Arena di Pace 2024. Seminatori di cambiamento
Alex Zanotelli Ambiente Arena di Pace 2024 Migrazioni Pace e Diritti
Fermoposta / Gennaio 2024
Arena 2024. Seminatori di cambiamento, riprendiamo il cammino
Il 18 maggio, presente papa Francesco, l’Arena di Verona tornerà a essere un laboratorio per sviluppare percorsi di pace e per salvare il pianeta. Si sta lavorando su pace e disarmo, ecologia integrale, migrazioni, lavoro, democrazie e diritti, stili di vita
22 Gennaio 2024
Articolo di Alex Zanotelli
Tempo di lettura 3 minuti
Arena di pace, 25 aprile 2014 (Credit: Michele Dotti)

Questo articolo è uscito nel numero di Nigrizia di gennaio 2024

Caro Alex,
il vescovo di Verona Domenico Pompili qualche settimana fa ha annunciato che si sta organizzando per il prossimo 18 maggio una Arena di Pace a Verona dopo dieci anni da quella del 2014 cui avevo partecipato con entusiasmo. Ho saputo dell’adesione di molte associazioni sia ecclesiali che laiche. La novità grande, l’annuncio ufficiale, sarebbe la presenza di papa Francesco. Immagino che sei anche tu tra gli organizzatori. Vorrei chiederti una valutazione sulle motivazioni di questa iniziativa e la sua importanza in questi tempi drammatici. (Antonello Clerici)


In una recente conferenza stampa il vescovo di Verona, monsignor Domenico Pompili, ha annunciato che il 18 maggio prossimo si terrà in Arena una grande assemblea pubblica, alla quale parteciperà anche papa Francesco. Molti come te si chiedono da dove venga questa idea e quale scopo abbia.

I più anziani si ricorderanno delle Arene di Pace degli anni ’80 e ’90, promosse da Beati i costruttori di pace del Triveneto (di cui facevo parte). Erano gli anni caldi della “guerra fredda” e della minaccia nucleare. Scrivemmo un appello, insieme a tanti cristiani impegnati del Triveneto, dal titolo “Beati i costruttori di pace”, in cui invitavamo credenti e laici a esprimere le propria cittadinanza e a compiere gesti coraggiosi come l’obiezione fiscale. L’appello suscitò una dura reazione dell’allora ministro della Difesa, Spadolini, che accusò «i preti rossi del Triveneto di attentare alla sicurezza dello stato».

È in questo contesto che nacque la prima Arena di Verona. Ne seguirono altre quattro: l’ultima dei Beati i costruttori di pace si tenne nel 1993 (poi ci fu l’Arena di pace e disarmo del 25 aprile 2014). Dato che vengo da questa pratica delle Arene, mi sono sempre chiesto perché non tentare di riprenderle in questo momento così difficile della storia umana. È chiaro però che i tempi non sono più quelli degli anni Novanta. Il mondo non ha mai visto così tante armi e guerre come oggi. Se la pace rimane centrale, altrettanto centrale è la guerra che facciamo al pianeta Terra, che non ci sopporta più. Ma è cambiata anche la società civile: siamo diventati una nazione di “sonnambuli”. Le nostre stesse democrazie occidentali sono diventate così fragili. E stiamo sperimentando un rigurgito di estrema destra che incarna il “suprematismo bianco”.

Tutto questo mi ha indotto a spingere i missionari comboniani, in particolare i responsabili della rivista Nigrizia, affinché prendessero seriamente in mano il rilancio delle Arene. A Nigrizia si sono aggiunte altre riviste missionarie come Missione Oggi, Mosaico di Pace, insieme ad Aggiornamenti sociali e al quotidiano Avvenire. Sarà un processo aperto ai grandi movimenti popolari in Italia e alle realtà associative che parteciperanno ai sei laboratori individuati: pace e disarmo, ecologia integrale, migrazioni, lavoro, democrazie e diritti, stili di vita (coordinati dal fratello comboniano Antonio Soffientini). Un modello sperimentato negli incontri dei movimenti popolari di papa Francesco. L’obiettivo è quello di creare «seminatori di cambiamento, promotori di un processo (…) compiti imprescindibili per camminare verso un’alternativa umana di fronte alla globalizzazione dell’indifferenza» (papa Francesco).

Questa Arena 2024 non deve essere un evento, ma l’inizio di un cammino. Infatti, i comboniani hanno chiesto sia al vescovo di Verona sia al sindaco della città scaligera che si tenga ogni due anni per avviare processi di discernimento collettivo che maturino nei territori, un discernimento che porti frutti di giustizia e non si limiti a semplici astrazioni. Mai come in questo momento, forse il più critico della storia umana, c’è bisogno di tali processi di pensiero e azione per salvare la vita su questo pianeta.

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