
Il partito che guida la Repubblica democratica del Congo va contro le chiese cristiane e protestanti: nessuna apertura a negoziati diretti con la milizia M23 come invece proposto dai religiosi. Per Kinshsasa l’unico interlocutore sensato nel conflitto nel nordest è il Rwanda che sostiene il gruppo armato. I religiosi oggi sono a Goma però per discutere con i vertici dell’organizzazione politico-militare congolese che sostiene la milizia, da due settimane in controllo del capoluogo del Nord Kivu.
Nel frattempo il perimetro delle ostilità si estende sempre di più: l’avanzata dei miliziani prosegue in Sud Kivu mentre anche in Ituri torna la violenza intercomunitaria dopo mesi di relativa calma. Il rischio è che il fronte della guerra si allarghi e, forse, unifichi.
La presa di Goma
Meglio andare per gradi. Prima il contesto: al culmine di un’offensiva durata oltre tre anni, a fine gennaio l’M23 e l’esercito rwandese hanno preso il controllo di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu dove vivono almeno 1,5 milioni di persone e centinaia di migliaia di sfollati. L’M23, fondato nel 2012 sulle ceneri di un precedente accordo per l’integrazione di una milizia nell’esecito congolese datato 2009 (appunto il 23 marzo) è solo l’ultimo di una lunga serie di gruppi armati che affermano di difendere gli interessi delle popolazioni tutsi e di lingua rwandese che vivono nel nord-est della Rd Congo.
Secondo Kinshasa il gruppo ribelle è solo un proxy del Rwanda, che mira a occupare territorio congolese e ad approfittare delle risorse minerarie che nasconde il suo sottosuolo: si parla di una porzione enorme di tutto il coltan che si produce nel mondo, uno dei tesori della transizione energetica.
L’M23 e il Rwanda avevano già preso il controllo di Goma per alcuni giorni nel 2012, salvo poi ritirarsi a fronte delle pressioni internazionali. Dopo dieci anni di relativo silenzio, la milizia è tornata ad attaccare denunciando il mancato rispetto di alcuni impegni presi dal governo congolese dieci anni prima e lamentando discriminazioni contro i tutsi. Probabilmente però, una delle ragioni chiave può essere stata anche la nuova ondata di cooperazione economica e militare fra Rd Congo e Uganda – in modo particolare a partire proprio dal 2021 – che avrebbe fatto sentire il Rwanda stretto in una morsa.
I combattimenti che hanno portato alla nuova occupazione di Goma di cui si scrive hanno causato quasi 3.000 vittime stando a quanto riportano agenzie delle Nazioni Unite, migliaia in più i feriti. Gli ospedali della città sono sotto una pressione enorme mentre luce e acqua sono tornate nelle case solo dopo diversi giorni. Il capoluogo è stata posto sotto una nuova amministrazione dall’M23 e dal gruppo politico-militare congolese che sostiene la milizia, l’Alleanza del fiume Congo (AFC) di Corneille Nanga, ex presidente della Commissione elettorale nazionale nonché rivale del presidente Félix Tshisekedi, di cui è stato un alleato chiave in passato.
In teoria l’AFC avrebbe anche annunciato un cessate il fuoco unilaterale, immediatamente disatteso. Inviti a una tregua «entro cinque giorni» sono stati lanciati la scorsa settimana anche dai leader di due organismi regionali africani, che si sono incontrati in Tanzania per discutere della crisi congolese.
La proposta delle Chiese cristiane
È in questo contesto che la Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO) e la Chiesa di Cristo in Congo (ECC), unione di oltre 60 denominazioni protestanti, hanno lanciato un nuovo Patto sociale per la pace e la convivenza nel paese. Si tratta di un programma in cinque punti per superare i conflitti con il dialogo, ritrovare la coesione sociale e avviare un percorso di sviluppo sostenibile.
Oltre a questo però, i vertici delle due organizzazioni religiose si sono dette pronte a includere l’M23 nelle negoziazioni per porre fine alla crisi. Dalla parole si è passato ai fatti: una delegazione guidata dal presidente della CENCO mons. Fulgence Muteba e da quello della ECC, il reverendo André Bokondoa, è oggi 12 febbraio a Goma, dove ha incontrato Nangaa e i vertici dell’AFC. In questa occasione al leader ribelle è stato presentato il già citato Patto, consegnato nei giorni scorsi anche al presidente della repubblica. Particolare non del tutto irrilevante riportato dal portale di notizie Actualitè, i leader religiosi hanno raggiunto il capoluogo passando da Kigali, la capitale del Rwanda che dista circa 100 chilometri.
