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Economia Etiopia Migrazioni Pace e Diritti Politica e Società
La misura è stata annunciata dal primo ministro Abiy Ahmed. Nel paese era vietato
Svolta vicina in Etiopia, i cittadini stranieri potranno comprare casa
Il premier vuole aprire l'economia etiope, alle prese con debito e inflazione
25 Marzo 2024
Articolo di Redazione
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Case ad Addis Abeba. Foto di Stefan Geens

In un incontro con numerosi dirigenti aziendali trasmesso dalla televisione e altri media statali la scorsa settimana, il Primo Ministro Abiy Ahmed ha annunciato che sarà presto introdotta ufficialmente una legge che permetterà agli stranieri di acquistare e possedere beni immobili nel paese di 120 milioni di abitanti.

La misura farà parte di un piano più ampio finalizzato ad aprire il paese promuovendo maggiori investimenti e sostenendo così le proprie finanze. Fino ad oggi è vietato a qualsiasi straniero possedere beni immobili in Etiopia, siano essi residenziali o a fini commerciali. Un ostacolo questo, secondo il premier, agli sforzi in corso per attrarre investimenti dall’estero. La legislazione – sempre secondo quanto comunicato da Abiy Ahmed – ha raggiunto la fase finale della sua stesura ed è pronta per essere discussa in Parlamento.

Economia, una primavera mai sbocciata

L’Etiopia,  il più popoloso paese del mondo a non avere uno sbocco al mare, ha raggiunto circa 28 miliardi di dollari di debito estero ed è anche alle prese con un’inflazione alle stelle e una grave carenza di riserve di valuta estera. Dopo essere salito al potere nel 2018, Abiy ha annunciato un ambizioso pacchetto di riforme per liberalizzare l’economia fino ad allora strettamente controllata dal governo.

Purtroppo, negli ultimi anni lo stato dell’economia è peggiorato drasticamente e la volontà dell’amministrazione di Abiy Ahmed i portare avanti le riforme si è in gran parte bloccata, anche in seguito al conflitto di due anni tra il governo centrale e lo stato federale del Tigray, terminato nominalmente nel 2022 con un accordo di cessazione permanente dello ostilità.

L’Etiopia ha però parzialmente aperto il settore delle telecomunicazioni, rilasciando una licenza al colosso keniano Safaricom, e annunciando l’intenzione di vendere una partecipazione della statale Ethio Telecom. Il governo ha inoltre affermato che intende consentire investimenti esteri nel settore bancario.

 

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Armi, Conflitti e Terrorismo Chiesa e Missione Guinea-Bissau Politica e Società
Nuovi rischi di estremismo islamico. Inascoltati finora gli appelli dei leader religiosi
Guinea-Bissau: in aumento gli attacchi ai luoghi di culto
Colpite chiese cattoliche, evangeliche, moschee e sedi di religioni tradizionali, i cui rappresentanti sono tornati a chiedere sicurezza, invitando polizia e magistratura ad indagare. Una questione che sta assumendo anche contorni politici
29 Marzo 2024
Articolo di Luca Bussotti
Tempo di lettura 4 minuti
La chiesa vandalizzata di Santa Isabel de Gabu nella diocesi di Bafata (Credit: Vatican News)

Pochi giorni fa una riunione dei leader dei principali culti religiosi presenti nella Guinea-Bissau presso la Casa dos Direitos di Bissau ha approvato e reso pubblico un documento in merito alla preoccupante situazione di intolleranza religiosa che da qualche anno si sta vivendo in questo piccolo paese dell’Africa occidentale.

E che si sta aggravando nel corso delle ultime settimane. Sono stati i rappresentanti della chiesa cattolica, musulmana, evangelica e tradizionale africana a lanciare un nuovo allarme.

Il messaggio principale è stato un invito alle autorità giudiziarie a indagare gli ormai numerosi attentati contro chiese evangeliche, cattoliche, moschee e luoghi di culto delle religioni tradizionali, rimasti impuniti e che, a detta dei redattori del documento, minaccerebbero la coesione e la pace a livello nazionale.

Padre Augusto Tambá, portavoce dell’incontro, appartenente alla diocesi di Batafá, ha sottolineato come episodi di intolleranza religiosa non debbano essere sottovalutati da parte delle autorità, come rilevato a suo tempo anche dall’Agenda Comune per la Pace dei leader religiosi, adottata nel 2022, grazie al finanziamento dell’Unione Europea e del portoghese Istituto Camões.

