Terra sonnambula - Nigrizia
Libri
Mia Couto
Terra sonnambula
Sellerio, 2025, pp. 261, € 16,00
28 Aprile 2025
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 3 minuti

Mia Couto, al secolo António Emílio Leite Couto, pubblica Terra sonnambula nel 1992, anno della fine della guerra civile che aveva distrutto il Mozambico nei 15 anni precedenti. Sarà per la congiuntura storica, sarà per il senso di fine delle cose che permea tutto il libro – e fa presagire un nuovo inizio – o sarà forse per il linguaggio utilizzato, secondo diversi critici uno dei contributi più significativi alla nascita di una nuova lingua letteraria mozambicana, ma Terra sonnambula appare come un romanzo seminale, intrecciato come pochi altri alla nascita stessa del Mozambico di oggi.

Sellerio è tornata quest’anno a pubblicarlo in italiano con una nuova traduzione, a cura di Vincenzo Barca. La casa editrice siciliana ha scelto un momento critico nella storia del paese. Negli ultimi mesi, forse come mai prima, il sistema targato Frelimo che si è imposto con la lotta di liberazione dai coloni portoghesi e poi durante la guerra civile nel 1992, è sembrato vacillare sotto i colpi della rabbia popolare. Una rabbia sempre guidata politicamente, stavolta dal leader delle opposizioni Venancio Mondlane, ma restia ad assumere la forma fratricida che aveva preso altre volte in passato.

Non è facile quindi, leggere Terra sonnambula nel 2025 senza pensare al Mozambico di oggi. Ancora più difficile perché Couto, personaggio noto e attivo nel dibattito pubblico del paese, è intervenuto nella turbolenta fase degli ultimi mesi anche attirando critiche feroci. «Chissà cosa saprà raccontarci domani», ci si chiede del romanzo
nella quarta di copertina. Ed è proprio questo l’interrogativo che attraversa il lettore informato, anche retroattivamente: i sogni e gli incubi descritti da Couto nel suo stile onirico, “sonnambulo” appunto, che segreto custodivano sul futuro del Mozambico?

Difficile rispondere in realtà. Forse inutile investire Couto di una funzione divinatoria che lui stesso non si è voluto dare, per quanto, questo sì, uno dei protagonisti del libro sia la letteratura stessa, o meglio la capacità di creare realtà narrando. E allora meglio entrare nel merito letterario dell’opera. La storia è costituita da due filoni narrativi principali che si compenetrano fra loro lungo tutta la durata del romanzo e che si incontrano nella carcassa di un autobus bruciato, abbandonato ai bordi della strada.

È qui che Il giovane Muidinga e l’anziano Tuahir, profughi sfuggiti a piedi dalla devastazione della guerra, incontrano dei quaderni. Dentro c’è tutta la vita di Kindzu, il suo lungo viaggio nato per unirsi ai mitici miliziani naparama e finito per diventare un’epica avventura, di amore e di mare. Lungo tutto il cammino di questi tre personaggi si schiudono altri racconti, parabole magiche, spesso di disperazione, a volte di tenace resistenza poetica.

Il linguaggio asseconda questo incedere sognante – più che determinarlo – e si fa lui stesso incantato, irto di localismi, neologismi, invenzioni. Formule per cambiare di segno la devastazione terribile che lascia che la guerra, la miseria assoluta che rende avidi e cattivi. Ma non incapaci di narrare sé stessi. Anche dopo il più devastante dei conflitti, l’essere umano non smette di percorrere la strada in cerca di chi è veramente. Terra sonnambula è un luogo in cui andare per ricordarselo.

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