Il padre dell’autore si chiamava Araya, nacque in Eritrea nel 1936 e fu mandato in Italia, alla fine degli anni ’50, da suo padre che intendeva assicurargli un’istruzione e futuro meno tribolato. Araya ha fatto il suo percorso, ha sposato un’italiana e ora non c’è più. Questo saggio in forma di conversazione è dedicato a lui, suddito del colonialismo italiano, dal figlio Alessandro, scrittore, attore e regista teatrale, nato a Napoli nel 1968.
Un figlio che ha tante domande da porgli sulle vicende coloniali in Eritrea e in Etiopia, che gli storici considerano un crimine contro l’umanità ma che le istituzioni e l’opinione pubblica italiana hanno bellamente collocato nel dimenticatoio. Tanto che vie e piazze di Roma e di molte città italiane sono dedicate a “condottieri” delle imprese coloniali, senza nessuna specificazione sul significato e sulle feroci modalità di quelle imprese.
In queste pagine, scritte da un discendente dei colonizzati, c’è mondo di rinfrescarsi la memoria. Si ripercorrono tre ambiti: quello delle circostanze che hanno innescato l’azione coloniale nel Corno d’Africa; quello della corsa a ostacoli che Eritrea ed Etiopia hanno dovuto percorrere dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi; quello, più personale, delle difficoltà che Alessandro, i suoi due fratelli e i genitori si sono trovati di fronte. Un «viaggio sulla carta», cosi lo definisce l’autore, che guarda al futuro.