9° sec.: sorge il regno di Kanem, che abbraccia l’islam nell’11° sec. 18° sec.: i sultanati del Sudan deportano schiavi dalle regioni lungo il fiume Ubangui. Dal 1780, anche i portoghesi partecipano al commercio schiavista. 19° sec.: belgi, britannici e tedeschi lottano per il controllo del territorio in cerca di materie prime. 1887: Francia e Belgio si dividono le terre lungo l’Ubangui. 1888: Parigi crea un’entità amministrativa, il Congo Francese, che, nel 1891, chiama Ubangui-Chari; inizia un trentennio di sfruttamento della manodopera e di sanguinarie repressioni.
1903: è creata la colonia. 1910: la colonia è annessa all’Africa Equatoriale Francese. 1920-30: violente proteste dei locali contro gli abusi delle società concessionarie francesi. 1946: l’Ubangui-Chari diventa territorio d’oltremare francese, con una propria assemblea e una rappresentanza nel parlamento francese; Barthélemy Boganda, prete cattolico, fondatore del Movimento per l’evoluzione sociale dell’Africa nera (Mesan), è il primo deputato a Parigi. 1949: Boganda assume il comando della lotta per l’indipendenza; i francesi cercano di screditarlo, corrompendo i suoi collaboratori.
1956: il nipote di Boganda, David Dacko, assume la direzione del Mesan, che degenera in un’agenzia controllata dai francesi; Abel Goumba forma il Movimento per l’evoluzione democratica dell’Africa Centrale (Medac), subito dichiarato fuorilegge da Parigi. 1957: il Mesan ottiene il controllo dell’assemblea territoriale; Boganda è presidente del Grande Consiglio dell’Africa equatoriale francese. 1958: nasce la Repubblica Centrafricana, con governo proprio, in seno all’Africa Equatoriale Francese; Boganda è primo ministro. 1959: Boganda muore in un misterioso incidente aereo.
1960, 13 agosto: indipendenza, con David Dacko presidente. 1962: il Mesan è l’unico partito consentito. 1964: Dacko, riconfermato presidente, riforma la costituzione per avere pieni poteri, epura gli elementi più progressisti del Mesan, si avvicina a Parigi e concede a compagnie statunitensi lo sfruttamento di giacimenti di uranio e cobalto; cala il sostegno popolare; grave crisi politica ed economica. 1966, 1° gennaio: il col. Jean-Bédel Bokassa destituisce Dacko e si dichiara presidente a vita (1972) e imperatore (dicembre 1976); i francesi lo sostengono finché conviene; rivolte popolari soppresse da militari zairesi inviati da Mobutu.
1979: un massacro di studenti scuote l’opinione pubblica mondiale; 20 settembre: soldati francesi destituiscono Bokassa e riportano Dacko alla presidenza; la repubblica è restaurata, ma continuano corruzione e repressione dell’opposizione. 1981, 1° settembre: il gen. André Kolingba spodesta Dacko. 1984: amnistia per tutti i leader del partito. 1986, novembre: alla guida del Partito della ripresa democratica (Pcrd), Kolingba è eletto presidente; regime a partito unico; Bokassa, tornato dall’esilio in Francia, è arrestato e condannato a morte (1988), ma la sentenza è tramutata in ergastolo.
1991: riammessi i partiti. 1992, ottobre: Kolingba è sconfitto alle elezioni multipartitiche, ma la corte suprema annulla lo scrutinio per gravi irregolarità. 1993, settembre: Ange-Félix Patassé, ex primo ministro, sconfigge Kolingba al secondo turno delle elezioni presidenziali, ponendo fine a 12 anni di regime militare; prima di cedere il potere, Kolingba rilascia migliaia di prigionieri politici, tra cui Bokassa. 1996-7: due interventi militari francesi contro ribellioni di militari; la Francia ritira i suoi militari, sostituiti da truppe di pace africane. 1999: Patassé è rieletto, sconfiggendo Kolingba.
