
Dopo la morte nell’agosto del 2023 del capo di Wagner Yevgeny Prigozhin, diversi analisti avevano ipotizzato che Mosca avrebbe avuto bisogno di tempo per assumere il pieno controllo della compagnia paramilitare russa. Le cose non sono andate così.
Una fulminea operazione di rebranding ha portato alla nascita di Africa Corps, expeditionary corp che, a differenza di Wagner, è passato subito sotto la direzione del GRU, il servizio segreto militare russo, rispondendo dunque formalmente al ministero della Difesa del Cremlino.
Cambiate le casacche, non sono mutati né il modus operandi dei combattenti operativi in Africa, né gli obiettivi da perseguire, ovvero sostenere militarmente i governi africani partner, gestire attività economiche sia lecite che illecite (da miniere e giacimenti di gas e petrolio ai traffici di legname) e accompagnare il consolidamento della sfera di influenza della Russia nel continente.
A fotografare il passaggio da Wagner ad Africa Corps è un nuovo report pubblicato a febbraio da Global Initiative Against Transnational Organized Crime (GI-TOC), intitolato Mercenaries and illicit markets. Russia’s Africa Corps and the business of conflict e curato da Julia Stanyard, senior analyst dell’osservatorio sulle economie illecite nell’Africa orientale e meridionale dell’organizzazione.
Movimenti militari
Dai dati dell’Armed Conflict Location and Event Data Project (ACLED), ong statunitense specializzata nella mappatura dei conflitti nel mondo citata nel dossier del GI-TOC, emerge che nella seconda metà del 2023, dunque dalla fallita marcia su Mosca di Prigozhin del 23 e 24 giugno, la frequenza di interventi armati che hanno visto coinvolta prima Wagner e successivamente Africa Corps non solo è aumentata ma si è anche estesa ad altri Paesi africani, con un picco alla fine dell’anno.
In quel periodo un contingente di Africa Corps è stato schierato per la prima volta in Burkina Faso a sostegno della giunta militare guidata da Ibrahim Traoré. Nell’aprile 2024 uomini di Africa Corps sono arrivati a Niamey, capitale del Niger.
Qui, nel maggio successivo, hanno preso possesso di una base aerea da cui la giunta nigerina guidata dal Abdourahamane Tchiani aveva fatto smobilitare circa mille unità dell’esercito statunitense. Ad agosto i russi presenti nel Paese non sarebbero stati comunque molti, tra i 150 e i 300. Nel settembre 2024 istruttori militari russi sono giunti infine anche a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale.
Negli ultimi mesi, a seguito della caduta del regime di Bashar Assad in Siria a inizio dicembre 2024, i movimenti maggiori di Africa Corps si sono registrati in Libia, sia nelle basi aeree di cui Mosca dispone in Cirenaica, dove sostiene le truppe del generale Khalifa Haftar, sia nell’estremo sud del Paese, dove è stato riattivato un avamposto militare.
Attività economiche
Ai tempi di Prigozhin la rete di affari economici gestiti da Wagner in Africa – dall’estrazione di oro in Sudan e Repubblica Centrafricana al contrabbando su larga scala di legname e altre risorse – rispondeva a un’unica “impresa madre”.
Con il passaggio ad Africa Corps nel medio periodo l’obiettivo è mettere a sistema i vari business alimentati per anni da Wagner e procedere a una loro riassegnazione alle compagnie di Stato russe.
È il caso di Rosatom che in Niger è ora in trattativa con la giunta militare al potere per ottenere dei permessi per l’estrazione di uranio revocati alla francese Orano. Non si tratta di un processo veloce, tant’è che allo stato attuale sono in buona parte gli stessi soggetti (tra questi Dmitri Sytyii, ex fedelissimo di Prighozin) e le stesse imprese a gestire gli asset che prima erano sotto il controllo di Wagner e che ora sono passati sotto la supervisione di Africa Corps.
Influenza politica e disinformazione
Nel piano di espansione della sfera di influenza politica in Africa, nel passaggio da Wagner ad Africa Corps la strategia di Mosca non è di fatto cambiata. L’obiettivo resta quello di allontanare dall’orbita occidentale (in primis francese) i Paesi in cui la Russia sta mettendo radici.
