Sud Sudan: offensiva dell’esercito nelle zone nuer “ostili”
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Colpiti da attacchi aerei un ospedale di Medici senza Frontiere e un mercato nella contea di Fangak, nello stato di Jonglei
Sud Sudan: offensiva dell’esercito nelle zone nuer “ostili”
05 Maggio 2025
Articolo di Redazione
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Incendio causato dal bombardamento dell'ospedale di Medici senza Frontiere a Old Fangak (Credit: MSF)

Una “chiara violazione del diritto internazionale umanitario”. Medici senza Frontiere denuncia così l’attacco aereo che ha “deliberatamente” colpito e distrutto il 3 maggio scorso il suo ospedale nella città di Old Fangak, nella contea di Fangak, nello stato di Jonglei, in Sud Sudan, uccidendo 7 persone e ferendone altre 20.

L’organizzazione ha dichiarato che una bomba è stata sganciata sulla farmacia, bruciandola completamente e danneggiando l’ospedale, l’unico presidio sanitario operativo nella contea. Poco dopo un drone ha invece colpito un mercato cittadino.

Per sicurezza i missionari comboniani che erano a Fangak sono stati trasferiti a Juba.

La BBC riferisce che secondo testimoni locali gli attacchi provenivano da “elicotteri delle forze governative” (Forze di difesa popolare del Sudan – SSPDF), sostenute militarmente dall’Uganda.

Poche ore prima il capo dell’esercito Paul Majok Nang, aveva promesso attacchi punitivi contro milizie locali nuer che il governo considera ostili e legate al vicepresidente Riek Machar.

Gli attacchi delle forze armate dipendenti dal presidente Salva Kiir sono stati numerosi il mese scorso e hanno colpito in prevalenza obiettivi, anche civili, nel vicino stato dell’Upper Nile. Ma mai i bombardamenti avevano preso di mira dei centri sanitari conosciuti e segnalati.

Diplomazia in panne

Una “condanna senza riserve” per l’attacco contro la struttura di Medici senza Frontiere a Old Fangak è stata espressa dal presidente della Commissione dell’Unione Africana, Mahmoud Ali Youssouf, in visita oggi e domani nella capitale sudsudanese Juba con una delegazione di cui fa parte anche il vicesegretario esecutivo dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) Mohamed Abdi.

Una missione diplomatica delicata per tentare di evitare un’ulteriore escalation delle tensioni politico-militari che da mesi montano nel paese e che vedono ancora una volta protagonisti i due storici rivali, Salva Kiir e Riek Machar e i rispettivi schieramenti etnicamente orientati.

Probabilmente nemmeno ad Ali Youssouf sarà permesso di incontrare Machar, agli arresti domiciliari dal 26 marzo perché accusato di incitamento alla ribellione.

Prima del presidente della Commissione UA avevano infatti chiesto di poter parlare con il vicepresidente altri funzionari di alto livello, tra cui rappresentanti del Kenya, del Gruppo dei saggi dell’UA e dell’Unione Europea, ma a tutti il permesso era stato negato.

Ed è di pochi giorni fa un nuovo appello delle ambasciate occidentali e della delegazione dell’UE per il rilascio del vicepresidente e di tutti i leader del suo partito (SPLM-IO) arrestati. Nel comunicato congiunto, inoltre, si “deplora la dichiarazione del 26 aprile di un alto ministro del governo di transizione che faceva riferimento a contee ‘amichevoli’ e ‘ostili'”.

Il riferimento è alla dichiarazione fatta dal ministro degli Affari di Gabinetto Martin Elia Lomuro, che aveva annunciato la classificazione da parte del governo di aree a maggioranza nuer come “amichevoli” oppure “ostili”.

Tra queste ultime ci sono zone degli stati di Jonglei, Unity e dell’Upper Nile, quest’ultimo al centro delle tensioni scoppiate lo scorso marzo, quando la milizia White Army, alleata di Machar durante la guerra civile, si è scontrata con l’esercito e ha invaso una base militare a Nasir.

Da allora le forze armate sudanesi hanno avviato un’operazione di attacchi aerei che si sono intensificati nell’ultimo mese, rompendo, di fatto, gli accordi di pace che nel settembre 2018 avevano posto fine a cinque anni di guerra civile e dato vita a un governo transitorio di unità nazionale.

Le elezioni, inizialmente previste nel 2023, sono state però più volte posticipate a causa della mancata implementazione di tali accordi e infine fissate a dicembre 2026.

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