Sempre più ricchi gli sfruttatori del lavoro forzato - Nigrizia
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Lo calcola l'ILO in un rapporto: in dieci anni i profitti da questa pratica illegale sono aumentati del 37%
Sempre più ricchi gli sfruttatori del lavoro forzato
«Serve intervenire sulle cause del fenomeno». I guadagni maggiori vengono dallo sfruttamento sessuale
25 Marzo 2024
Articolo di Redazione
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Foto di Lance Cheung (USDA

Il lavoro forzato nell’economia privata genera 236 miliardi di dollari di profitti illegali all’anno in tutto il mondo: è uno dei dati più impressionanti a emergere dal più recente rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL/ILO).

L’importo totale dei profitti illegali derivanti dal lavoro forzato è aumentato di 64 miliardi di dollari (37%) a partire dal 2014. Un incremento drammatico questo, che è il risultato sia della crescita del numero di persone vittime di sfruttamento, in genere costrette ad accettare lavori senza porre condizioni, sia dall’accrescimento dei ricavi generati da questa pratica illegale. 

Europa e Asia centrale al primo posto 

Il rapporto dell’ILO stima che i trafficanti e i criminali che gestiscono questo mercato guadagnino quasi 10mila dollari per vittima, rispetto agli 8.269 dollari (al netto dell’inflazione) di dieci anni fa. I profitti illegali annuali derivanti dal lavoro forzato sono maggiori in Europa e Asia centrale (84 miliardi di dollari), seguiti da Asia e Pacifico (62 miliardi di dollari), Americhe (52 miliardi di dollari), Africa (20 miliardi di dollari) e Paesi arabi. Lo sfruttamento sessuale forzato a fini commerciali rappresenta più di due terzi (73%) del totale dei profitti illegali, nonostante rappresenti solo il 27% del numero totale di vittime del lavoro imposto privatamente.

Questi numeri si spiegano con l’enorme differenza nei profitti per vittima tra lo sfruttamento sessuale e altre forme di sfruttamento del lavoro forzato non statale: profitti di 27.252 dollari per vittima per il primo contro 3.687 dollari per vittima per il secondo.

Secondo il direttore generale dell’ILO, Gilbert F. Houngbo, «il lavoro forzato perpetua cicli di povertà e sfruttamento e colpisce al cuore la dignità umana. La situazione nel tempo non ha fatto che peggiorare. La comunità internazionale deve urgentemente riunirsi trovando strade concrete per porre fine a questa ingiustizia, salvaguardare i diritti dei lavoratori e sostenere i principi di equità e uguaglianza per tutti».

Tra il 2016 e il 2021 il numero di persone costrette al lavoro forzato è aumentato di 2,7 milioni. «Le persone costrette al lavoro forzato – ha aggiunto Houngbo – sono soggette a molteplici forme di coercizione, tra cui la detrazione deliberata e sistematica di parte del salario è tra le più comuni».

Rafforzare i quadri giuridici e lavorare sulle cause 

Il rapporto sottolinea l’urgente necessità di investimenti in misure di attuazione per arginare i flussi di profitto illegali e di portare davanti alla giustizia i colpevoli. Raccomanda di rafforzare i quadri giuridici, fornire formazione ai funzionari delle forze dell’ordine estendendo l’ispezione del lavoro ai settori ad alto rischio e un migliore coordinamento tra le forze dell’ordine del lavoro e quelle penali.

Tuttavia, il rapporto sottolinea che non è possibile porre fine al lavoro forzato solo attraverso misure di applicazione della legge. Le misure di contrasto, spiega l’ILO, devono far parte di un approccio globale che dia priorità all’affrontare le cause profonde del fenomeno e alla tutela delle vittime. Un quadro strategico per affrontare in modo sistematico il problema è delineato da un Protocollo del 2014 relativo alla Convenzione sul lavoro forzato – datata il lontano 1930 – e dalla Raccomandazione su misure supplementari circa il lavoro forzato pubblicata nel 2014.

 

 

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