E i risultati, in questa direzione, continuano ad arrivare. Mali, Burkina Faso e Niger, usciti dalla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (ECOWAS/CEDEAO) per unirsi nell’Alleanza degli stati del Sahel (AES), hanno continuato ad appoggiarsi ad Africa Corps per ottenere supporto militare.
In Repubblica Centrafricana ci sarebbe lo zampino di Mosca nella stesura di una nuova legge per disciplinare il ruolo degli “agenti stranieri”, il cui testo ricalca quello di una legge approvata in Russia nel 2012 e divenuta presto un’arma di intimidazione e repressione usata dal Cremlino contro giornalisti, ong e oppositori politici.
Questi tentativi di intromissione negli affari interni e nelle scelte politiche dei Paesi africani continuano a essere accompagnati da attività di disinformazione sui social network e attraverso i media tradizionali.
Il nuovo ufficio della propaganda di Africa Corps si chiama African Initiative, “agenzia di stampa” istituita nel settembre del 2023 per screditare l’immagine di Francia e Stati Uniti nel continente e glorificare quella della Russia.
Molti dei dipendenti di African Initiative sono già stati nell’orbita di Wagner o sono legati ai servizi segreti russi. Tra questi c’è anche il caporedattore Artem Kureev, ufficiale dell’FSB (servizio di sicurezza federale russo) finito nel mirino delle sanzioni dell’UE.
Cosa resta di Wagner in Africa
Oltre l’operazione di rebranding che ha portato alla nascita di Africa Corps, Wagner in Africa non è dunque ancora tramontata del tutto. Stando a una stima dell’intelligence britannica riferita all’agosto 2024 e riportata nel report di GI-TOC, il gruppo conta oggi di circa 5mila dipendenti tra Africa e Bielorussia (al suo picco nel 2023 erano 50mila) e mantiene in piedi operazioni in Mali e nella Repubblica Centrafricana. Qui il suo nome e i suoi simboli non sono stati dismessi e lo stesso ricordo di Prigozhin viene commemorato attraverso celebrazioni pubbliche e monumenti.
In Repubblica Centrafricana a fine 2024 mercenari di Wagner hanno ucciso e catturato combattenti ribelli della Coalizione dei patrioti per il cambiamento vicino a Birao, nel nord-ovest del Paese al confine con il Camerun.
In quest’area Wagner continua a vigiliare sulle vie commerciali tra i due Paesi e a controllare sia miniere che traffici di legname, cambiando nome alle aziende della sua rete per continuare a operare indisturbata. Stando alle rilevazioni del gruppo investigativo All Eyes on Wagner, in quest’area Wagner continua ad avere il controllo della miniera d’oro di Ndassima, l’unica industrializzata di tutto il Paese.
In Mali Wagner ha invece subito molte perdite negli scontri con i gruppi jihadisti affiliati al Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (GSIM/JNIM). A settembre 2024 ha perso uomini in scontri nell’area dell’aeroporto internazionale “Modibo Keita” vicino a Bamako. Due mesi prima, a luglio, decine di suoi soldati (secondo alcune stime fino a 80) erano stati uccisi in un’imboscata a Tinzouaten.
Il dossier elenca poi i nomi di alcuni ex fedelissimi di Prighozin rimasti al loro posto dopo la sua uccisione per garantire una continuità nella catena di comando soprattutto nei Paesi in cui Wagner era più radicata, ovvero Mali e Repubblica Centrafricana.
Tra questi ci sono quelli di Anton Elizarov (Lotus, Repubblica Centrafricane e Libia), il già citato Dmitri Sytyii, Ivan Aleksandrovich Maslov (Mali), Alexander Ivanov (Repubblica Centrafricana) e Dmitry Podolsky (“Salem”, Repubblica Centrafricana).
Nonostante queste figure siano rimaste sostanzialmente al loro posto, altre nomine ai piani alti di Africa Corps confermano l’intenzione del Cremlino di assumere un controllo sempre più pressante sull’operato dell’organizzazione. Nel dicembre 2023 in Repubblica Centrafricana è arrivato Denis Pavlov, ufficiale dei servizi segreti esteri russi, il quale ha preso in mano i rapporti con i vertici della Polizia nazionale centrafricana.
