
C’è una domanda che tiene tutto lo Zimbabwe con il fiato sospeso: cosa succederà lunedì 31 marzo? La data è stata scelta per una manifestazione, o meglio dire una “rivolta”, contro il governo del presidente Emmerson Mnawgwga, al potere dal 2017 e al suo secondo mandato.
La protesta è stata indetta da alcuni degli influenti veterani della guerra di liberazione, che accusano il capo di stato di nepotismo e corruzione.
L’iniziativa degli ex guerriglieri ha innescato timori di un rovesciamento ai vertici dello stato, anche perchè si intreccia con una lotta interna al partito di governo, l’Unione Nazionale Africana dello Zimbabwe – Fronte Patriottico (ZANU-PF) che sotto varie diciture guida il paese dal 1980, dalla fine del dominio coloniale britannico e del regime guidato dalla minoranza bianca che venne sconfitto dalla lotta di liberazione.
Le tensioni vedono contrapporsi una fazione fedele al presidente e una leale al vice presidente nonché ex capo delle forze armate, Constantino Chiwengwa.
Cosa succede in Zimbabwe
Per capire cosa sta succedendo è meglio andare per gradi. Si parte dal presupposto che il clima politico dello Zimbabwe non era così teso da anni.
Il presidente si sente sotto pressione e a dimostrarlo c’è quanto è avvenuto nel paese negli ultimi giorni. Mnangagwa ha deposto il capo dell’esercito, il tenente generale Anselem Nhamo Sanyatwe, ritenuto un alleato di Chiwengwa.
Il militare è stato curiosamente spostato al ministero di Sport, arte e cultura; prenderà il posto dell’ex campionessa olimpionica di nuoto Kristy Coventry, eletta presidente del Comitato olimpico internazionale (CIO) la settimana scorsa.
La rimozione di Sanyatwe giunge pochi mesi dopo la sostituzione del capo della polizia e dell’intelligence.
Mnangagwa, rilevano diversi analisti, come Rashweat Mukundu sul quotidiano sudafricano Daily Maverick, cerca di tutelarsi da un possibile golpe. Sanyatwe del resto non era certo un personaggio qualsiasi.
In qualità di capo della guardia presidenziale dell’ex capo di stato Robert Mugabe, l’ex massimo dirigente dell’esercito ha giocato un ruolo non da poco nel pronunciamento militare che nel 2017 ha portato alle dimissioni dell’allora presidente. E così alla fine di un regime durato 37 anni e all’inizio dell’era Mnawgwga.
All’epoca dei fatti il capo delle forze armate era invece il vice presidente Chiwengwa. Il potere, si comprende insomma, in questi anni non si è mai allontanato dai protagonisti di quei giorni.
A maggior ragione quindi, la posta in gioco il 31 marzo è alta. Harare si blinda in vista della protesta. Stando a quanto riportato dal portale di notizie New Zimbabwe, vicino alle opposizioni, la polizia ha schierato agenti aggiuntivi in vista delle manifestazioni mentre un divieto a portare armi in luoghi pubblici è stato imposto per tre mesi in tutte le maggiori città.
Il ministro dell’interno, Kazembe Kazemba, ha «avvertito» chi intende partecipare alle proteste che le autorità dello Zimbabwe si sono messe nelle condizioni di far rispettare l’ordine pubblico del paese.
Bombshell fa tremare il governo
Ma com’è nata questa mobilitazione? A scatenarla sono state le parole di un veterano della guerra di liberazione, Blessed Geza, noto anche col nome di Bombshell. Geza era anche un membro del Comitato centrale dello ZANU-PF, il più importante organo decisionale del partito.
Il veterano, 82 anni, coetaneo del presidente, ha iniziato a esprimersi pubblicamente contro Mnangagwa a partire dallo scorso novembre con una serie di interviste. Il presidente è stato accusato di corruzione, familismo e clientelismo e di voler prolungare il suo potere oltre quanto sancito dalla Costituzione.
Il capo di stato è stato per tanto invitato a dimettersi e la protesta del 31 marzo indetta per chiedergli di lasciare il potere. L’iniziativa è stata ribattezzata un “uprising”, una rivolta.
Nelle ultime settimane Bombsheel è stato rimosso dal comitato centrale mentre da settimane è ricercato dalla polizia. Alcuni giorni fa, dopo essersi dato alla macchia, è riapparso in un video pubblicato sui social. In mimetica e da una località sconosciuta, ha rilanciato l’appello a una «grande manifestazione per il 31 marzo».
L’arresto di Blessed Mhlanga
Le parole di Geza non hanno avuto conseguenze solo per lui o per la moglie. Il giornalista che lo ha intervistato a novembre, e poi di nuovo a gennaio, Blessed Mhlanga, dell’emittente privata Heart and Soul TV, è stato arrestato lo scorso 24 febbraio ed è ancora in custodia cautelare ad Harare, dopo che una richiesta di rilascio su cauzione è stata respinta.
