
In Brasile la tratta degli africani ebbe inizio nella metà del secolo XVI e si protrasse fino al XIX secolo. Nell’arco di tre secoli, dal golfo del Benin e dal Sudan, partirono navi portoghesi con 5 milioni di africani schiavizzati che, una volta giunti nella nuova colonia oltreoceano, furono utilizzati come mano d’opera forzata.
Ma dove esisteva schiavitù c’era anche resistenza e lotte per la libertà. Una delle forme di resistência negra erano la fuga e il conseguente raggruppamento in comunità chiamate quilombo, che in lingua quimbundu significa unione. Oltre agli africani fuggitivi, ospitavano indigeni, musulmani ed europei esclusi dal progetto coloniale. I quilombos erano fondati in luoghi di difficile accesso e organizzati come piccoli stati con leggi e norme proprie.
Tra essi il quilombo di Palmares fu il più grande nucleo di resistenza per estensione e durata e diede i natali a Zumbi dos Palmares, eroe e simbolo di lotta contro la schiavitù. Fondato nel 1597 nella Serra da Barriga, all’epoca capitania del Pernambuco (attuale stato di Alagoas), Palmares occupava un’area grande quasi come il Portogallo e rimase attivo per quasi 100 anni.
Fu la prima Repubblica democratica libera, con 30mila abitanti, 11 villaggi (mocambos) e 1.500 case. Aveva una giurisdizione propria e non esistevano poveri perché il possesso della terra era collettivo e la divisione dei suoi prodotti era egualitaria. Si svilupparono agricoltura, artigianato e commercio.
Dal 1602 al 1694 furono intraprese diverse spedizioni per distruggere Palmares, sia dai portoghesi che dagli olandesi, che nel 1630 avevano invaso il Pernambuco. Durante una di queste spedizioni, nel 1662, molti abitanti furono uccisi e altri fatti prigionieri. Tra loro c’era un bimbo di sei anni circa che fu catturato e portato nel distretto di Porto Calvo, dal padre gesuita Antonio Melo che lo battezzò col nome di Francesco e gli insegnò a leggere e scrivere, in portoghese e latino.
Francisco crebbe trattato come un figlio ma soffriva nel vedere gli africani umiliati e uccisi nelle piazze. Comprese che la cosa più importante non era vivere libero ma lottare per la libertà dei suoi fratelli. Perciò a 15 anni tornò nel villaggio dove era nato, libero. Qui ricevette il nome di Zumbi. Si fece notare subito per destrezza e astuzia.
A 20 anni era già un rispettato stratega militare. Nel 1678 Pedro de Almeida, governatore della Capitania di Pernambuco, stanco del lungo conflitto, si riappacificò con i leader di Palmares offrendo libertà a tutti gli schiavi fuggitivi, a condizione che si sottomettessero alla corona portoghese. Il leader Ganga Zumba voleva accettare, ma Zumbi rifiutò la proposta perché avrebbe favorito la continuità del regime di schiavitù. Fu così acclamato nuovo leader. Le lotte si protrassero.
Il 6 febbraio 1694 venne distrutta la capitale Macaco e Zumbi, ferito, riuscì a fuggire nella foresta ove resistette per più di un anno. Lo uccisero nella battaglia del 20 novembre 1695. Fu squartato e la sua testa esposta fino alla completa decomposizione nella piazza pubblica di Recife, per impaurire gli schiavi e smentire la leggenda secondo cui Zumbi era immortale. Dal 2003 la data della sua morte è inclusa nel calendario nazionale come celebrazione della Giornata della coscienza negra.
Qualunque sia la traduzione del suo nome – dio della guerra, morto vivo, forza dello spirito presente – Zumbi dos Palmares resta ancora oggi il maggior simbolo della resistência negra alla schiavitù. Sono passati secoli ma la sua memoria permane e la sua storia è raccontata orgogliosamente dagli abitanti della regione dove lottò e si immolò per la libertà.
Identificare, propagare e mantenere viva l’importanza di Zumbi significa lottare contro il razzismo, significa educare e offrire alle generazioni attuali e future un modello di dignità che riconosce l’importanza dell’apporto degli afrodiscendenti alla storia del Brasile.