São Tomé e Príncipe chiede al Portogallo riparazioni per il periodo coloniale - Nigrizia
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Lo ha annunciato la ministra della cultura dello stato insulare, Isabel Abreu
São Tomé e Príncipe chiede al Portogallo riparazioni per il periodo coloniale
A Lisbona è d'attualità il dibattito sul tema. Contrasti fra il governo e il presidente de Sousa
03 Maggio 2024
Articolo di Redazione
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Il forte portoghese di São Sebastião a São Tomé. Foto dal profilo Flickr di David Stanley

Isabel Abreu, ministra dell’Istruzione e della Cultura di Sao Tomé e Principe, ha comunicato in settimana all’agenzia di stampa portoghese Lusa che il governo di cui fa parte elaborerà un piano per negoziare le riparazioni con il Portogallo relative agli anni del colonialismo. La faccenda sarà discussa in una riunione di gabinetto.

L’annuncio di Abreu giunge quando il tema delle riparazioni è al centro del dibattito politico portoghese. La questione, di cui si parla da anni, è tornata di attualità dopo che il presidente Marcelo Rebelo de Sousa è tornato di recente sulla questione ammettendo che Lisbona è responsabile dei crimini commessi durante la schiavitù transatlantica e l’era coloniale. Il capo dello stato ha suggerito che sia giusto considerare quindi di risarcire i paesi africani che sono stati sotto la dominazione coloniale portoghese. La linea di de Sousa non è condivisa dal nuovo governo che si è instaurato nel paese a inizio aprile.  L’esecutivo è di centro-destra – stesso orientamento politico del presidente –  ma ha fatto sapere che non ha intenzione di avviare alcun processo di riparazione economica nei confronti delle ex colonie. Il governo guidato dal primo ministro Luís Montenegro ha sostenuto invece che è necessario pensare a una riconciliazione.

La proposta partita da de Sousa è stata invece accolta positivamente dall’ambasciatore del Mozambico presso le Nazioni Unite Pedro Comissário Afonso. Secondo il diplomatico affrontare il passato è «già riparativo». Se si riuscisse ad «andare ancora oltre», ha affermato l’ambasciatore, «sarebbe ancora più importante». Il presidente di Capo Verde, Jose Maria Neves, dal canto suo, ha affermato che è necessario avviare un dialogo per «raggiungere un’intesa e un consenso su queste questioni». E il ministro brasiliano per l’uguaglianza razziale, Anielle Franco, ha detto che  il suo gabinetto è in contatto con il governo portoghese per discutere l’intera questione.

L’Onu è favorevole alle riparazioni 

Chi si oppone alle riparazioni sostiene, tra le altre cose, che gli stati e le istituzioni contemporanei non dovrebbero essere ritenuti responsabili della tratta degli schiavi. I sostenitori del risarcimento, al contrario, affermano che è necessario affrontare l’eredità della schiavitù, visto anche che gli stati contemporanei continuano a beneficiare della ricchezza generata da centinaia di anni di lavoro non retribuito e ottenuto tramite sfruttamento. L’idea di pagare dei risarcimenti o fare altre ammenda per la schiavitù transatlantica ha una lunga storia e rimane profondamente controversa, ma sta guadagnando slancio in tutto il mondo. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha affermato che le riparazioni sono necessarie per andare oltre «generazioni di esclusione e sfruttamento». Questa esortazione è contenuta anche in un report pubblicato dall’Onu lo scorso settembre. Nel documento si afferma: «Secondo il diritto internazionale, il risarcimento di qualsiasi danno economicamente valutabile, come appropriato e proporzionale alla gravità della violazione e alle circostanze di ciascun caso, può anche costituire una forma di riparazione». 

Quando le autorità di Lisbona fanno riferimento alle responsabilità del paese nella tratta degli schiavi parlano di una fase storica durata quattro secoli e che ha colpito oltre sei milioni di persone, sequestrate o comprate in Africa e deportate nei territori oltre Oceano, soprattutto in Brasile, dove a oggi risiede la più numerosa popolazione di origine africana del mondo. Questo terribile commercio di esseri umani ha coinvolto un’areale geografico molto ampio, che comprende i territori degli odierni Angola, Mozambico, Capo Verde, Sao Tomé e Principe, Brasile, Timor Est e di alcuni altri territori dell’Asia soggetti al dominio lusitano.

 

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