
La repressione nei confronti di oppositori e attivisti in Tanzania si estende anche a quelli dei paesi vicini.
Così il 19 maggio scorso un gruppo di avvocati ugandesi e kenyani arrivati all’aeroporto di Dar es Salaam per presenziare alla prima udienza in tribunale contro Tundu Lissu, il leader del principale partito di opposizione, Chadema, accusato di tradimento, sono stati rispediti indietro. Non tutti, però.
Ad essere subito espulsa dal paese è stata la rinomata avvocata kenyana Marta Karua, ex ministra della Giustizia e già impegnata nella difesa di un altro leader dell’opposizione accusato di tradimento nel suo paese.
Si tratta dell’ugandese Kizza Besigye, sequestrato in Kenya lo scorso anno e riportato in Uganda, dove sarà giudicato da un tribunale militare, dopo che ieri il parlamento ha approvato una legge che consente ai tribunali militari di processare i civili, nonostante a gennaio una sentenza della Corte Suprema lo abbia vietato.
Sono stati invece trattenuti dalle forze di sicurezza tanzaniane altri due attivisti, il kenyano Boniface Mwangi e l’avvocata e giornalista ugandese Agather Atuhaire, arrivati insieme a Marta Karua come parte di una delegazione di osservatori dell’Africa orientale.
I due, denuncia la Tanganyika Law Society, organismo che rappresenta gli avvocati tanzaniani, sarebbero stati detenuti dal dipartimento di immigrazione.
In seguito alle pressioni del governo del Kenya Boniface Mwangi è stato rilasciato il 22 maggio, dopo essere stato gravemente torturato dagli agenti di sicurezza tanzaniani. Secondo il portale All Africa, Mwangi sarebbe stato accusato di aver fornito false informazioni per entrare nel paese, mentre le ragioni della detenzione di Atuhaire rimangono poco chiare.
Secondo Agora Discourse, un gruppo ugandese per la difesa dei dititti civili di cui l’avvocata fa parte, la donna sarebbe stata liberata e abbandonata alla frontiera con l’Uganda la mattina del 23 maggio.
Nei giorni scorsi la presidente tanzaniana Samia Suluhu Hassan aveva messo in guardia gli attivisti stranieri dall’”interferire” negli affari interni del paese, citando la preoccupazione per la sicurezza interna in vista delle elezioni dell’ottobre 2025.
Gli arresti e i respingimenti hanno però ulteriormente infiammato il clima, sia in Tanzania che in Kenya.
A Nairobi si è tenuto un sit-in in solidarietà con i due attivisti fermati, mentre gli hashtag #FreeBonifaceMwangi #FreeAgatherAtuhaire stanno diventando sempre più popolari sui social media.
Tanto che il 20 maggio le autorità tanzaniane hanno impedito l’accesso alla piattaforma X. Una restrizione avvenuta in seguito all’hackeraggio di alcuni account ufficiali di istituzioni private e governative, tra cui quello della polizia di stato, nella cui home page sono apparse immagini sessualmente esplicite e false notizie sulla morte della presidente Hassan.
La tensione socio-politica in Tanzania resta alta. Le opposizioni da mesi sono in fermento dopo che le loro richieste di modifiche del sistema elettorale sono state ignorate dal governo, dominato dal partito-stato Chama Cha Mapinduzi (CCM), che ha invece aumentato la repressione con minacce, intimidazioni, sequestri di persona e arresti.