Mhlanga è accusato di aver trasmesso messaggi «che incitano alla violenza e al danneggiamento della proprietà». Cronisti locali e organizzazioni internazionali ne chiedono da giorni la liberazione.
La questione del terzo mandato di Mnangagwa è uno dei punti più delicati della vicenda. L’ultima posizione ufficiale del presidente è quella di non voler forzare i limiti costituzionali e di voler quindi lasciare il potere una volta terminata la legislazione in vigore, ovvero nel 2028.
Nei mesi scorsi gli appelli a rimanere al potere per un terzo mandato o almeno fino al 2030 si sono susseguiti da più parti e a più livelli interni allo ZANU-PF. Il presidente ha più volte risposto anche in modo ambiguo, anche se negli ultimi mesi la sua intenzione di rispettare l’ordinamento del paese sembra più ferma.
Per prolungare la sua permanenza al potere il capo di stato dovrebbe inoltre modificare la Costituzione. Il suo partito dispone dei due terzi necessari per poterlo fare all’interno del Parlamento ma a quel punto la richiesta dovrebbe essere anche approvata da un referendum popolare. Insomma, un processo non semplice.
Rispetto alla proteste del 31 marzo invece, non è chiaro quanti sosterebbero una eventuale “chiamata alle armi” contro il governo. Geza nei suoi appelli ha chiamato in causa anche alcuni leader dell’opposizione, come Nelson Chamisa, ex presidente della Coalizione dei cittadini per il cambiamento (CCC), principale formazione contraria al governo nel paese, e l’avvocato e attivista Job Sikhala, rilasciato l’anno scorso dopo oltre un anno e mezzo di detenzione.
Le reazioni dei leader citati sembrano essere tiepide però, a partire da Chamisa. Le opposizioni sono inoltre in una fase di particolare debolezza, fiaccate da mesi di scissioni e di complicate manovre che hanno finito per ridurre in modo significativo la presenza in Parlamento della CCC. Lo stesso fronte dei veterani appare diviso, stando alle ricostruzioni di diversi media locali.
«Sempre le stesse logiche di potere»
Il sostegno a livello popolare è un’altra incognita. A spiegarlo a Nigrizia è Joseph Chirume, cronista originario dello Zimbabwe che lavora fra il paese e il Sudafrica per testate indipendenti come Ground Up.
«Lo Zimbabwe ha bisogno di un cambio di regime – premette il giornalista – perchè le persone stanno soffrendo molto: siamo un paese ricco che viene derubato sistematicamente dalla sua élite politica. Le tante persone istruite e volenterose che ci sono in Zimbabwe – denuncia ancora Chirume – non hanno altra scelta se non fuggire all’estero, finendo spesso a fare lavori per cui non non si sono formati».
Il punto però è che «le proteste del 31 marzo sono state convocate da persone interne allo ZANU-PF, che hanno prima preso parte al saccheggio e poi visto diminuire le dimensione della loro fetta di torta».
La logica è sempre quella della spartizione. «Mnangagwa si è fatto strada creando spazio per le persone a lui più vicine, esponenti del clan Karanga degli shona (la comunità più numerosa del paese, ndr) originari delle province di Masvingo e Mindlands. C’era però un patto affinchè non andasse oltre i due mandati. Persone del suo entourage, che agiscono come criminali, stanno spingendo affinchè lui prosegua anche al di là del limite costituzionale. È questa la miccia delle tensioni», chiosa il giornalista.
La situazione socio-economica dello Zimbabwe è estremamente complessa: il paese è incapace di ripagare il suo debito estero e per questo è escluso dai finanziamenti delle istituzioni internazionali da oltre 20 anni.
Secondo dati Onu e Banca mondiale, il 40% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà di due dollari al giorno mentre almeno un quarto soffre di povertà multidimensionale, relativa cioè all’accesso all’acqua, la sanità e a uno standard di vita minimo adeguato.
Il paese è attraversato da ciclici aumenti di inflazione che tenta spesso di risolvere con l’emissione di una nuova moneta, a fronte dalla svalutazione della precedente. L’anno scorso la Banca centrale ha autorizzato l’utilizzo della sesta diversa valuta dal 2008, lo Zig, ancorata all’oro e ad altri metalli preziosi.
La valuta si è già pesantemente deprezzata e il dollaro statunitense rimane moneta corrente.
Lo Zimbabwe, così come tutta la regione dell’Africa australe, ha dovuto inoltre affrontare l’anno scorso una forte siccità, conseguenza del fenomeno climatico del Niño.