
“Piangiamo, insieme ai nostri cristiani, decine di morti in queste recenti settimane” scrivono dalla diocesi di Bangassou, nella Repubblica Centrafricana, i vescovi Juan Josè Aguirre (comboniano spagnolo) e il suo coadiutore Aurelio Gazzera, denunciando la violenza verificatasi nell’area di Haut Mbomou.
“Non possiamo accettare che il sud-est del nostro paese sia teatro di violenze di ogni tipo, una terra da cui la gente fugge, una terra di desolazione”, aggiungono i due vescovi.
I prelati sottolineano come il sud-est vive in condizioni tragiche da decenni, in un territorio ambito e sfruttato prima dai Tongo-Tongo del Lord Resistence Army, il famigerato movimento creato in Uganda da Joseph Kony, in seguito dai Seleka, le milizie ribelli che nell’area nord-orientale combattono in nome dell’islam, in conflitto con i miliziani cristiani anti-balaka, e infine dagli Azande Ani Kpi Gbe.
“Quest’ultimo movimento, nato per proteggere la popolazione dalle violenze dell’UPC (Unité pour la paix en Centrafrique) e di altri ex gruppi armati” – scrivono i vescovi -, rischia di diventare un pericolo per l’intera popolazione.
A questi gruppi – notano gli ecclesiastici – si sono aggiunti più di recente i mercenari della compagnia militare russa Wagner, che – benché ridottisi in numero – operano formalmente in supporto alle forze armate centrafricane (FACA).
Costoro, secondo fonti credibili, si sono resi responsabili di gravi violenze contro centinaia di civili innocenti. “Ci rattristiamo vedendo le migliaia di civili costretti a fuggire da Zemio, Mboki e Djema, dove si contano decine di migliaia di sfollati nella Repubblica democratica del Congo – scrivono ancora i due pastori – e piangiamo per i villaggi bombardati, saccheggiati e incendiati”.
Offrendo la propria disponibilità a ospitare i protagonisti delle violenze per eventuali trattative al fine di raggiungere la pace, la riconciliazione e lo sviluppo nella regione, i vescovi concludono il documento scrivendo: “Non è il momento della guerra, ma del dialogo! Non è più il momento della violenza, ma dell’ascolto! Non è il momento di abbandonarsi a sospetti, rancori, accuse generiche e gelosie, ma di ascoltare i poveri che gridano e chiedono la pace! Preghiamo e imploriamo la pace. Siamo donne e uomini di pace, nei nostri pensieri, nelle nostre parole e nelle nostre azioni”.