Al referendum disfatta intellettuale. Ripartiamo dalle basi o moriamo isolati
Alex Zanotelli Italia Pace e Diritti Politica e Società
Fermoposta / Luglio - Agosto 2025
Al referendum disfatta intellettuale. Ripartiamo dalle basi o moriamo isolati
Un terzo dei votanti si è detto contrario al dimezzamento dei tempi per l'ottenimento della cittadinanza. È la spia di una xenofobia che cresce, ma non possiamo rassegnarci. La sinistra ritrovi sé stessa, o almeno ci provi, e anche la Chiesa rifletta seriamente
01 Luglio 2025
Articolo di Alex Zanotelli
Tempo di lettura 4 minuti

Questo articolo è uscito nel numero di Nigrizia di luglio – agosto 2025.

Caro Alex,
insomma, neanche con una croce a matita vogliamo almeno provare a dare una mano alle persone senza cittadinanza. C’è chi non è così pessimista, dice che i “sì” al referendum hanno idealmente battuto i voti alla Meloni. Però secondo me, sono piani diversi. Perché il tema della cittadinanza continua a non essere centrale per noi? La legge risale al ’92, intorno gli è cambiato veramente tutto…
Daniela Sordini


II referendum su cittadinanza e lavoro, purtroppo, sono andati male: è stata una sconfitta senza appello. La prima vittima è la democrazia nel nostro paese. È di una gravità estrema il fatto che così pochi siano andati a votare ed è ancora più grave che esponenti del governo abbiano continuato fino all’ultimo a invitare i cittadini ad astenersi dal voto, affermando che è un loro diritto. Non lamentiamoci allora che tutte le democrazie del mondo – a partire da quella statunitense – siano in profonda crisi. Questa crisi legata al referendum mostra bene la direzione, terribile, che stiamo prendendo.

Ma partiamo con ordine, con l’analisi del voto: al referendum sulla cittadinanza hanno votato 14 milioni di elettori; non è stato raggiunto il quorum e l’affluenza è stata di circa il 30%. Sempre il 30% degli aventi diritto, poi, ha espresso un voto contrario sul quesito per il dimezzamento dei tempi minimi necessari per ottenere la cittadinanza, da 10 a 5 anni di residenza regolare continuativa nel nostro paese. Il risultato relativo a questo punto del plebiscito stride con gli altri quattro quesiti sul lavoro, dove i “no” oscillano fra dei ben più contenuti 11 e 12%. Quanto è successo ci pone davanti a degli interrogativi molto seri.

A livello nazionale, solo un votante su 10 si è espresso contro le abrogazioni sulle questioni lavorative. Sul problema della cittadinanza invece, ben uno su tre si è mostrato contrario. Oltre 4,5 milioni di persone. C’è una frattura incredibile quindi, fra le asserzioni progressiste della dirigenza del centro sinistra e una parte del suo stesso elettorato. I partiti del cosiddetto “campo largo” farebbero meglio a riflettere. La sconfitta non è solo politica, ma ancor prima intellettuale.

Il discorso xenofobo è ormai entrato nel pensiero comune. La paura dell’altro, dello straniero – etimologicamente la xenofobia – si sta diffondendo. È il trionfo dei governi di ultra destra che vincono in Europa, ormai invasa. Un ruolo importante in questo senso ce l’ha ovviamente anche l’esecutivo italiano di Meloni e Salvini. Il centro sinistra si trova davanti un problema enorme. C’è bisogno più che mai di una proposta forte, alternativa al nazionalismo xenofobo imperante. Il vento va da tutt’altra parte è vero, ma sta proprio qui lo sforzo che dobbiamo fare.

Mi trovo d’accordo con le parole di Luigi Manconi che ha definito il referendum una disfatta «politica e culturale». E a tutto tondo, perché lega immigrazione e lavoro. Un’altra grande domanda che si pone è come mai la sinistra, in 40 anni, non sia stata capace di proporre una cultura dell’accoglienza. Si tratta di un punto cruciale tanto per l’economia che per la politica. È mai possibile che siano stati papa Francesco, che davvero è stato un grande profeta, e l’associazionismo cattolico gli unici a impegnarsi per l’accoglienza? Ma che razza di partiti di centrosinistra abbiamo? È in gioco la nostra democrazia.

Dobbiamo affrontare seriamente la questione, prendere sul serio il fatto che così tante persone abbiano votato “no”. Infine dobbiamo fare un salto di qualità sul piano del pensiero: se davvero desideriamo un mondo plurale, dobbiamo incominciare a capire una volta per tutte che le persone straniere non vengono qui a “inquinare” la nostra cultura o a rubarci non si sa neanche bene cosa. Altrimenti moriremo tutti isolati e questo non è proprio concepibile, soprattutto in campo cristiano. Penso che questo sarà uno dei punti su cui lavorare di più proprio come Chiesa italiana.

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