Escalation senza responsabili

Dei poco più di due milioni di abitanti della Guinea-Bissau, circa il 45% si dichiara musulmano (con prevalenza dei sunniti e una significativa presenza sufi), il 31% pratica culti tradizionali di matrice africana e il 22% si riconosce nel cristianesimo, con prevalenza di cattolici (soprattutto nella capitale Bissau) ed evangelici, anche se il sincretismo religioso è presente quasi ovunque.

Il paese ha sempre goduto di un buon clima in termini di tolleranza religiosa, tuttavia, almeno dal 2017 vari episodi di violenza hanno fatto capolino, interessando numerose confessioni, con un’accelerazione nel corso degli ultimi due anni.

Nel 2022, per esempio, la chiesa cattolica di Gabu (parrocchia Santa Isabel) è stata saccheggiata da sconosciuti, scenario che si è ripetuto circa un anno dopo a Bissau, presso la parrocchia Beata Anuarite. Ma anche una moschea, sempre a Gabu, è stata presa di mira nel 2022, mentre, a inizio 2024 i bersagli preferiti si sono concentrati in luoghi di culto tradizionali.

A Mindará, in pieno centro di Bissau, è stato prima incendiato un luogo di culto tradizionale dell’etnia pepel, a cui è seguito, pochi giorni dopo, un analogo episodio riguardante una chiesa evangelica. Anche la localizzazione geografica, in pochi anni, sta cambiando.

Se, in precedenza, gli attacchi avvenivano in prevalenza fuori dalla capitale, ultimamente è proprio Bissau l’epicentro delle violenze: con forze di polizia inerti, nonostante gli appelli di tutti i religiosi del paese, nonché delle principali organizzazioni non governative impegnate nel mantenimento della pace.

Sin dal 2022, infatti, sono stati fatti pronunciamenti pubblici affinché la polizia offrisse protezione ai principali luoghi di culto, sino a oggi rimasti inascoltati.

Critiche all’attuale governo

La questione degli attacchi ai luoghi di culto religiosi sta assumendo contorni politici, oltre che di pubblica sicurezza. Nkanandé Cá, vice-coordinatore del collettivo Nô Raiz, organizzazione che difende i culti africani tradizionali, ha criticato il fatto che il consiglio dei ministri mai abbia affrontato seriamente il tema, mostrando poca preoccupazione per il clima sempre più teso che si sta vivendo nel paese.

La questione è ancora più grave se si pensa che l’atmosfera generale di intolleranza religiosa nell’Africa occidentale sta aumentando dappertutto, con un aggravamento della situazione nei confronti dei cristiani.

In Nigeria, per esempio, lo stato-guida della regione insieme al Senegal, gli attacchi anti-cristiani sono aumentati sia in numero che in intensità, di fronte all’avanzata di tendenze estremiste di matrice islamica che lo stesso islam ufficiale non riesce a contenere.

I dispositivi di sicurezza in un paese fragile come la Guinea-Bissau preoccupano, anche alla luce del fatto che, a giugno prossimo, la capitale Bissau ospiterà, per la prima volta, l’Assemblea generale dell’Unione Regionale dei Padri dell’Africa Occidentale (URPAO), il cui tema principale sarà proprio “La Chiesa cattolica di fronte all’intolleranza dei conflitti etnici e interreligiosi nell’Africa subsahariana”.

Un’ottima occasione per fare il punto della situazione sulla questione, ma anche una eccellente opportunità per organizzare nuovi attentati da parte di chi intende minacciare la pace e la tranquillità di un paese fra i più poveri al mondo.

E una nuova sfida in termini di sicurezza per il traballante governo guidato dal presidente Embaló, ormai a fine mandato e prossimo a sfidare l’eterno rivale Domingos Simões Pereira in una contesa elettorale che si preannuncia per lui molto complicata.

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Ambiente Economia Kenya Politica e Società
Il dato, impressionante, è contenuto nell'ultimo report sul tema delle Nazioni Unite
Un quinto di tutto il cibo del mondo va sprecato
Nel 2022 sono state buttate più di un miliardo di tonnellata di alimenti
29 Marzo 2024
Articolo di Redazione
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Un quinto di tutto il cibo prodotto nel mondo viene sprecato. A calcolarlo è il secondo rapporto sul cibo dell’UNEP (il Programma ambientale delle Nazioni Unite) relativo allo spreco di alimenti sul pianeta, che è stato pubblicato in questi giorni ma che fa riferimento ai dati relativi al 2022.

