
Quasi 5 miliardi di dollari di investimenti in vaccini, energia rinnovabile e infrastrutture per rilanciare una relazione diplomatica che ha vissuto tempi complicati ma che è ora più che mai da rinsaldare davanti alla minaccia che viene dalla Casa Bianca a guida Donald Trump.
È questo, il succo del forum Sudafrica-UE che si è svolto ieri 13 marzo a Città del Capo e che ha portato all’annuncio di un nuovo capitolo nella cooperazione fra Pretoria e Bruxelles. Il summit ha visto la partecipazione del presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, della presidente della Commissione europea Ursula von del Leyen e del presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.
Che il vertice si sia tenuto è già una notizia e il segnale che qualcosa è cambiato. Secondo quanto rivelato da Bloomberg l’anno scorso infatti, per mesi autorità europee e sudafricane non sono riuscite a concordare una data per un incontro di alto livello, sembrerebbe a causa dei continui rinvii da parte di Pretoria. Quello che si è tenuto a Città del capo è l’ottavo forum fra Africa e Unione Europea; l’ultimo si era svolto nel 2018.
Il contesto fra Unione e Sudafrica era teso all’epoca dei fatti menzionati: di mezzo c’era la mancata condanna di Pretoria all’invasione russa dell’oriente ucraino ed esercitazioni congiunte con Mosca e Pechino a largo delle coste del paese africano. Tempi complessi che sembrano essere stati cancellati dalla nuova postura del governo Usa verso entrambi i paesi.
I rapporti con gli Usa
I rapporti fra Washington e Unione Europea non sono mai stati così tesi. A dividere le due sponde dell’Atlantico settentrionale ci sono il riavvicinamento statunitense alla Russia, vedute sempre più divergenti sulla difesa, i dazi su alluminio e acciaio imposti dal tesoro americano, gli attacchi statunitensi al multilateralismo.
Il Sudafrica, attuale guida del G20, sembra essere un altro degli obiettivi preferiti dell’amministrazione Trump. I vertici di Washington hanno per ora disertato gli incontri del Forum dei 20 grandi a guida Pretoria criticando l’approccio sudafricano di “diversità, uguaglianza e inclusione”, sintetizzato con l’acronimo DEI e interpretato negli USA come una politica di discriminazioni positive a favore delle minoranze a cui il governo USA si oppone apertamente. Pretoria, dal canto suo, ha aperto il G20 all’insegna dei temi “solidarietà, uguaglianza e sostenibilità”.
Ma c’è di più: gli USA hanno sospeso l’erogazione dei fondi allo sviluppo al Sudafrica come reazione a una presunta politica discriminatoria del governo verso le minoranze bianche e per punire Pretoria della sua vicinanza con potenze straniere come l’Iran e Hamas. In modo particolare, gli USA recriminano la denuncia per genocidio presentata l’anno scorso contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia di base all’Aia.
Va ricordato che questa iniziativa di Pretoria aveva già portato a una reazione USA durante l’amministrazione Biden. Deputati democratici e repubblicani hanno quindi presentato una legge per la revisione totale dei rapporti con il Sudafrica che è tuttora in discussione. In ballo ci sono anche le agevolazioni tariffarie dei beni diretti verso gli USA previste dall’AGOA, dal valore di oltre 20 miliardi di dollari.
Chiaro è che non si possono leggere i rapporti fra UE e Sudafrica solo alla luce dei comportamenti del terzo incomodo statunitense. Bruxelles resta il primo o il secondo partner commerciale del Sudafrica a seconda delle fonti (il primo con il 21% del totale dei 209 miliardi di dollari commerciati nel 2023 secondo la Commissione europea – contro il 15% della Cina – e il secondo con 52 miliardi di dollari contro i 55 miliardi di Pechino per il Fondo monetario internazionale) mentre è il primo per investimenti esteri diretti, con il 47% del totale sempre nel 2023, circa 2mila aziende coinvolte e centinaia di migliaia di posti di lavoro generati direttamente o indirettamente.
Il 99% degli scambi commerciali fra i due attori è esente da dazi o quote grazie a un accordo di partnership economica risalente al 2016.
La partnership
Il documento pubblicato alla fine dell’incontro di Città del Capo è però ricco di appelli alla difesa del multilateralismo a fronte dell’«ascesa di unilateralismo e protezionismo» oltre che a partnership radicate in «valori condivisi» come «democrazia, diritti umani, uguaglianza e sovranità». Parole in linea con la storia dei legami fra Europa e Sudafrica post-apartheid ma che assumono un significato ancora più forte alla luce del contesto appena descritto.
Se gli USA propongono un ordine mondiale basato su principi utilitaristici e sull’attacco all’espansione dei diritti, l’asse fra Unione e Sudafrica alla guida del G20 vuole centrarsi sui valori opposti di cooperazione e inclusività.
Andando a definizioni e cifre, l’impegno annunciato dall’UE prende il nome di Global Gateway Investment Package, dal titolo del più ampio piano europeo di investimenti per lo sviluppo da 300 miliardi di dollari entro cui questa iniziativa ricade, il Global Gateway. L’intesa ha un valore di 4,7 miliardi di euro (94 miliardi di rand). Di questi, spiegano i media sudafricani, 300 milioni saranno in sovvenzioni dell’UE e degli stati membri mentre i restanti 4,4 miliardi verranno da prestiti dalle istituzioni finanziarie europee e dalle banche di sviluppo sudafricane.
Al cuore dell’accordo sembra esserci un assioma ben noto: l’Europa ci mette i fondi ma in cambio ottiene acceso a materie prime essenziali. Nello specifico, gli assi dell’iniziativa europea sono tre: espandere le capacità sudafricana di produzione di vaccini; sostenere una giusta transizione energetica attraverso lo sviluppo in fatto di materie prime essenziali, la creazione di catene del valore dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio sicure e sostenibili e lo sviluppo di infrastrutture energetiche; e poi ampliare infrastrutture di connettività fisiche e digitali.
Particolarmente rilevante è il secondo punto. Il comparto energetico sudafricano è in crisi di anni, il paese è il più dipendente dal carbone fra le economie del G20 mentre gli USA, oltre a tutte le misure già annunciate, si sono anche sfilati da un controverso programma pilota per il sostegno alla decarbonizzazione di economie emergenti, lasciando l’UE praticamente da sola nel finanziare Pretoria in questo sforzo.
La dichiarazione firmata a Città del Capo prevede anche l’apertura di negoziati per un memorandum d’intesa sulle materie prime critiche. Il Sudafrica, ha ricordato non a caso Von der Leyen nel corso del forum, dispone di un enorme fetta delle riserve dei minerali del gruppo del platino oltre che di importanti potenzialità in materia di energie rinnovabili e di produzione di idrogeno verde.
I guai in casa a Pretoria
L’annuncio della partnership con l’Europa arriva poi in un momento delicato per la tenuta del governo di unità nazionale sudafricano che si è instaurato lo scorso maggio. Le larghe intese si sono rese indispensabili dopo che alle urne l’African National Congress (ANC) ha perso la maggioranza assoluta per la prima volta dal 1994, anno del ritorno alla democrazia.
Al centro della disputa fra le varie forze che compongono l’esecutivo c’è un annunciato aumento dell’Iva all’interno del budget statale, presentato al Parlamento giorni fa dopo settimane di ritardi e fra polemiche che rischiano seriamente di minare la solidità del governo.