Schiavi. Numerosi e invisibili. 200mila in un settore, quello agroalimentare, che nel nostro paese vale 73,5 miliardi di euro.
Schiavi e schiave, che provano a campare con 6mila euro l’anno lordi. Paghe da fame che nascondono un indotto in cui c’è chi lucra e chi non ha i mezzi per sopravvivere. Questi ultimi rappresentano il 30% di chi lavora nei campi.
Il settimo Rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil, presentato ieri (qui una sintesi), racconta per numeri e storie quel che accade nelle campagne italiane, da nord a sud.
Perché le storie schiave attraversano il paese, non da oggi. Vanno dal Piemonte, dove le lavoratrici e i lavoratori oscillano tra gli 8 e i 10mila, alla Calabria, circa 12mila; dal Trentino, dove superano le 6mila presenze, alla Basilicata dove sono più di 10mila.
L’Osservatorio mette in evidenza come nel 2023 siano aumentati i controlli (+140%) e le denunce (+207); come su un totale di 3.529 controlli, portati avanti dall’Ispettorato nazionale del lavoro siano state 2.090 le irregolarità rilevate. Per un totale pari al 59,2%. Di fatto i reati e gli illeciti amministrativi lo scorso anno sono aumentati del 9,1%.