
Thomas Alexandre Davy de la Pailletterie (1762-1806), era il figlio illegittimo di un proprietario di piantagione di canna da zucchero di Santo Domingo di origine normanna e di una delle sue schiave, Maria Cessette Dumas (1714-1786 circa) originaria dell’Africa, che, come molti schiavi, non aveva un cognome riconosciuto e veniva chiamata “femme du mas” (donna della masseria). Spesso in contrasto con le idee del padre, decise di abbandonare il cognome paterno, assumendo quello della madre: Dumas.
Considerato “mulatto”, secondo la classificazione dell’epoca, Thomas Alexandre partecipò ai moti rivoluzionari del 1789 e divenne amico di Napoleone che in seguito lo nominò generale. Il primo con la pelle scura. Fu lui a ispirare al figlio Alexandre Il conte di Montecristo. Sì il celebre autore de I tre moschettieri e di Vent’anni dopo era anche lui “mulatto” e sebbene potesse vantare solide ragioni per sentirsi pienamente francese, visto che alcuni dei suoi capolavori letterari sono divenuti patrimonio fondamentale della cultura d’Oltralpe, c’era chi lo disprezzava, perché la sua carnagione non era abbastanza chiara
Uno dei padri della letteratura francese portava quindi il cognome di una schiava nera ed aveva origini afro-caraibiche che si riflettevano nei suoi tratti somatici. Per questo divenne spesso oggetto di critiche, che definivano la sua prosa “da selvaggio” ed è celebre lo scambio di battute che ebbe un giorno con un signore che lo paragonò a una scimmia. «Sì, mio padre era un mulatto, mio nonno un negro e il mio bisnonno una scimmia. Come vede, signore, la mia famiglia comincia dove la sua finisce» fu la brillante risposta di Dumas.
L’ironia e il sarcasmo si rivelano armi per controbattere affermazioni razziste. Poiché, quasi sempre, ogni espressione di razzismo si fonda su presupposti falsi e irrazionali, una risposta razionale non sortisce alcun effetto, perché corre su un binario parallelo, senza mai incontrare il ragionamento del razzista. Ecco allora che la battuta spiazza più della reazione logica: non prevede risposta, se non tramite un’altra battuta, ma difficilmente un razzista è capace di senso dell’umorismo. L’umorismo richiede intelligenza e l’intelligenza non è compatibile con il razzismo.