Il diritto di non emigrare - Nigrizia
Libri Migrazioni
Maurizio Pallante
Il diritto di non emigrare
Lindau, 2020, pp. 134, € 13,00
14 Gennaio 2021
Articolo di Jessica Cugini
Tempo di lettura 3 minuti
IldirittodiNonMigrarei

Maurizio Pallante, come recita la quarta di copertina, si conferma in questo libro «un eretico e un irregolare della cultura». Non gira attorno alle parole e, in poco più di cento pagine, offre un’analisi lucida e critica su cosa muove un fenomeno complesso e storico come le migrazioni: l’ipocrisia dei paesi ricchi che necessitano di consumatori e braccia per mantenere il proprio benessere. Una ipocrisia che non conosce colore o bandiere politiche.

Perché sia che si sia del partito dei porti chiusi e dell’“aiutiamoli a casa loro”, sia che si appartenga a quelli dell’accoglienza interessata, che si basa non sulla solidarietà ma sulla convenienza – i migranti ci servono, servono alle nostre economie, al Pil, alle famiglie, alle fabbriche, ecc. – o a quelli dell’accoglienza disinteressata che denuncia le sofferenze sottolineando il dovere etico e di giustizia dell’accoglienza di tutte e tutti, nessuno escluso, si finisce comunque per contribuire a incrementare la consueta cultura dei paesi ricchi e industrializzati che mai si assumono l’impegno di attenuare le cause delle immigrazioni e il diritto dei popoli più poveri a non emigrare.

Le migrazioni, per le politiche occidentali, sono sempre un fenomeno emergenziale cui rispondere con il contenimento di quelle eccedenze che non ci servono e vanno quindi respinte.

D’altra parte, afferma Pallante, attenuare le cause delle migrazioni richiederebbe un cambio di rotta storico, capace di segnare una svolta da quella strada oramai secolare, solcata a partire dalla rivoluzione industriale della seconda metà del ’700, che vede il passaggio da una economia di sussistenza a una mercificata, da una società agricola e artigianale a una urbana e industriale, dal denaro non più mezzo attraverso cui avvengono gli scambi ma unico fine delle attività produttive.

Un discorso che si allarga e comprende anche quei paesi definiti “sottosviluppati” rispetto a questa rivoluzione, che però sono stati inglobati dalla cultura del consumo e della mercificazione con la compravendita ed esproprio delle terre per le monoculture, con il saccheggio delle risorse necessarie ai paesi più ricchi per accrescere e sostenere una economia che non intende conoscere arresto. Con l’inevitabile fuga verso quell’eldorado mostrato come modello di crescita univoca, che prevede la realizzazione di sé nel consumo e nel possedere le cose.

Le migrazioni, a leggere Pallante, continuano a essere espressione di una economia predatoria e non finiranno finché non saranno i paesi ricchi a cambiare le finalità della propria economia e a fornire ai paesi di partenza dei migranti capitali e assistenza tecnica, atti a ripristinare condizioni ambientali e sociali che permettano ai popoli di vivere secondo una loro economia che non può avere come riferimento il modello occidentale. Un esempio su tutti, il Burkina Faso di Thomas Sankara.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it