
Festival del cinema di Cannes 2020
«Sono onorato di essere la prima persona nella diaspora africana degli Stati Uniti ad assumere questa funzione», ha commentato il regista, storico pioniere del cinema "black" americano.
«Quando sono stato chiamato, non potevo crederci, ero felice, sorpreso e orgoglioso allo stesso tempo. Sono onorato di essere la prima persona nella diaspora africana degli Stati Uniti ad assumere questa funzione», ha dichiarato il regista americano Spike Lee all’apprendere di essere stato scelto come presidente della giuria del Festival del cinema di Cannes, in programma dal 12 al 23 maggio 2020.
Il suo vero nome è Shelton Jackson Lee, è un regista, sceneggiatore, attore, documentarista, montatore, produttore cinematografico, scrittore e insegnante di cinema alla New York University. A 62 anni non ha cessato di essere considerato l’enfant terrible del cinema afro-americano e fin dal debutto nel 1986 è stato conosciuto sia per l’originalità del suo cinema sia per le sue acrobazie mediatiche.
Nel 1985, ha fondato la sua casa di produzione indipendente 40 acres & a mule con l’obiettivo di svincolarsi dalla tutela delle major per poter svolgere un cinema totalmente focalizzato sul punto di vista degli afro-americani. I suoi film, divenuti oggetti di culto, ma anche spesso contestati, trattano temi politici e sociali, quali il razzismo, le relazioni interrazziali, la violenza e le droghe, con una creatività inesauribile e grande padronanza del mestiere e hanno avuto il merito di sensibilizzare il pubblico alle sue cause.
Come ad esempio Do The Right Thing (Fà la cosa giusta), ambientato in una Brooklyn sconvolta dagli scontri razziali e dall’incomprensione reciproca, ottimamente interpretato da attori come Danny Aiello, John Turturro e dallo stesso regista, che rivela all’Europa una New York inedita, fatta di rap, graffiti, emarginazione e rabbia sociale. La canzone Fight the power scritta appositamente dai Public Enemy per la colonna sonora, diventa ben presto una hit, con un videoclip girato sempre da Spike Lee.
Con opere impegnate, ma anche con film controversi, ha segnato indubbiamente la grande storia della settima arte. Basti pensare al suo progetto dichiaratamente politico, il bio-pic Malcom X (1992), dedicato all’icona ribelle degli anni ’60. La lavorazione del film porta Spike Lee a girare anche a La Mecca, primo e unico regista occidentale a riuscirci, in cambio di una momentanea conversione all’islam. Presentato al Festival di Berlino, il film frutta una nomination all’Oscar per il protagonista, Denzel Washington, ma è accompagnato da roventi polemiche negli USA, dove Lee viene accusato di fomentare la violenza e l’incomprensione razziale.
Sceglierlo come presidente della giuria ufficiale di Cannes è stato giusto e importante per due motivi. Da un lato perché più volte i suoi film sono stati presenti a questo Festival: il suo primo lungometraggio, She’s Gotta Have It (Lola Darling) ha vinto il Prix de la Jeunesse (Premio dei giovani) nel 1986 e nel 1989 Do The Right Thing è stato selezionato per competere per la Palma d’oro.
Sulla scia di questo grande successo, Jungle Fever è stato presentato in concorso al Festival nel 1991. Girl 6 (Sesso in linea) è stato invece presentato fuori concorso durante la 49esima edizione (1996) e Summer of Sam (S.O.S. Summer of Sam – Panico a New York), faceva parte della Quinzaine des Réalisateurs nel 1999. Nel 2002, Ten Minutes Older (La 25a ora) era nella sezione Un Certain Regard. Ci sono voluti poi un po’ di anni perché Lee tornasse sulla Croisette: è stato nel 2018 con BlacKkKlansman che ha gareggiato per la Palma d’Oro e ha finito per vincere il Grand Prix Speciale.
D’altro canto, l’onorificenza attribuita a Lee è importante per sottolineare al pubblico che magari ancora non lo conosce, come Spike Lee sia stato il pioniere del cinema afro-americano negli States.