Albert Nolan, teologo in lotta per un nuovo Sudafrica - Nigrizia
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Il ricordo del padre domenicano anti-apartheid
Albert Nolan, teologo in lotta per un nuovo Sudafrica
Il teologo e biblista sudafricano si è spento il 17 ottobre nella sua casa a Boksburg. Nei suoi 88 anni di vita lottò contro il regime segregazionista dentro e fuori la Chiesa
19 Ottobre 2022
Articolo di Giuseppe Cavallini
Tempo di lettura 3 minuti

Padre Albert Nolan, domenicano sudafricano noto per essere stato una figura rilevante, sia in ambito ecclesiale che socio-politico, nell’era dell’apartheid, è spirato serenamente nel sonno il 17 ottobre, a Boksburg.

Nato a Città del Capo nel 1934, era entrato nel suo istituto nel 1954. Teologo e biblista di fama, Nolan aveva conseguito il suo dottorato a Roma nel 1963, negli anni del Concilio Vaticano II. Lavorò molti anni come cappellano, soprattutto tra i giovani studenti dei college e università sudafricani, nel periodo in cui si formò e si consolidò il movimento della Coscienza Nera.

Nel 1977 contribuì alla creazione e cura dei Giovani studenti cristiani (Younger Christian College students – Ycs), dopo aver preso parte a Lima, in Perù, nel 1975, al Movimento mondiale degli studenti cattolici, dove venne introdotto il metodo del Vedere-Giudicare-Agire nell’analisi della realtà.

Rimase allora impresso da Gustavo Gutièrrez, che più tardi sarebbe divenuto pure domenicano e fondatore della Teologia della Liberazione.

Fino al 1984 Nolan fu cappellano nazionale dei Giovani studenti, assumendo poi un importante ruolo nell’attività clandestina a favore dell’African national congress (Anc, attuale partito di governo in Sudafrica) e prendendosi cura soprattutto degli attivisti anti-apartheid vittime dell’attività repressiva della polizia di regime.

Il suo impegno riguardava l’organizzazione di logistica, trasporti e comunicazioni interne tra i gruppi antigovernativi, cercando tra l’altro luoghi di rifugio in cui gli attivisti ricercati dalla polizia trovassero riparo. Ebbe modo così di conoscere numerose personalità della lotta contro l’apartheid dopo che Nelson Mandela venne incarcerato a Robben Island.

Nel 1976, nominato superiore provinciale dei domenicani, si trasferì a Johannesburg il 16 luglio, giorno che ricorda il tragico anniversario della ‘ribellione di Soweto’.

Pur se in clandestinità, negli anni Ottanta Nolan, come teologo, pubblicò opere di rilievo come God in South Africa (Dio in Sudafrica), il risultato – come da lui dichiarato – del “fare teologia in un contesto specifico”, e Jesus in this time (Gesù in questo tempo), nel quale descrive la spiritualità di Gesù come “frutto dell’unità con Dio, con noi stessi, con gli altri e con l’universo”.

Noto anche come conferenziere, molti dei suoi interventi vennero raccolti dal suo confratello Stan Muyebe in una pubblicazione dal titolo Hope in an Age of Despair (Speranza in un’epoca di disperazione).

Un tema caro a Nolan era l’impegno ecumenico delle chiese, che lo pose in stretta relazione e amicizia con leader religiosi quali Frank Chikane, Dr Beyers Naudé and Reverend Cedric Mayson, come lui coinvolti nella lotta contro l’apartheid.

Nolan entrò nel mirino della polizia col rischio di essere arrestato nel 1985, per aver guidato con Frank Chikane, dell’Istituto per la teologia contestuale (Ict), il percorso che portò all’elaborazione del documento Kairos, frutto della riflessione di teologi della base di Soweto e Johannesburg.

Il documento criticava con chiarezza il ruolo delle chiese nell’apartheid, smantellando ogni giustificazione teologica del razzismo e del totalitarismo e proponendo in alternativa una ‘teologia profetica’ ispirata alla Teologia della Liberazione latino-americana.

Nell’ambito della Chiesa cattolica veniva regolarmente invitato a offrire ritiri e conferenze negli ultimi dieci anni di apartheid, quando la Convenzione della conferenza episcopale cattolica del Sudafrica era guidata dal noto arcivescovo Denis Hurley.

Nel 2003 padre Nolan venne insignito dal presidente Thabo Mbeki dell’“Order of Luthuli in Silver” per avere “Dedicato la sua intera vita alla lotta per la democrazia, i diritti umani e la giustizia, e per aver sfidato il ‘dogma religioso’ che dava giustificazione teologica al regime di apartheid”.

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