Quando la diplomazia cede alla legge del più forte - Nigrizia
Gad Lerner Politica e Società
Giufà / Febbraio 2025
Quando la diplomazia cede alla legge del più forte
Da Trump a Putin, da Xi Jinping a Erdogan: i leader mondiali sembrano sempre più inclini a esibire la forza come principale strumento di politica estera. La politica degli energumeni
01 Febbraio 2025
Articolo di Gad Lerner
Tempo di lettura 3 minuti

Potrà sembrare inappropriato sul giornale di chi vuole bene all’Africa ricadere nel solito luogo comune che affligge la reputazione dei gorilla. Sono splendidi primati, per giunta in via d’estinzione. Turisti facoltosi pagano cifre esorbitanti per provare l’emozione di osservarli da lontano nei parchi dell’Uganda, dell’Rd Congo, del Rwanda.

A farne il simbolo dissacratorio di una virilità bestiale abbattutasi su un giudice-carogna hanno già provveduto magistralmente Georges Brassens e, in italiano, Fabrizio De André.

La tentazione, però, è troppo forte, e me ne scuso. Questo nobile animale, il gorilla, ha le sembianze che meglio si prestano a descrivere i protagonisti delle relazioni internazionali nel tempo presente. Energumeni convinti di dover incarnare personalmente la superpotenza di cui sono giunti alla guida.

Se pensate che mi riferisca alla postura di Donald Trump, gorilla supremo, non avete torto. Il presidente americano è convinto, e vuole convincerci, che gli sia sufficiente battersi i pugni sul petto per manifestare la sua forza, intimorire altri forzuti a lui inferiori, ottenere ciò che vuole.

Anche il suo rapporto con la natura, il cambiamento climatico, ha qualcosa che ci ricorda il gorilla e le sue capacità di devastazione quando è in preda alla furia. Il suo primo intento è di essere temuto. Per tutta la campagna elettorale non ha fatto altro che affermare: «Se ci fossi stato io alla Casa Bianca… questa o quella guerra non sarebbe scoppiata».

Le minacce rivolte ai paesi confinanti a sud (Messico, Panama) e a nord (Canada, Groenlandia) degli Stati Uniti fanno il paio con il disprezzo riservato ai partner europei trattati da vassalli. Perfino al Regno Unito non si concede più la pari dignità su cui erano incardinati da sempre i rapporti angloamericani.

Gorilla, però, chiama gorilla. Trump non è il primo e non sarà purtroppo neanche l’ultimo. L’imperialismo militare di Vladimir Putin e l’imperialismo economico di Xi Jinping manifestano, sia pure in forme diverse – esibito, il primo, mascherato, il secondo – il culto della forza su cui è fondata la loro leadership.

L’elenco dei capi di stato convinti che sia tornato il tempo dei gorilla, e in esso s’immedesimano, potrebbe continuare a lungo: dal turco Erdoğan all’indiano Modi, dall’ungherese Orbàn all’israeliano Netanyahu. E speriamo che l’Italia non sia destinata a fornire il primo esemplare femminile della specie. A furia di battere i pugni sul tavolo della diplomazia internazionale, il ritorno dei gorilla rischia di mandarlo in frantumi.      


Groenlandia

L’isola che fa parte della Danimarca è un vecchio pallino di Trump. Nel 2019 aveva dichiarato che gli Stati Uniti l’avrebbero acquistata. Alla fine del 2024 è ritornato sul tema: in occasione della nomina del nuovo ambasciatore in Danimarca ha annunciato che il controllo dell’isola è un’«assoluta necessità» per la sicurezza degli Stati Uniti. Già oggi l’isola è sede di una importante base militare statunitense.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it