Oltre che sulle attività militari, in questo nuovo corso Mosca vuole ovviamente assicurarsi il controllo della rete di imprese che Prigozhin aveva creato e sviluppato attorno a Wagner. Anche su questo fronte, sempre secondo l’osservatorio All Eyes on Wagner, pare che comunque la famiglia di Prigozhin, per tramite del figlio di Yevgeny Prigozhin Pavel, sia per il momento riuscita a mantenere il controllo di diverse attività, comprese quelle che gestiscono l’invio di uomini, mezzi e macchinari (sia militari che industriali) in Africa.
Per ciò che concerne gli effettivi sul campo, la stessa Africa Corps ha dichiarato sul suo canale Telegram che circa la metà aveva in precedenza prestato servizio in Wagner: si tratta non solo di contractor ma anche di medici di campo, tecnici e piloti di droni.
Anche il modo in cui Africa Corps attiva nuove collaborazioni non sta differendo molto rispetto a quanto faceva Wagner. Si parte con spedizioni formate da poco più di 200 soldati il cui compito è anzitutto quello di insediarsi nelle capitali dei Paesi con cui viene stretto un nuovo accordo – è accaduto in Burkina Faso, Niger e Ciad – e occuparsi qui della sicurezza dei vertici governativi impedendo possibili contro-golpe. Successivamente iniziano le trattative per estendere il mandato anche ad altre attività e in altre aree del Paese.
Altre compagnie russe in Africa
Tra le informazioni particolarmente interessanti contenute nel dossier GI-TOC ci sono quelle riferite a nuove compagnie militari russe che dopo l’uscita di scena di Prigozhin hanno ottenuto da Mosca commesse sia in Ucraina che, in misura minore, in Africa.
Tra quest’ultime c’è Bears, brigata russa di volontari ex Spetsnaz (membri delle forze speciali russe) guidata da Vitalij Nikolaevich Ermolaev, che ha schierato un numero limitato di soldati in Burkina Faso poi mandati a combattere a Kursk in Ucraina. Secondo il rapporto altre due compagnie russe hanno condotto operazioni in Africa, Redut e Convoy.
Troppi fronti aperti
La caduta di Assad in Siria impone ora alla Russia di ridisegnare le linee di rifornimento per sostenere le operazioni di Africa Corps. Le basi russe che Mosca negli anni si era guadagnata in Siria sostenendo il regime di Assad (quella navale di Tartus e quella aerea di Khmeimim) si sono rivelate finora fondamentali per consentire agli aerei russi di trasportare personale ed equipaggiamento in Africa. Finora i voli in partenza dalla Russia hanno infatti potuto attraversare lo spazio aereo di Iran, Siria e Iraq, fare scalo a Latakia e da qui ripartire verso le basi in Libia.
Se il controllo della base di Latakia dovesse essere messo in discussione dal nuovo governo siriano per la Russia si verrebbe a creare un problema di tipo logistico non di poco conto. Gli aerei cargo con a bordo attrezzature e mezzi militari non possono infatti volare direttamente tra Russia e Libia. Inoltre, qualora il nuovo governo di Damasco dovesse impedire a Mosca di transitare per il suo spazio aereo, la Russia sarebbe costretta a muoversi lungo rotte più lunghe e dispendiose.
Nel Sahel Africa Corps è andata più volte allo scontro con gruppi jihadisti legati al GSIM/JNIM o a ISIS per il controllo delle miniere, come quella di oro di Intahaka in Mali. Questi scontri sono stati cavalcati a livello mediatico dai jihadisti che accusano Mosca di essere una nuova potenza occupante al pari della Francia.
In un contesto così fluido e turbolento, Africa Corps dovrà ben guardarsi anche dagli equilibri etnici e tribali che sta intaccando con la sua presenza nel Sahel. Nel Mali settentrionale si è infatti inimicata diverse comunità tuareg e arabe. Comunità con cui si trova invece a collaborare in Cirenaica nel fronte a sostegno del generale Haftar.