
Un comunicato pubblicato nel cuore della notte segna una svolta nella crisi peggiore ad aver attraversato il governo di unità nazionale che guida il Sudafrica da circa un anno.
Il ministro delle finanze ha infatti annunciato ieri notte la rinuncia ad applicare un controverso aumento dell’Iva dello 0,5% a partire dalla prossima settimana.
Questa misura, che prevedeva poi un ulteriore incremento fino all’1% dall’anno prossimo, era parte del budget statale approvato il mese scorso dal parlamento e ha fatto precipitare le relazioni fra i due principali partiti dell’esecutivo di larghe intese: l’Africa National Congress (ANC) che è al governo dal ritorno alla democrazia nel 1994 e che aveva promosso la misura e le Democratic Alliance (DA), partito ritenuto espressione degli interessi della classe imprenditoriale, alla sua prima esperienza di governo e fermamente contrario all’aumento dell’Iva.
Il dietro front
«Il ministero delle Finanze – si legge nella nota con cui il governo ha reso noto il suo dietro front – presenterà a breve» un disegno di legge che «propone di mantenere l’aliquota dell’Iva al 15% dal 1° maggio 2025, invece di aumentarla come proposto nel bilancio di marzo.
La decisione di rinunciare all’aumento – prosegue il comunicato – è il frutto di ampie consultazioni con i partiti politici e di un’attenta valutazione delle raccomandazioni delle commissioni parlamentari. Senza l’aumento dell’Iva, si stima che il gettito fiscale sarà inferiore di circa 75 miliardi di rand nel medio termine», ovvero di circa 3,5 miliardi di euro.
Denaro perso questo, che il governo cercherà di ottenere da degli «aggiustamenti nella spesa pubblica» da imporre per «garantire che la perdita di entrate non danneggi la sostenibilità fiscale del Sudafrica».
Il tesoro ha comunicato inoltre che una serie di misure pensate per alleviare l’impatto dell’aumento dell’Iva sulle famiglie più vulnerabili sono state ritirate, visto il cancellamento del provvedimento che le avrebbe giustificate.
Restano un buon numero di interrogativi, sia di natura politica che economica. Innanzitutto, il governo di unità nazionale non è mai sembrato così vicino alla fine come stavolta. DA e ANC si sono già trovate ai ferri corti su diversi temi, dalla politica estera al passaggio di una legge di riforma della scuola.
In questo caso però le DA hanno tentato di bloccare l’aumento dell’Iva passando addirittura per i tribunali. Ottenendo anche risultati di segno positivo, pur successivi alle decisioni già prese dal governo: l’alta corte della provincia del Capo occidentale ha ordinato la sospensione dell’aumento dell’Iva e la cancellazione delle risoluzioni del parlamento con cui è stato adottato il bilancio.
La decisione dei giudici è stata presa «in attesa dell’approvazione della legge che regolamenta l’aliquota Iva», che è ancora in fase di discussione, visto anche il dietro front dell’esecutivo, e anche «della decisione definitiva» in merito a una delle richieste delle DA alla stessa corte. Il partito si è infatti rivolto alla giustizia anche per chiedere che l’aumento dell’Iva venisse dichiarato incostituzionale.
Helen Zille, presidente del consiglio federale del partito, dopo aver definito una «vittoria» il dietro front del ministero delle finanze, ha affermato, in merito invece alla solidità della coalizione: «Quale sarà il futuro del governo di unità nazionale è qualcosa a cui non posso rispondere categoricamente oggi».
L’esecutivo esce indebolito
Tutto l’iter del budget statale è stato puntellato di colpi alla stabilità dell’esecutivo. La legge non è stata infatti votata dalla DA, che fa parte del governo, ma è stata invece appoggiata da partiti più piccoli che non ne fanno parte, come Action SA, che aveva però chiesto una revisione dell’aumento dell’Iva entro 30 giorni dall’approvazione della norma.
Il partito ha preso parte a una conferenza stampa che si è tenuta oggi con tutti gli altri partiti della coalizione, eccetto appunto le DA. Nelle scorse settimane l’idea di un “reset” del governo di larghe intese ha fatto più volte capolino nei discorsi di suoi esponenti.
Ci sono poi una serie di importanti nodi di natura economica. Nel rispondere alla causa intentata dalle DA, il ministro delle finanze Enoch Godongwana ha affermato che la cancellazione dell’aumento dell’Iva costringerà il governo a tagliare le spese o ad aumentare le richieste di prestiti e quindi il debito pubblico, con conseguenze «severe e di vasta portata» sull’economia del paese.
Sull’utilità dell’aumento dell’imposta di valore aggiunto c’è un ampio dibattito. Secondo i detrattori della misura, questa colpisce soprattutto i piccoli imprenditori e le famiglie. Sono queste categorie infatti, quelle per cui la spesa per i beni di consumo incide di più sul reddito.
Per i sostenitori di questa strategia invece, aumentare di poco l’Iva garantendo una serie di esenzioni su alcuni prodotti di base – come previsto nella norma voluta dall’ANC, che aveva come detto pensato a una serie di provvedimenti per ammortizzare gli effetti dell’incremento – permette di raccogliere entrate in modo efficace, agile a livello amministrativo e poco gravoso per le famiglie più vulnerabili.
Il Sudafrica, oggetto per altro dei tagli agli aiuti allo sviluppo e dei dazi imposti dall’amministrazione USA a guida Donald Trump, con cui i rapporti sono molto complessi, soffre da anni di una crisi economica segnata da inflazione, alto costo dell’energia, disoccupazione, crescita economica debole e ovviamente problemi a incrementare il gettito fiscale.
Il Sudafrica è poi alle prese con un alto debito pubblico – composto in larga fetta da debito estero – passato dal 23% del Pil nel 2009 all’attuale 75% della ricchezza nazionale.