2000: scontri tra la guardia presidenziale e uno squadrone di militari; dicembre: sciopero generale e manifestazioni contro il presidente, accusato di corruzione. 2001, maggio: tentativo di colpo di stato da parte dell’ex presidente Kolingba (59 morti); intervengono truppe libiche e ribelli congolesi al fianco di Patassé; novembre: le forze governative tentano di arrestare il capo di stato maggiore, gen. François Bozizé, accusato di coinvolgimento nel golpe di maggio; feroci scontri tra l’esercito e le forze di Bozizé (migliaia di persone in fuga).
2002, febbraio: l’ex ministro della difesa, Jean-Jacques Demafouth, è chiamato in corto per difendersi da accuse circa un suo coinvolgimento nel tentato golpe del maggio 2001; ottobre: tentato golpe da parte di militari fedeli al gen. Bozizé; intervengono truppe libiche in aiuto di Patassé. 2003, marzo: mentre Patassé è all’estero, Bozizé occupa Bangui, si dichiara presidente e dissolve il parlamento; creato un governo di transizione; truppe francesi sostengono il golpista. 2004, dicembre: la nuova costituzione è approvata da un referendum.
2005: maggio, François Bozizé è dichiarato vincitore del secondo turno delle elezioni presidenziali; da giugno in poi: migliaia di persone fuggono dall’instabile regione del nord presso il Ciad; agosto: inondazioni nella capitale, Bangui, lasciano 20.000 persone senza casa.
2006, giugno: 33 persone uccise in una base militare del nord durante un attacco dei ribelli; agosto: Patassé, in esilio, è condannato a 20 anni di lavori forzati; ottobre: i ribelli occupano Birao, una città del nord-est; dicembre: caccia francesi bombardano le postazioni dei ribelli e aiutano il governo a riprendere il controllo delle regioni del nord-est.
2007, febbraio: Abdoulaye Miskine, capo delle Forze democratiche per il popolo centrafricano (Fdpc), firma un accordo di pace con Bozizé in Libia; maggio: la Corte penale internazionale (Cpi) apre un inchiesta sui crimini commessi nel 2002-3, dopo il tentato golpe contro Patassé; settembre: il Consiglio di sicurezza dell’Onu autorizza l’intervento di una sua forza di pace (Minucart – Missione Onu nella Repubblica Centrafricana e in Ciad) per proteggere i civili da possibili atti di violenza provenienti dal Darfur (Sudan).
2008, gennaio: sciopero dei maestri e degli impiegati statali, senza stipendio da mesi; il primo ministro, Élie Doté, si dimette con l’intero governo, evitando una mozione di sfiducia del parlamento contro di lui; Bozizé nomina Faustin-Archange Touadéra nuovo primo ministro (uno sconosciuto professore, senza preparazione politica); situazioni di violenza in varie parti del paese; nasce la Convenzione dei patrioti per la giustizia e la pace (Cpjp), un gruppo di ribelli che opera al nord; febbraio: il movimento ribelle nord-ugandese, l’Esercito di resistenza del Signore (Lra), guidato da Joseph Kony, attacca zone della Repubblica Centrafricana; giugno: due dei tre principali gruppi ribelli (l’Unione delle forze democratica per l’unità–Ufdr e l’Esercito popolare per la restaurazione della democrazia–Aprd) firmano un accordo di pace con il governo; settembre: il parlamento adotta una legge che concede l’amnistia a tutti i ribelli; dicembre: un accordo di pace tra governo e ribelli prevede la formazione di un governo di unità nazionale ed elezioni nel marzo 2010.
2009; gennaio: governo di unità nazionale (include ex leader ribelli) e avvio del programma di disarmo, smobilitazione e reinserimento degli ex ribelli; febbraio: i ribelli attaccano la città di Batangafo, nel nord; nuove incursioni dell’Lra; Miskine rigetta l’accordo di pace; marzo: il Movimento dei liberatori centrafricani per la giustizia (Mlcj), guidato dal capitano Abakar Sabone, dichiara di voler riprendere le armi; truppe francesi in Bangui; aprile: continuano gli scontri tra ribelli e forze governative; luglio: nuova legge elettorale e creazione di una nuova commissione elettorale; agosto: secondo l’Onu, sono oltre un milione le persone colpite dalla guerra civile; settembre: forze dell’esercito regolare ugandese entrano nella Repubblica Centrafricana per snidare i ribelli dell’Lra; ottobre-novembre: l’ex presidente Ange-Félix Patassé, tornato dall’esilio, dice di voler competere per la presidenza.