Il governo congolese è da sempre contrario all’idea di negoziare con l’M23 e i suoi alleati. Il nodo è tornato più volte durante il processo negoziale di Luanda in corso con la mediazione del presidente angolano Joao Lourenco.
Non sorprende quindi che il partito del presidente, l’Unione per la democrazia e il progresso sociale (UPDS), abbia espresso il suo rifiuto alla proposta dei religiosi e al loro viaggio a Goma, ricordando che i gruppi armati posso partecipare solo alle mediazioni propiziate dal processo di Nairobi, uno strumento negoziale parallello a quello di Luanda gestito dal Kenya.
Il presidente ad interim del partito, Augustin Kabuya, riferisce l’emittente Radio Okapi, ha inoltre invitato le chiese a non intervenire nelle questioni politiche, ricordando la natura laica dello stato congolese. Non è la prima volta che governo e Chiese si scontrano.
Nelle stesse ore però, il presidente Tshisekedi ha incontrato a Kinshasa una delegazioni di rappresentanti di tutte le altri confessioni congolesi, compresi la comunità musulmana e la Chiesa kimbanguista, per discutere della proposta della Chiese cristiane. A emergere sembra essere stata un’apertura a patto che questa iniziativa si dimostri «inclusiva». I negoziati diretti con l’M23 non sembrano essere stati però discussi durante la riunione.
L’avanzata in Sud Kivu
Nel frattempo la situazione sul campo si fa sempre più critica. Nonostante gli annunci di cessate il fuoco, l’M23, insieme alle truppe rwandesi e all’AFC, prosegue ad avanzare nel Sud Kivu. Combattimenti con vittime e sfollati si registrano nel territorio di Kalehe nei pressi dei villaggi di Ihusi, Kalehe e Nyabibwe, centro minerario che sarebbe caduto nei giorni scorsi nelle mani del gruppo sostenuto da Kigali. Quest’area si trova lungo la sponda del lago Kivu a circa 45 chilometri da Bukavu, capolugo del Sud Kivu abitato da oltre un milione di persone. Nelle ostilità sono coinvolte anche le milizie di auto difesa Wazalendo e le truppe burundesi, entrambe alleate dell’esercito regolare.
I combattimenti si registrano però anche nel territorio di Lubero, situato nel Nord Kivu a 170 chilometri a nord di Goma. Questa zona è vicina a Butembo, secondo centro più grande della provincia, e il suo controllo potrebbe diventare fondamentale per espandere l’offensiva verso nord. Più a nord c’è l’Ituri. La provincia è uno degli epicentri dell’instabilità che caratterizza il nord-est della Rd Congo tanto da essere sotto uno stato di emergenza militare proprio come i due Kivu.
Il capitolo Ituri
Nella zona operano principalmente due gruppi armati, ZAIRE, che rappresenterebbe la popolazione hema, e il CODECO, composto per lo più da persone lendu. Le tensioni fra i due gruppi si erano affievolite dopo la firma di un protocollo d’intesa per disarmo e smobilitazione, avvenuta nel 2023. Nei giorni scorsi invece, un attacco a un gruppo di villaggi attribuito a miliziani CODECO ha causato la morte di decine di persone, fino a 52 secondo fonti della società civile. L’obiettivo dell’incursione, come già avvenuto più volte in passato, sono state persone sfollate. Secondo quanto riporta Radio France Internationale (RFI) e l’emittente locale 7Sur7, la violenza sarebbe stata preceduta da un attacco della milizia ZAIRE in cui avrebbero perso la vita otto persone.
Oltre ad aumentare il livello complessivo di instabilità, le tensioni fra questi due gruppi non vanno sottovalutate nel contesto dell’offensiva dell’M23. Secondo il gruppo di esperti sulla Rd Congo delle Nazioni Unite infatti, la milizia sarebbe vicina al gruppo ZAIRE. Diversi analisti indicano che il gruppo armato potrebbe sfruttare il conflitto con CODECO per avere sostegno in Ituri e per poter quindi invadere anche questa provincia.