Il documento è stato presentato anche a Nairobi in vista della giornata mondiale dello “Zero Spreco” indetta dall’Onu, che si celebra ogni anno il 30 marzo. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno calcolato che oggi 783 milioni di persone in tutto il mondo vivono in condizioni di sottoalimentazione cronica, 150 milioni di bambini soffrono la fame e molti paesi, soprattutto in Africa, si trovano ad affrontare crisi alimentari sempre più gravi.

Oltre al protrarsi del conflitto russo-ucraino, nuove crisi come la guerra tra Israele e Hamas e la violenza ad Haiti stanno peggiorando la crisi a livello globale.

Gli autori della ricerca affermano che la carestia, già così grave in gran parte dell’Africa in seguito all’estendersi di condizioni di perdurante siccità, è imminente anche nel nord di Gaza e si va propagando ad Haiti.

Ebbene il mondo – dice il rapporto UNEP, che ha il compito di tracciare i progressi compiuti dai paesi entro il 2030 nel dimezzare gli sprechi alimentari – ha appunto sprecato nel 2022 a livello globale circa il 19% del cibo prodotto, ovvero circa 1,05 miliardi di tonnellate, equivalenti a 132 kg per persona e a un quinto di tutto il cibo disponibile ai consumatori. Il primo rapporto, nel 2021, in riferimento al 2019 stimava che lo spreco di cibo era stato del 17% a livello globale, ovvero 931 milioni di tonnellate (1,03 miliardi di tonnellate). La situazione pertanto non ha fatto che aggravarsi.

Il rapporto è stato redatto in collaborazione tra l’UNEP e lo Waste and Resources Action Program (WRAP), un ente inglese di beneficenza internazionale. I ricercatori hanno analizzato i dati nazionali su famiglie, servizi di ristorazione e rivenditori. Hanno scoperto che ogni persona spreca circa 79 chilogrammi di cibo all’anno, pari ad almeno 1 miliardo di pasti sprecati ogni giorno in tutto il mondo. La maggior parte dei rifiuti – il 60% – viene prodotto dalle famiglie; il 28% circa deriva dai servizi di ristorazione, dai ristoranti e dalle mense, mentre circa il 12% è prodotto dai rivenditori.

Lo spreco alimentare, peraltro, rappresenta anche una preoccupazione globale per i costi di produzione che implica, compresi la terra e l’acqua necessari per allevare colture e animali, e le emissioni di gas serra che produce, compreso il metano, un gas potente che – come noto – ha contribuito per circa il 30% al riscaldamento globale. Si calcola che le perdite e gli sprechi alimentari generino dall’8 al 10% delle emissioni globali di gas serra.

Un fenomeno che aggrava l’insicurezza alimentare 

Fadila Jumare, una collaboratrice dell’UNEP di base in Nigeria, esperta del Busara Center for Behavioral Economics, ha studiato in particolare la possibilità di prevenzione dello spreco alimentare nel paese in cui vive e in Kenya. Secondo Jumare, il problema aggrava le condizioni di molte persone che già soffrono di insicurezza alimentare e non possono permettersi diete sane. «A livello globale – ha sostenuto l’esperta – lo spreco alimentare significa che meno cibo è disponibile per la popolazione più povera».

Brian Roe, ricercatore sullo spreco alimentare presso la Ohio State University, non direttamente coinvolto nel rapporto, ha commentato: «Dal documento si può concludere che l’impegno nel ridurre la quantità di cibo sprecato può portare a molti risultati desiderabili: conservazione delle risorse, minori danni ambientali, maggiore sicurezza alimentare e più terreni per usi diversi dalle discariche e dalla produzione alimentare».

Gli autori del report sostengono che dovrebbe spettare alle nazioni più ricche guidare la cooperazione internazionale e lo sviluppo di politiche per ridurre gli sprechi alimentari. Molti governi, gruppi regionali e industriali, in ogni caso, stanno utilizzando partenariati pubblico-privati per ridurre gli sprechi alimentari, mitigando lo stress climatico e idrico. Vari governi e amministrazioni locali collaborano con le imprese della filiera alimentare, assicurandosi che le aziende monitorino e quantifichino gli sprechi alimentari.

C’è speranza…

Il rapporto afferma infine che esiste oggi una positiva ridistribuzione alimentare – inclusa la donazione delle eccedenze alimentari alle banche alimentari e agli enti di beneficenza – e che questa tendenza rappresenta un passo significativo nella lotta allo spreco alimentare.