2010: febbraio: gruppi per i diritti umani, l’opposizione e la Francia chiedono un’inchiesta sulla morte del leader ribelle Charles Massi (forse torturato a morte mentre era in prigione); il presidente annuncia le elezioni per il 25 aprile, ma l’opposizione è contraria (teme imbrogli); aprile: le elezioni sono posposte e il parlamento estende il mandato di Bozizé fino a quando lo scrutinio potrà tenersi; maggio: il Consiglio di sicurezza dell’Onu decide di ritirare le proprie truppe dal Ciad e dalla Repubbica Centrafricana, inviate per proteggere i rifugiati dal Darfur (Sudan); luglio; la Convenzione dei patrioti per la giustizia e la pace (Cpjp) si scontra con reparti dell’esercito e prende il controllo della città di Birao, nel nord; settembre: iniziano le iscrizioni alle elezioni generali, fissate per gennaio 2011; ottobre: 4 nazioni disturbate dalle incursioni dell’Lra decidono di unire le loro forze per arrestare i ribelli; novembre: inizia il processo contro il vicepresidente dell’Rd Congo, Jean-Pierre Bemba, davanti alla Corte pensale internazionale (Cpi) dell’Aia, accusato di aver permesso alle sue truppe di perpetrare stupri e uccisioni nella Repubblica Centrafricana tra il 2002 e il 2003; dicembre: 50° anniversario dell’indipendenza; l’ex imperatore Jean-Bédel Bokassa è ufficialmente riabilitato.
2011, gennaio: Bozizé vince le elezioni presidenziali; il suo partito s’impone nelle parlamentari; aprile: l’ex presidente Angé-Félix Patassé muore a 74 anni; Medici senza Frontiere rivela che il paese è in «uno stato di emergenza sanitaria cronica».
2012, marzo: l’Unione africana invia forze per stanare il leader dell’Lra, Joseph Kony, che si pensa si sia rifugiato nella Repubblica Centrafricana; agosto: l’ultimo gruppo di ribelli, la Convenzione dei patrioti per la giustizia e la pace, firma un accordo di pace con il governo; novembre: una nuova coalizione di ribelli, denominata Séléka (“alleanza”), mette a ferro e fuoco il nord e il centro del paese; i gruppi che la compongono sono l’Unione delle forze democratiche per l’Unità, guidati da Michel Djotodia, l’Unione delle forze repubblicane e la Convenzione dei patrioti per la giustizia e la pace, accomunati dal risentimento nei confronti del governo centrale per essere stati marginalizzati e esclusi dai programmi si smobilitazione e reintegro nell’esercito nazionale in base all’accordo del 2007.
2013, marzo: nonostante il cessate-il-fuoco firmato in gennaio, i ribelli Séléka avanzano verso sud e conquistano la capitale Bangui; Bozizé fugge; il leader dei ribelli, Michel Djotodia, sospende la costituzione, dissolve il parlamento e promette di ritirarsi dopo le elezioni del 2016; il colpo di stato è condannato dalla comunità internazionale; maggio; le nuove autorità spiccano un mandato di cattura nei confronti di Bozizé, con l’accusa di crimini contro l’umanità e incitamento al genocidio; 20 agosto: il leader dei ribelli della coalizione Séléka, Michel Djotodia, giura come nuovo presidente davanti alla corte costituzionale di transizione, completando l’assetto istituzionale di transizione promosso dalla Comunità economica dell’Africa centrale (Ceeac), che comprende la creazione di un parlamento provvisorio, di un consiglio nazionale di transizione e, appunto, di una corte costituzionale di transizione; inizia un periodo di 18 mesi al termine del quale Djotodia si impegna a organizzare elezioni generali; il Consiglio di sicurezza dell’Onu mette in guardia circa il pericolo che la Repubblica centrafricana sta ponendo alla stabilità regionale; 21 agosto: almeno 25 persone sono uccise in Boy-Rabe, quartiere di Bangui, e altre 12 nel quartiere di Boeing, da uomini della Séléka; 10-11 settembre: circa 100 morti in scontri tra i sostenitori di Djotodia e quelli di Bozizé nei villaggi intorno a Bossangoa, 250 chilometri a nord-ovest della capitale Bangui; 14 settembre: Djotodia scioglie ufficialmente la coalizione ribelle Séléka, che lo ha portato al potere con un colpo di Stato in marzo, ma che ora è incapace di controllare; ottobre: il Consiglio di sicurezza dell’Onu approva l’invio di truppe di pace, a sostegno delle forze dell’Unione africana, già presenti; soldati francesi controllano l’aeroporto; dicembre: l’anarchia regna nel paese; combattenti musulmani e cristiani si accusano a vicenda di crimini (centinaia di persone uccise); la Francia porta il numero dei proprio soldati a 1.600, nel tentativo di disarmare le milizie.
