La situazione coloniale e altri saggi - Nigrizia
Libri
Georges Balandier (Traduzione e introduzione di Alice Bellagamba e Rita Finco)
La situazione coloniale e altri saggi
17 Giugno 2022
Articolo di Marco Aime
Tempo di lettura 3 minuti

George Balandier, antropologo francese piuttosto conosciuto che ci ha lasciati sei anni fa, è sempre stato un raffinato osservatore delle trasformazioni sociali presso quei popoli che ancora nel primo dopoguerra venivano definiti “primitivi”. Attento ai cambiamenti, ha formulato un’antropologia politica che si poneva per certi versi in contrasto con molti suoi contemporanei che, spesso, nelle loro descrizioni usavano il “presente etnografico”, sospendendo così le società che descrivevano in una sorta di bolla astorica, destinata a perpetuarsi sempre uguale a sé stessa.

Tra le principali cause di mutamento, inoltre, spiccava il colonialismo, con cui molti antropologi non hanno fatto davvero i conti fino in fondo. Infatti, l’antropologia, e in particolare quella africanista, si sono sviluppate e hanno conosciuto una sorta di “età d’oro” proprio durante il periodo coloniale, nel corso del quale venivano stanziati molti fondi per le ricerche sulle popolazioni colonizzate. Questo ha creato un certo disagio in non pochi ricercatori, essendo l’antropologia orientata a dare pari dignità a tutte le culture e pertanto in contrasto con uno sguardo coloniale che, a seconda dei casi, oscillava tra il paternalismo e la discriminazione più netta.

È questo il nucleo centrale della riflessione che lega i quattro saggi contenuti nel libro: i primi tre risalgono agli anni Cinquanta – dunque ancora in era coloniale, ma all’alba delle indipendenze – mentre il quarto è del 2001. Dalle analisi di Balandier emerge, in modo quanto mai evidente, come le società africane, sebbene assoggettate e rese dipendenti, non abbiano accettato passivamente il modello dominante.

Al contrario, in molti casi hanno dato vita a situazioni di sincretismo, inglobando elementi esterni e allo stesso tempo coniugandoli con dati tradizionali. Una tendenza, questa, a cui peraltro i fang del Camerun, studiati da Balandier, ma anche altre popolazioni africane, erano già abituati, grazie ai frequenti interscambi di carattere sociale e culturale tra gruppi etnici diversi. Così i fang accettavano i feticci più potenti delle altre popolazioni, per convenienza. Allo stesso modo in cui facevano propri certi aspetti del modello coloniale, laddove si rivelavano utili per loro.

Accade così che certi processi, dati per scontati, riservino non poche sorprese. Per esempio, tra alcune popolazioni di confine del Camerun, la quasi totale adesione alla religione cristiana, non ha portato a una maggior pratica della monogamia: per i boulou si poteva essere tranquillamente cristiani e poligami. Si accetta la società dominante, nella misura in cui consente di ottenere dei vantaggi, anche se questo comporta, a volte, una trasformazione della società tradizionale. In alcuni casi, dunque, si è assistito a una sorta di “collaborazione” ambigua, dove gli interessi dell’uno si confondevano con quelli dell’altro. In altri casi, invece, l’accettazione è stata passiva, vissuta quasi con indifferenza o con rassegnazione.

Cambiamento, movimento, intreccio, queste sembrano essere le parole chiave nella lettura che l’autore fa della situazione coloniale. Non un semplice stato di dominio univoco e uguale in ogni situazione. L’importante contributo dato da Balandier, sta proprio in questa varietà di reazioni messe in luce, che ci restituisce un affresco in cui i colonizzati non sono sempre passivi e quando reagiscono, lo fanno in modo diverso.

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