Un esempio virtuoso lo offre in Kenya il gruppo Food Banking Kenya, un’organizzazione no-profit che ottiene il cibo in eccedenza da fattorie, mercati, supermercati e centri di imballaggio e lo ridistribuisce agli scolari e alle popolazioni vulnerabili. Anche in questo paese, infatti, lo spreco alimentare costituisce una crescente preoccupazione, dato che secondo le stime ogni anno vengono sprecate circa 4,9 milioni di tonnellate di cibo.

John Gathungu, cofondatore e direttore esecutivo del gruppo ha dichiarato: «Abbiamo creato un impatto positivo sulla società, fornendo cibo nutriente, e abbiamo ottenuto anche un impatto positivo sull’ambiente riducendo le emissioni di gas nocivi».

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Migrazioni Podcast Politica e Società Salute
Ep. 4 - Salute mentale e (dis)integrazione
Podcast / Oltre l’approdo. Storie di (dis)integrazione
Qual è l'impatto delle difficoltà dell''integrazione' sulla salute mentale? Ce lo raccontano il dottor John Kossi e la dottoressa Dimitra Tsekou
29 Marzo 2024
Articolo di Arianna Baldi, Youssef Moukrim
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In questa quarta puntata, dedicata alla salute mentale, si esplorano le complesse dinamiche psicologiche legate all’esperienza migratoria. Attraverso gli approfondimenti dello psicologo transculturale John Kossi e della psicoterapeuta Dimitra Tsekou, appare chiaro come a pesare sulla salute mentale delle persone non sono soltanto i traumi pregressi, accumulati nel paese d’origine o lungo le rotte,  ma anche le fatiche legate al vissuto sul territorio italiano. Si evidenzia l’importanza di approcci terapeutici sensibili alle diversità culturali e alle esperienze migratorie, rompendo gli schemi occidentali dominanti nella cura della salute mentale.

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Politica e Società Salute Uganda
L’obesità tra la popolazione è salita dal 17 al 26% negli ultimi 17 anni. Il governo corre ai ripari
Uganda: esercizio fisico obbligatorio per i dipendenti pubblici
29 Marzo 2024
Articolo di Redazione
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Il governo dell’Uganda ha dato avvio ad una campagna riguardante tutti i dipendenti pubblici, finalizzata a “ridurre tra i funzionari il crescente peso delle malattie legate allo stile di vita”.

D’ora in poi tutti dovranno prendere parte settimanalmente a una sessione di esercizio fisico di due ore per favorire un migliore stato di salute.

La responsabile del servizio pubblico del paese, Lucy Nakyobe, ha ordinato ai leader delle istituzioni statali di porre in atto la direttiva con effetto immediato.

La misura giunge dopo che le autorità hanno pubblicato un sondaggio demografico e sanitario che indicava che negli ultimi 17 anni si è verificato un aumento dell’obesità nel paese dal 17% al 26%.

Gli esperti medici affermano che la mancanza di esercizio fisico e le cattive abitudini alimentari potrebbero aggravare le condizioni di obesità, aumentando il rischio del moltiplicarsi di malattie cardiache, ipertensione, diabete e ictus legate allo stile di vita.

Sui social media l’iniziativa è stata accolta con favore dagli utenti che chiedono giorni liberi per i dipendenti pubblici per poter conformarsi alla direttiva.

Il mese scorso, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) aveva affermato che in Uganda il 24% delle donne e il 9% degli uomini di età compresa tra i 15 e i 49 anni sono affetti da sovrappeso o obesità.

“La prevalenza dell’ipertensione e del diabete tra gli adulti in Uganda – scrive l’OMS – sta gradualmente aumentando, con le donne che hanno una prevalenza maggiore del 27,7% rispetto a quella del 4,7% degli uomini”.

L’agenzia sottolinea inoltre che le malattie cardiache, il diabete e i disturbi respiratori contribuiscono al 33% dei decessi in Uganda.

La prevalenza dell’obesità in Uganda è comunque inferiore alla media regionale che è del 20,8% per le donne e del 9,2% per gli uomini.

Già nel 2009 l’allora segretario permanente della magistratura, Pius Bigirimana, aveva introdotto sessioni settimanali di esercizio fisico tra giudici, magistrati e altri membri del personale giudiziario.

Il presidente Yoweri Museveni ha regolarmente mostrato la sua passione per l’esercizio fisico. Sulla scia del Covid-19, Museveni (79 anni) aveva pubblicato sui social media video di sé stesso e dei funzionari del suo regime in allenamento, per incoraggiare le persone a mantenersi in forma durante il lockdown.

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