
Si è tenuto a Doha, in Qatar, la scorsa settimana, un primo round di colloqui tra rappresentanti dell’M23 e della Repubblica democratica del Congo (RDC) al fine di preparare il terreno per porre fine ai combattimenti in corso nelle regioni orientali del paese.
In vista dei primi colloqui diretti tra le due parti, che secondo la France Press dovrebbero tenersi a Doha il 9 aprile, l’Unione Africana ha approvato la nomina del presidente togolese Faure Gnassingbé come nuovo mediatore.
Gnassingbé sostituirà João Lourenço, presidente dell’Angola, finora mediatore tra le parti, che ha dichiarato di volersi concentrare sul suo lavoro di presidente di turno dell’UA.
Come noto, il lungo periodo di conflitto ha causato la morte di migliaia di persone e ha costretto centinaia di migliaia ad abbandonare i propri territori.
Le milizie dell’M23, composte in maggioranza da congolesi di etnia tutsi sostenute notoriamente dal Rwanda – benché Kigali abbia sempre smentito il proprio coinvolgimento -, ha conquistato le due maggiori città del Congo orientale, Goma in gennaio e Bukavu in febbraio, capoluoghi rispettivamente del Nord e del Sud Kivu.
Alcuni giorni or sono, i ribelli dell’M23 si sono ritirati dalla città strategica di Walikale, descrivendo la mossa come un gesto di buona volontà in vista dei colloqui di pace a Doha.
Secondo alcuni analisti, i colloqui in Qatar potrebbero creare buone speranze per la progressiva riduzione e la fine delle ostilità. Altri tuttavia hanno espresso molta preoccupazione su come la mediazione dell’Unione Africana, parallelamente al processo di facilitazione nei colloqui di Doha, potrebbe far sorgere problemi di coordinamento nel processo di ricerca della pace.
Non va dimenticato, peraltro, che il conflitto congolese, diffusosi in gran parte dell’area orientale, ha visto anche il coinvolgimento, oltre che del Rwanda, anche dell’Uganda e del Burundi, entrambi con proprie truppe presenti nel paese.