
Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di giugno 2023
Come sarebbe bello se in Italia si aprisse un vero dibattito pubblico, informato e lungimirante, sui nostri futuri rapporti con la Cina.
L’occasione è fornita dalla prossima scadenza, nel marzo 2024, del memorandum enfaticamente denominato Nuova Via della Seta, sottoscritto quattro anni fa dall’allora premier Giuseppe Conte con il leader della superpotenza cinese Xi Jinping.
Di per sé quel trattato non ha influenzato molto il trend delle nostre esportazioni laggiù, ma ha assunto rilievo politico perché siamo stati l’unico paese occidentale aderente al G7 che ha formalizzato, diciamo così, un “rapporto privilegiato” con la Cina.
La cosa naturalmente non è andata giù all’establishment degli Stati Uniti, impegnati a frenare la crescente influenza cinese su scala mondiale, tanto da mettere nel conto perfino l’eventualità di un conflitto militare nell’area del Pacifico, con speciale attenzione alla minacciata indipendenza di Taiwan.
In campagna elettorale Giorgia Meloni ha rilasciato dichiarazioni esplicite sulla necessità di revocare il trattato italo-cinese.
Da premier si è fatta più prudente, perché non è facile far convivere un’opzione nettamente filoamericana come quella con cui il suo governo ha rassicurato Washington sulla guerra in Ucraìna, e la preoccupazione dei numerosi imprenditori italiani che operano in Cina o per la Cina.
L’ideologia deve fare i conti con la realtà. E la realtà si manifesta nei comportamenti degli altri paesi europei, come la Germania e la Francia, che pur non avendo firmato nessuna Via della Seta se ne sono infischiati dei veti Usa e hanno fatto visite del massimo livello a Pechino.
Riconoscendo, inoltre, il valore cruciale della mediazione cinese nel conflitto che insanguina l’Ucraìna, vista negativamente dalla Casa Bianca.
Pechino – con il suo sistema capitalistico sottomesso a un regime autoritario che, però, si preoccupa di contrastare le disuguaglianze all’interno della società – esercita un richiamo da non sottovalutare in diverse regioni del pianeta.
Soprattutto dove la fame relega in secondo piano il bisogno di libertà. Farci i conti, senza ricadere nella solita schermaglia ideologica provinciale, sarebbe assai necessario.
Nuova Via della Seta
Conosciuto come Belt & Road Initiative, è un piano strategico cinese che ha come obiettivo di fondo collegare – soprattutto dal punto di vista commerciale – l’Europa, l’Asia e l’Africa orientale con la Cina.
Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia cinese mira a espandere il suo commercio, favorendo i flussi di investimenti internazionali e aumentando gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi. Nel 2019, l’Italia è stato il primo paese dell’Ue a firmare un accordo facente capo alla Belt & Road Initiative.