Olimpiadi, cosa aspettarsi dall’Africa - Nigrizia
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XXXII Giochi Olimpici Tokyo 2020
Olimpiadi, cosa aspettarsi dall’Africa
Consolidare gli antichi feudi, ma anche lanciare l’assalto a nuove intriganti gare e discipline. La campagna nipponica del continente passa anche da talenti e nazioni “inedite”
23 Luglio 2021
Articolo di Matteo Viscardi
Tempo di lettura 4 minuti
Tokyo-Olympic-stadium

La XXXII Olimpiade della storia moderna, in programma dal 23 luglio al 8 agosto ufficialmente nella capitale giapponese Tokyo – dislocata però, in quanto a sedi gara, su diverse prefetture nipponiche – è scattata poche ore fa, dopo un’infinita serie di peripezie, rinvii (avrebbe dovuto svolgersi un anno prima), minacce di cancellazione e ritiri “ritirati” (come il clamoroso doppio dietrofront dalla Guinea Conakry, prima chiamatasi fuori e poi tornata in pista), sempre, purtroppo, con la spada di Damocle del Covid pendente sulla testa.

Un’edizione in cui l’Africa si presenta per provare a consolidare i propri punti di forza (il Kenya si affermò come quindicesima forza mondiale a Rio, soprattutto grazie all’atletica), lanciando al contempo però anche atleti di discipline e nazioni non sempre avvezze ai grandi traguardi.

Nonostante le nazioni del continente non possano competere – per ovvie debolezze strutturali – con super potenze dello sport mondiale al vertice del medagliere, da ormai un ventennio abbondante l’Africa è quantomeno tra le grandi protagoniste dell’atletica leggera (81 dei 116 ori complessivi africani nella storia olimpica sono arrivati dal track&field, compreso il primo del sudafricano Reggie Walker, nei 100 m piani a Londra 1908, mentre il primo a squadre fu quello delle ragazze dello Zimbabwe nell’hockey prato nel 1980), che anche in questo 2021 dovrebbe rappresentare il palcoscenico con maggiori lustrini e pailettes per gli atleti del continente.

Complice la straordinaria competizione portata da europei ed oceanici sul mezzofondo (dagli 800 m ai 10 km), antico feudo dei corridori provenienti dagli altipiani dell’Est – che potranno comunque fare la voce grossa, anche con la star kenyana delle maratone Eliud Kipchoge, seppure insidiati qua e là da norvegesi (Ingebritsen) ed olandesi (Hassan) -, la stella del continente potrebbe tornare a brillare nella velocità.

Akani Simbine, sudafricano classe ’93 – all’apice dunque della carriera – è (con il suo tempo accreditato di 9.84 s, il secondo dell’anno) uno dei super favoriti al primo gradino del podio nei 100 m piani (podio da cui l’Africa manca dal 1996 con l’argento del namibiano Fredericks, visto che il nigeriano Francis Obikwelu ci salì nel 2004, ma da naturalizzato portoghese), mentre l’ivoriana Marie-Josee Talou è carta da medaglia tra le donne.

La suddetta stella, inoltre, potrebbe brillare anche con una luce nuova, regalando agli spettatori planetari anche la possibilità di sentire inni nazionali inediti. Tra i grandi favoriti per raccogliere medaglie d’oro, infatti, ci sono anche due atleti appartenenti a nazioni che non hanno mai vinto (almeno) un oro olimpico.

A Sudafrica, Etiopia, Kenya, Tunisia, Uganda, Marocco, Algeria, Burundi, Nigeria, Mozambico, Camerun, Zimbabwe, Costa D’Avorio ed Egitto, infatti, potrebbe presto aggiungersi anche il Burkina Faso, con le imprese rispettivamente del triplista Fabrice Zango (seconda misura dell’anno all’aperto con 17.82 m), dietro solo al cubano naturalizzato portoghese Pedro Pablo Pichardo.

Sogno infranto in tal senso, nelle ultime settimane, invece, per la Namibia, con Christine Mboma, giovanissima 400ista classe ’03, autrice del miglior tempo dell’anno e favorita per l’oro, esclusa dall’olimpiade per ‘iperandrogenismo’ (livelli di testosterone troppo elevati naturalmente), così come l’altra giovanissima collega e connazionale Beatrice Masilingi (a sua volta ’03, terzo tempo dell’anno).

Soddisfazioni in salsa africana potrebbero arrivare anche dal nuoto, con la sudafricana Tatjana Schoenmaker che parte con il miglior tempo al mondo nei 200 rana, e Chad Le Clos, versatile farfallista un tempo considerato erede di Michael Phelps, che, pur avendo perso lo smalto dei tempi migliori, può ancora provare a dire la sua in ottica medaglia tra 100 e 200 delfino.

E dal comparto degli sport di combattimento, dove tra lotta (con i nigeriani Blessing Oborududu e Odunayo Adekuoroye) e Taekwondo (con l’ivoriano Cheikh Cisse ed il nigeriano Abdoulrazak Alfaga) c’è ampio spazio per sognare in grande.

Tra gli sport di squadra, infine, non solo calcio, di cui si è già parlato nel dettaglio, ma anche grandi speranze africane nella pallacanestro, con la Nigeria, ricca di stelle Nba che va a caccia di un’impresa complessa – ma non impossibile, anche alla luce del recente successo in amichevole ai danni del favoritissimo team Usa (seppur in versione ridotta rispetto a quella a cinque cerchi) – per salire sul podio.

Medaglie che, invece, rappresentano l’obiettivo minimo dei Blitzboks (nome della squadra del Sudafrica di rugby 7s), autentica corazzata del torneo ovale – in lotta per il titolo con i fijiani volanti campioni in carica, team UK e Nuova Zelanda -, guidati da remoto da Neil Powell, allenatore risultato positivo al Covid allo sbarco in Giappone e costretto all’isolamento. Già, perché purtroppo a Tokyo, oltre agli avversari canonici, ci sarà, giorno dopo giorno, un altro avversario con cui tutti dovranno fare i conti: il Covid-19.

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