Sud Sudan: due contee dell’Upper Nile a rischio carestia - Nigrizia
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Nello stato nord-orientale circa 32mila persone soffrono la fame in condizioni "catastrofiche"
Sud Sudan: due contee dell’Upper Nile a rischio carestia
Nel paese il 57% della popolazione affronta una grave insicurezza alimentare, con 2,3 milioni di bambini in condizioni di malnutrizione, avvertono le agenzie delle Nazioni Unite
13 Giugno 2025
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 4 minuti

In Sud Sudan due contee dello stato nord-orientale dell’Upper Nile stanno sprofondando nella carestia, ovvero in una condizione in cui la mancanza di cibo arriva a provocare la morte.

A denunciarlo sono tre agenzie delle Nazioni Unite – il Programma alimentare mondiale (PAM), l’UNICEF e la FAO, avvallate dagli ultimi dati della Classificazione integrata delle fasi di sicurezza alimentare (IPC).

Le agenzie attribuiscono le cause all’intensificarsi degli scontri negli ultimi mesi. Combattimenti che vedono opporsi le South Sudan People’s Defence Forces (SSPDF), che fanno capo al presidente Salva Kiir, affiancate dalle milizie Agwelek del generale Johnson Olonyi e dall’esercito ugandese, e il Sudan People’s Liberation Movement-In Opposition (SPLA-IO) del primo vicepresidente Riek Machar – agli arresti domiciliari dal 26 marzo -, alleato delle locali milizie nuer White Army.

“Stiamo assistendo all’impatto devastante che il conflitto ha sulla sicurezza alimentare in Sud Sudan”, ha dichiarato Mary-Ellen McGroarty, direttrice del PAM nel paese. “Un conflitto che non distrugge solo case e mezzi di sussistenza, ma lacera le comunità, impedisce l’accesso ai mercati e fa impennare i prezzi dei prodotti alimentari”, impedendo tra l’altro la consegna degli aiuti umanitari.

Una minaccia non solo per le popolazioni sudsudanesi, ma anche per gli oltre 217.700 sfollati e rifugiati sudanesi ed etiopici dislocati in cinque campi nell’Upper Nile.

MSF abbandona Ulang

Anche il sostegno sanitario garantito finora da Medici senza Frontiere è stato interrotto a causa delle ripetute violenze e dei saccheggi che non hanno risparmiato l’ospedale gestito dall’organizzazione nella città di Ulang, una delle due contee, insieme a Nasir, a un passo dalla carestia.

MSF ha fatto sapere di avere chiuso definitivamente il centro medico di Ulang e revocato il supporto a 13 strutture sanitarie primarie nella contea, cosa che ha lasciato un’area di oltre 200 chilometri senza alcuna struttura sanitaria secondaria.  

Oltre la metà della popolazione alla fame

La situazione è di grave difficoltà anche in altre zone dello stato.

I residenti di 11 delle 13 contee dell’Upper Nile stanno affrontando livelli di fame emergenziali, avverte il PAM. Il 66% (1,04 milioni di persone) della popolazione dell’Upper Nile si trova ora ad affrontare livelli di fame di crisi (fase 3 dell’IPC) e di emergenza (fase 4), con circa 32mila persone, tre volte di più di quanto precedentemente previsto, che soffrono la fame in condizioni descritte come “catastrofiche” (fase 5).

Ma la scarsità di cibo appare diffusa anche in altre aree di conflitto del paese, con circa il 57% degli 11,5 milioni di abitanti (7,7 milioni) che attualmente si trova ad affrontare una grave insicurezza alimentare e con 2,3 milioni di bambini in condizioni di malnutrizione.

La FAO prevede che questi numeri aumenteranno con l’avvicinarsi della stagione magra e di quella umida, che ridurrà ulteriormente le scorte alimentari e potenzialmente peggiorerà gli sfollamenti.

Paese depredato

Sono numeri impressionati per un paese giovane e ricco di risorse, in particolare petrolifere, il cui commercio è stato però bloccato per mesi dalla guerra in corso nel vicino Sudan, attraverso il quale corrono gli oleodotti che portano al Mar Rosso.

La grande piaga del Sud Sudan sono però innanzitutto le sue cleptocratiche élite politico-militari, che negli anni si sono arricchite a spese dei cittadini, piombati sempre più in povertà. Una situazione, denunciata dal Fondo monetario internazionale già nel 2015, che si è protratta dall’indipendenza, nel 2011, ai giorni nostri.

Oggi il paese è alle prese con un’inflazione alle stelle e una crisi economica in peggioramento, con una grave carenza di liquidità in valuta locale e dipendenti pubblici rimasti senza stipendio per mesi.

Anche quelli dell’azienda petrolifera statale Nile Petroleum Corporation (Nilepet), che lo scorso 9 giugno hanno iniziato uno sciopero, chiedendo la rimozione del direttore generale per presunta mala gestione e ritardi nel pagamento degli stipendi.

Lo spettro di una nuova guerra

Su questa difficile situazione finanziaria si innesca il conflitto tra i due storici schieramenti rivali, già protagonisti di una feroce guerra quinquennale che ha contribuito a far piombare il paese nel baratro. I combattimenti in corso nell’Upper Nile e nel vicino stato di Jonglei – dove è stato colpito un altro centro medico di MSF – fanno temere che il paese possa nuovamente precipitare in un’aperta guerra civile.

Una guerra che il Sud Sudan non può permettersi in questo momento. A ricordarlo è Meshack Malo, rappresentante della FAO nel paese. Una nuova guerra, avverte, “farebbe piombare comunità già vulnerabili in una grave insicurezza alimentare, con conseguente fame diffusa”.

“Una pace a lungo termine è essenziale – gli fa la direttrice locale del PAM -, ma in questo momento è fondamentale che i nostri team siano in grado di accedere al cibo e distribuirlo in sicurezza alle famiglie coinvolte nel conflitto nell’Alto Nilo, per salvarle dall’orlo del baratro e prevenire la carestia”.

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