Questo articolo è uscito nel numero di Nigrizia di ottobre 2025.
Caro Alex,
l’omicidio di Charlie Kirk pone a noi nonviolenti domande scomode. Uccidere un essere umano è sempre un peccato indicibile. Ma una persona che predica violenza, quanto è da considerarsi in un certo qual modo “responsabile” di quella parte di violenza che gli si torce contro? E soprattutto, le parole di odio, di sopraffazione, come si combattono davvero? Non possiamo certo permetterci di “spegnere il fuoco con il fuoco…” Carlotta Zonin
Il giovane Charlie Kirk, 31 anni, è stato ucciso il 10 settembre all’Università dello Utah da Tyler Robinson, 22 anni. Chi era Kirk? Era la stella del mondo giovanile MAGA, il Make America Great Again che ispira il presidente Donald Trump.
Questa notorietà Kirk l’ha ottenuta usando soprattutto il web e i social media. Il militante conservatore era diventato un incredibile influencer testimone del trumpismo. Delle sue terribili parole d’ordine si faceva portavoce con la sua attività quotidiana.
Kirk definiva l’immigrazione una strategia della sostituzione promossa dai democratici contro l’America bianca. Riteneva l’islam la spada della sinistra alla gola degli USA. Chiedeva una «Norimberga» per quanti sostengono i diritti delle persone trans.
Aveva accusato la giudice della Corte suprema Ketanji Brown Jackson, afroamericana, di aver tolto il posto a uomini bianchi, non disponendo lei della necessaria «capacità cerebrale» per ricoprire certi ruoli. Era l’incarnazione perfetta del trumpismo, capace di far arrivare questa “ideologia” ai giovani tramite internet.
L’autore dell’omicidio di Kirk, Robinson, proviene da una famiglia religiosa legata ai mormoni, pure questa appartenente alla galassia MAGA. Subito il vice presidente Jd Vance ha addebitato invece l’omicidio di Kirk all’estremismo di sinistra.
Ben oltre è andata la deputata di estrema destra Marjorie Taylor Greene, che ha invocato un «divorzio pacifico (sic) lungo linee politiche», dato che gli USA avrebbero passato il limite del riconciliabile.
Il guaio è che la società USA è estremamente violenta e adora le armi. Ogni cittadino può comprarsene una per difendersi e nessuna amministrazione – democratica o repubblicana – è mai riuscita a fare una legge che vieti la vendita di armi ai cittadini.
Incredibile anche l’odio veicolato dal web, uno dei capisaldi della società statunitense. Con la vittoria di Trump il paese si ritrova prigioniero dei miliardari di internet: sono loro che si arrogano il diritto di veicolare la “verità”, minando le stesse fondamenta della democrazia americana.
Nello spezzare la società degli Stati Uniti un ruolo fondamentale lo gioca anche il suprematismo bianco, rappresentato alla perfezione dal governo di Trump: gli USA appartengono solo alla “tribù bianca”. Questo non si può che definire peccato. Non è solo l’omicidio di Kirk a esserlo, infatti. E il sistema che l’ha reso possibile rappresenta un peccato ancora peggiore.
La domanda che mi poni è sul come uscirne, come contrastare davvero le parole di odio. Gesù ci dice “amate i vostri nemici”, e ci insegna la via della nonviolenza attiva per ottenere i nostri diritti. Noi cristiani ci siamo dimenticati di tutto questo.
Eppure… Seguendo la nonviolenza di Gesù un’induista come Gandhi è riuscito a ottenere l’indipendenza dell’India senza sparare una cartuccia. Martin Luther King ha guidato la lotta degli afroamericani al raggiungimento dei diritti civili. È l’unica strada che ci rimane, se non vogliamo finire nel baratro.