
Le disposizioni sono contenute in un disegno di legge che ha iniziato il suo percorso parlamentare. Secondo l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione è un provvedimento palesemente studiato per colpire i/le più vulnerabili
31 Ottobre 2024
Articolo di Redazione
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Il disegno di legge che riguarda il bilancio dello stato ha appena iniziato il suo iter parlamentare. A commentare le prime storture, che delineano profili discriminatori, è l’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione). Quattro i profili che riguardano le persone straniere nel percorso di accertamento della cittadinanza; nell’accesso al bonus nascite, nel riconoscimento del diritto alla riduzione contributiva e delle detrazioni fiscali per le famiglie con figli a carico.

1) Contributo controverso

Secondo quanto riportato da Asgi, nella proposta di legge, all’articolo 106, si eleva a 600 euro il contributo per “le controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana”. Un passaggio, questo delle controversie, che farebbe riferimento a chi fa domanda di cittadinanza iure sanguinis e che, a oggi, già paga 518 euro, ma in un contributo all’erario unificato per l’intera pratica che riguarda le persone a lui/lei collegate.

Ora, invece, la norma prevede che questo contributo sia dovuto “per ciascuna parte ricorrente anche se la domanda è proposta congiuntamente nel medesimo giudizio”. In poche parole, ogni persona dovrà sborsare 600 euro, raggiungendo così un importo non di poco conto per la stessa famiglia, che si potrebbe trovare in difficoltà. Quindi verrebbe meno la tutela giudiziaria del diritto.

La singolarità dei condomini

Oltre al non secondario aspetto del costo che sale per un tipo di richiesta di cittadinanza che a oggi risulta essere maggioritario, c’è una discutibile singolarità: “per tutti gli altri contenziosi giudiziari con una pluralità di attori (ad es. quando tutti i condomini agiscono insieme), il contributo da pagare allo stato per accedere alla giustizia è unico”.

La discriminazione rispetto ai migranti di origine italiana

Se l’intento, scrive Asgi, fosse quello di scoraggiare le domande che arrivano da persone migranti di origine italiana (che di fatto possono anche non esser mai state in Italia, né conoscere la lingua) si dovrebbe apertamente modificare la legge, non far venir meno quello che per legge è ancora un diritto che verrebbe di fatto sottratto alle persone più povere (ed ecco la discriminazione).

2) Detrazioni fiscali solo per i figli o figlie residenti in Italia

Altro punto è quello dell’articolo 2 comma 10 del disegno di legge, con cui si va a modificare la disciplina relativa alle detrazioni fiscali per le famiglie con figli e figlie a carico, limitandole ai soli nuclei con figli di età compresa fra i 21 e i 30 anni. Qua il governo introduce una limitazione che riguarda le sole persone che possiedono cittadinanza extra Ue. A queste sarà possibile accedere alle agevolazioni soltanto nel caso in cui le figlie e i figli a carico siano residenti in Italia.

“L’esclusione dei figli residenti all’estero dal computo delle detrazioni dei cittadini non UE – spiega Asgi – è in contrasto con il diritto dell’Unione: infatti l’art. 11, comma 1, lett. e) della Direttiva 109/2003 e l’art. 12, comma 1, lett. f) della Direttiva 198/2011 prevedono – rispettivamente per i titolari di permesso di lungo periodo e per i titolari di permesso unico lavoro –  la parità di trattamento con i cittadini dello stato ospitante per quanto riguarda le agevolazioni fiscali.

Lo fa ricordando che già in passato, quando c’è stata l’esclusione dagli assegni famigliari per i nuclei stranieri, si arrivò a contenzioso fino a sentenza della Corte di giustizia e Corte costituzionale, che di fatto accertarono in maniera definitiva l’uguale diritto dei lavoratori e lavoratrici stranieri.

3) Niente bonus bebè alle mamme con permesso di protezione internazionale

Anche gli ultimi due profili discriminatori indicati da Asgi hanno a che fare con il diritto legato alla famiglia. Il penultimo di riferisce al “bonus nuove nascite” (art. 31), la famosa mancetta di contributo una tantum di mille euro per ogni nuovo figlio/figlia nato o adottato dal 1° gennaio 2025. Nella lista di chi può accedere al bonus non ci sono le donne con permesso di protezione internazionale.

Anche qui di fatto si viene meno a una direttiva, 2011/95, che all’art. 29 “impone la parità di trattamento” con i diritti della cittadinanza dello Stato ospitante. È pertanto necessario che – anche per ragioni di equità – il permesso di soggiorno per protezione internazionale (rifugiato politico o titolare dello status di protezione sussidiaria) sia inserito nella lista di titoli idonei per la fruizione della prestazione.

4) Contributi “pieni” per lavoratrici con contratto a termine o con rapporto di lavoro domestico

L’ultimo, invece, riguarda la riduzione della quota contributiva a carico delle lavoratrici madri con almeno due figli/figlie, già introdotta nella scorsa legge di bilancio. Come per il 2024 anche per il 2025 rimane fuori chi ha contratto a termine e chi ha rapporto di lavoro domestico. Un punto su cui si è già espresso, la scorsa settimana, il Tribunale di Milano, con una ordinanza in cui si sollevava la questione di costituzionalità.

Un’esclusione che è discriminazione. Perché da tempo i report ci raccontano che le persone di origine straniera sono statisticamente più numerose proprio in questi due gruppi lavorativi: a tempo determinato e occupazione domestico familiare. “Alla luce di tali dubbi di costituzionalità e comunque della irragionevolezza della esclusione (le lavoratrici a termine e le titolari di rapporti di lavoro domestico sono normalmente quelle con retribuzioni più basse) – conclude Asgi – sarebbe doveroso eliminare tale ingiustificata esclusione”.

 

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