Le nuove guerre del calcio - Nigrizia
Libri
Marco Bellinazzo
Le nuove guerre del calcio
Feltrinelli, 2022, pp. 368, € 22,00
14 Aprile 2023
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 3 minuti

L’Amaan Stadium di Zanzibar è stato inaugurato nel lontano 1970. Nel 1977 è toccato al Mogadishu Stadium. Gli impianti regalati al governo del Senegal sono stati addirittura dodici. In totale in tutta l’Africa se ne contano oltre cinquanta. È la stadium diplomacy attraverso cui, negli ultimi decenni, la Cina ha fatto breccia nel continente africano, guadagnandosi la fedeltà dei suoi governanti e comprandosi con il calcio il favore dell’opinione pubblica.

Del calcio come strumento di soft power si è sentito parlare tanto durante gli ultimi Mondiali in Qatar. Nel libro Le nuove guerre del calcio Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore per cui cura anche il blog Calcio & Business, posiziona la questione al centro di un rettangolo di gioco dai confini incerti, in cui gli interessi di potenze calcistiche vecchie – l’Europa e il Sudamerica – e nuove – il Golfo Persico e l’Estremo Oriente – si mescolano e spesso si scontrano, finendo con lo snaturare l’essenza dello sport più amato del pianeta.

Di tutto ciò l’Africa resta spettatore per lo più passivo. Eppure avrebbe i numeri per giocare, in questo nuovo calcio, un ruolo diverso. L’area Mena (Medioriente e Nordafrica) rappresenta il bacino di utenti di questo sport più ambito. Qui infatti risiede un’ampia fetta di popolazione molto giovane, la cosiddetta “Generazione Z”, in costante crescita e, soprattutto, sempre più iperconnessa. Per non parlare delle migliaia di talenti grezzi di cui il continente è disseminato al di sopra e al di sotto del Sahara.

Che l’Africa, e più in generale i 450 milioni di persone che appartengono al mondo arabo, rappresentino un affare irrinunciabile per il mondo del calcio, è convinto il numero uno della Fifa Gianni Infantino. Il quale, già nel febbraio 2020, aveva lanciato l’ipotesi di una Superlega africana: «Un torneo con 24 squadre divise in tre raggruppamenti macroregionali (Nord, Centro-Ovest e Sudest), con una fase a gironi e poi match a eliminazione diretta che, secondo la Fifa, potrebbe generare introiti fino a 3 miliardi di dollari in un ciclo di cinque anni», scrive Bellinazzo.

Ma la vera posta in palio a cui punta Infantino è la proposta della Coppa del mondo biennale, piano che piace molto ai paesi africani che così avrebbero maggiori chance di qualificarsi alle fasi finali e anche di ospitare future edizioni. Per perorare la causa Infantino ha usato sapientemente l’argomento dell’inclusione: «Dobbiamo includere l’intero mondo, per dare speranza ad esempio agli africani in modo che non debbano attraversare il Mediterraneo per trovare forse una vita migliore, ma più probabilmente la morte in mare». Belle parole che però non tradiscono il vero obiettivo del capo della Fifa: più Mondiali significherebbe più partite e più introiti dai diritti televisivi. Soldi di cui il vecchio calcio, quello europeo, ha disperato bisogno per non andare in bancarotta.

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