Mozambico: la riserva di Niassa minacciata dal bracconaggio
Ambiente Malawi Mozambico
La centrale dei traffici illeciti nel vicino Malawi
Mozambico: la riserva di Niassa minacciata dal bracconaggio
Nonostante gli sforzi di conservazione, negli oltre 40mila chilometri quadrati di area protetta sono tornati a fiorire il traffico di animali selvaggi, l’estrazione illecita di pietre preziose e il taglio di legname pregiato. A preoccupare è anche l’uso di un pesticida proibito
26 Luglio 2023
Articolo di Luca Bussotti
Tempo di lettura 4 minuti

È la riserva naturale più importante del Mozambico, quella di Niassa (REN), con un’estensione di 42mila Km², tutta concentrata nel nord del paese, fra le province di Cabo Delgado e, soprattutto, Niassa.

Una riserva che ha attraversato lunghi periodi di crisi gestionale, ma che oggi, col nuovo direttore, il dottor Terêncio Tamele, sta cercando di far convivere la necessità di protezione naturalistica con le esigenze dei vari soggetti che operano e vivono all’interno dell’area naturale.

Un compito arduo, visti i molteplici interessi, leciti e illeciti, e la notevole estensione di questo vasto territorio che, a causa delle scarse forze a disposizione, risulta difficilmente controllabile.

Il ruolo degli Stati Uniti

Chi ha cercato, dal 2015, di collaborare col governo mozambicano per la protezione di questa importantissima area di conservazione naturale è stato il governo americano.

In quell’anno fu firmato un accordo di co-gestione della riserva fra autorità del Mozambico ed enti specializzati americani, in particolare l’USAID (l’agenzia di cooperazione statunitense) e l’INL (Ufficio del dipartimento di Stato sui narcotici internazionali e l’applicazione della legge).

Investimento previsto: circa 28 milioni di dollari, con risultati, almeno fino a pochi mesi fa, soddisfacenti: soltanto un elefante abbattuto dal 2018 al 2022, 22 condanne di per infrazioni di vario tipo all’interno della riserva e buoni risultati anche rispetto al traffico di legname.

Da qualche mese, però, la situazione è andata peggiorando, per due ragioni fondamentali.

Da un lato – secondo testimonianze raccolte sul posto – alcune componenti delle comunità locali si sentono emarginate rispetto al modello gestionale deciso dai governi mozambicano e statunitense, cosa che sta mettendo a rischio le basi stesse di abitudini consolidate.

Dall’altro c’è la ripresa in grande stile di attività e traffici illeciti all’interno della riserva che stanno alimentando mercati regionali, ma anche internazionali.

Fra questi, bracconaggio, estrazione illegale di minerali preziosi, taglio ed esportazione di legna pregiata, uso di pesticidi vietati.

Di fronte a una simile controffensiva, i mezzi del direttore Tamele sono scarsi e, nonostante la sua lunga esperienza in materia di lotta ad attività illecite (è uno dei massimi specialisti di antiterrorismo in Mozambico), la situazione sta sfuggendo di mano.

Il ritorno del bracconaggio

La Global Initiative Against Transnational Organized Crime (GI-TOC) ha lanciato pochi giorni fa un allarme rispetto a quanto sta accadendo nella REN.

Dopo 30 mesi di investigazioni, la conclusione è stata che nella riserva il traffico di animali selvaggi è fiorente, così come l’estrazione illecita di pietre preziose e l’uso di un pesticida proibito in Mozambico.

A renderlo noto è stato il quotidiano del Malawi The Times, il 15 luglio scorso.

Un’insignificante località al confine fra Malawi e Mozambico, Mandimba, risulta essere il crocevia di traffici internazionali illeciti che vedono la REN come loro epicentro.

Ricevendo richieste da tutto il mondo, dal Malawi partono gli ordini affinché dalla REN vengano portati via avorio, scaglie di pangolino, usate per la medicina cinese (anche se ufficialmente vietate dal 2020, pur se con diversi dubbi), denti e artigli di leone.

Le modalità con cui ciò avviene sono sostanzialmente due.

La prima è quella classica, fatta di caccia furtiva che una serie di complicità permette di effettuare all’interno della REN.

Ma, ultimamente e sempre di più, è utilizzato un sistema di avvelenamento anche di grandi animali come i leoni, basato sul Temik (in Malawi Termik), un insetticida della Bayer utilizzato in agricoltura vietato in Mozambico (e negli Stati Uniti dal 2010), ma che continua a essere usato in Malawi, dove quindi è facilmente reperibile.

L’altra fronte recente di attività criminali all’interno della riserva riguarda l’avvelenamento, con pesticidi, di acque nel posto amministrativo di Marangira, distretto di Marrupa.

In questo caso – ancora non si è capito se con legami rispetto ai traffici internazionali di cui sopra, o se per la semplice iniziativa di soggetti locali – tale azione sarebbe finalizzata alla cattura di preziose risorse ittiche, minacciando però direttamente anche le popolazioni locali, che usano le acque fluviali avvelenate per le loro necessità quotidiane.

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