Kenya: ucciso Edwin Chiloba, attivista per i diritti Lgbtq+ - Nigrizia
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L'accusa degli altri attivisti: "Il governo non ci protegge". In Kenya, per l'omosessualità si rischiano fino a 14 anni di carcere. E nel resto del continente va anche peggio.
Kenya: ucciso Edwin Chiloba, attivista per i diritti Lgbtq+
09 Gennaio 2023
Articolo di Redazione
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Edwin Chiloba/Facebook

Il suo corpo è stato trovato in una scatola di metallo abbandonata sul ciglio della strada: è così che è stata scoperta la morte di Edwin Chiloba, un giovane stilista molto seguito sui social e noto per la sua lotta a favore dei diritti Lgbtq+.  

La polizia ora indaga e ha arrestato, finora, quattro persone, tra cui un caro amico della vittima, il principale sospettato. Nonostante le forze di sicurezza abbiano dichiarato che potrebbe trattarsi di un delitto di gelosia, i membri della comunità lgbtq+ kenyana sono insorti, accusando il governo di non proteggerli.  

Quello di Edwin non è infatti un caso isolato: in Kenya già nel 2021 si erano verificati due omicidi del genere, il primo ai danni di una donna transgender, Erica Chandra, il secondo contro un altro attivista, John Mosoti. Un anno fa, ancora, erano scoppiate le proteste per l’uccisione di Sheila Lumumba, donna lesbica di 25 anni, per la quale era diventato virale l’hashtag #juticeforSheila.  

Tra le principali accuse degli attivisti contro il governo, c’è il fatto che In Kenya non esistono leggi che proteggano le persone Lgbtq+ dalle violenze causate dalla discriminazione. Non solo: esistono invece leggi che ancora definiscono illegale ogni tipo rapporto omosessuale, per il quale si può ancora venire condannati fino a 14 anni di carcere.

Sembra anacronistico, per un paese dove l’attivismo su questo fronte è sempre più fervido e vivace. Proprio a questo proposito, lo scorso ottobre è stata ospitata al Festival dell’Internazionale, a Ferrara, la fondatrice del podcast kenyano “AfroQueer” Sally Thiam, che vive tra Los Angeles e Nairobi. Thiam ha raccontato proprio della difficoltà, in Kenya, di coordinare il rispetto della legalità con il suo lavoro, che interessa e coinvolge un numero sempre maggiore di giovani. Nonostante la società dimostri una maggiore apertura, la legge che condanna l’omosessualità rimane immutata. 

Non è migliore la situazione nel resto del continente: l’Angola e il Sudafrica sono gli unici ad avere introdotto una legge contro le discriminazioni delle persone Lgbtq+. Per il resto, ancora in quasi due terzi dei paesi l’omosessualità è un crimine. In alcuni stati della Nigeria si rischia addirittura la morte per lapidazione. Tuttavia, anche laddove non esistono leggi specifiche, si può venire condannati per depravazione, o atti immorali.

La repressione scatta anche, a volte, per futili motivi: è il caso dell’Algeria, dove qualche giorno fa sono stati ritirati dal mercato dei giochi per bambini, accusati di fare propaganda ai movimenti Lgbtq+ per via dei loro colori. Lo scorso settembre, in Uganda, dove per l’omosessualità si rischia l’ergastolo, era stato sospeso (e poi riabilitato con regole rigide) lo Nyege Nyege, un grande festival di musica elettronica che aveva attirato più 8mila partecipanti dall’estero, perché accusato di essere ricettacolo di immoralità, nonché luogo di reclutamento di nuovi giovani per la comunità Lgbtq+.  (AB)

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