
Strumentalizzare un lutto, per cercare di silenziare, chiedendo sobrietà, l’80esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal regime fascista. Questo appare l’intento di un Consiglio dei ministri che decide di dedicare al lutto nazionale cinque giorni, un tempo mai così lungo per nessuno dei precedenti tre pontefici. L’ultimo, nel 2005, fu di tre giorni per papa Giovanni Paolo II.
Anche se, a dire il vero, prima c’è stato il lutto nazionale per papa Ratzinger. Un lutto richiesto dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel dicembre del 2022, ma non dal Vaticano, visto che papa Benedetto XVI non era più regnante dal febbraio del 2013.
Un governo più realista del re, o forse più papale del Vaticano, potremmo dire.
Anche se a dirla tutta, avremmo voluto questo governo più seguace di Francesco, quando sollecitava attenzione verso le persone migranti (ricordiamo che il primo suo viaggio fuori dal Vaticano, nel 2013, fu, non a caso a Lampedusa) e ammoniva come respingere l’umanità che arriva fosse peccato; quando criticava l’ideologia meritocratica della tecnocrazia industriale, finanziaria e scientifica dominante; quando, proprio qui dalla città di Verona, sede di Nigrizia e della Casa madre dei Missionari Comboniani, lo scorso anno premeva affinché giustizia e pace si declinassero insieme, come binomio inscindibile, e quando, in maniera non numerabile, denunciava quale strumento di morte e sopraffazione siano le armi, il loro mercato che alimenta l’ingiustizia sociale.
Alla luce di tutti gli appelli che papa Francesco ha lanciato nei suoi dodici anni di pontificato, non possiamo non ritenere strumentali questi cinque giorni di lutto che abbracciano l’80esimo anniversario delle cerimonie di Liberazione dal fascismo. E soprattutto l’appello da parte del ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, affinché avvengano “con la sobrietà che la circostanza impone”.
Che la Festa di Liberazione fosse fonte di imbarazzo per chi fatica a dirsi antifascista si sapeva, ma davanti a una richiesta di sobrietà in un giorno di cerimonie civili come quelle dedicate alla Resistenza partigiana viene da porsi una domanda: si è mai partecipato a una di queste giornate? Alla solennità delle orazioni, al corteo per le città, alle deposizioni di corone sotto i monumenti o le targhe di quegli uomini e quelle donne che persero la vita, spesso giovanissima, per la libertà del nostro paese?
“Sobrietà – è scritto nel vocabolario della Treccani – è qualità di chi o di ciò che è sobrio”. Sobrio è “aggettivo di persona moderata, che rivela sobrietà, che si contiene entro i limiti della necessità e della sufficienza”.
Davanti al triste ritorno di deportazioni, a decreti che limitano la libertà di espressione, a un ricorso esagerato al giustizialismo penale, i limiti della democrazia appaiono ampiamente superati, e dunque quanto mai necessario e mai sufficiente continuare a ricordare quei valori che portarono una parte, certo minoritaria, del paese a rivendicare, per tutta la restante, la libertà dal regime fascista e la nascita di una storia repubblicana.
Conoscendo le parole e i gesti di papa Francesco rimane la domanda se lui avrebbe voluto una moderata sobrietà in una ricorrenza così importante per un paese che lo ha tanto amato proprio per la sua capacità di parteggiare.