2014, gennaio: il presidente ad interim Djotodia si dimette, tra molte critiche sulla sua incapacità di fermare la violenza settaria; Catherine Samba-Panza, 58 anni, già sindaca della capitale Bangui, lo sostituisce come leader ad interim, con il compito di guidare il paese verso le elezioni nazionali fissate per il 2015; aprile: il Consiglio di sicurezza dell’Onu autorizza una forza di pace di 12.000 unità (vi partecipa anche l’Italia; il nome dell’operazione è Minusca); maggio: truppe francesi ed estoni si assumono la sicurezza dell’aeroporto di Bangui, dietro mandato dell’Unione europea; luglio: ribelli islamici della Séléka e vigilantes cristiani “anti-balaka” (anti-machete) firmano un cessate-il-fuoco, dopo aver abbandonato la loro richiesta di dividere il paese in due lungo linee religiose; l’accordo è firmato a Brazzaville (Congo), con la mediazione del presidente congolese, Dénis Sassou-Nguesso, e controfirmato dalla presidente Samba-Panza; agosto: Mahamat Kamoun, nominato nuovo premier (il primo musulmano nella storia del paese ad assumere l’incarico di capo del governo, ma non tutti i ribelli accettato di buon grado la sua designazione), riesce a formare un esecutivo di transizione; settembre: l’Onu si assume ufficialmente l’incarico della missione di pace nel paese; l’Unione africana aumenta i suoi uomini, e la missione francese (sotto l’egida dell’Unione europea) continua la sua presenza; ottobre: un attacco contro un ex ribelle Séléka da parte di milizie cristiane in Bangui provoca rappresaglie da parte di gruppi musulmani; dicembre: proseguono gli scontri tra gruppi di ex ribelli Séléka e milizie “anti-balaka”, con diverse decine di morti; il conflitto tra gli uomini Séléka e le milizie cristiane degli “anti-balaka” ha causato oltre 5mila vittime e un milione e mezzo di sfollati.
2015, gennaio: il governo rigetta un cessate-il-fuoco firmata in Kenya da due gruppi di miliziani, giustificandosi con il dire di non essere stato invitato ai colloqui; l’Onu accusa le milizie cristiane di “pulizia etnica”; una inchiesta commissionata dall’Unione europea rivela che i combattenti della Séléka sono stati illegalmente riforniti di armi fabbricate in Cina e Iran; febbraio: le violenze obbligano decine di migliaia di persone ad abbandonare i propri villaggi, attaccati dalle varie milizie; maggio: in Francia alcuni procuratori francesi aprono investigazioni su accuse di abuso di minori formulate contro soldati francesi; settembre: scontri in Bangui; novembre: papa Francesco visita il paese e invoca la pace tra cristiani e musulmani; dicembre: una nuova costituzione approvata da un referendum; elezioni parlamentari e presidenziali si svolgono regolarmente, ma la corte costituzione annulla i risultati delle parlamentari per gravi irregolarità.
2016, febbraio: Faustin-Archange Touadera vince le elezioni presidenziali al secondo turno; il 30 marzo presta giuramento; giugno: la Corte penale internazionale condanna a 18 anni l’ex ribelle congolese, Jean-Pierre Bemba, per i crimini commessi dalle sue milizie nella Rep. Centrafricana tra il 2002 e 2003; luglio: aumentano i sequestri di persone ad opera dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra), mentre il governo ugandese considera la possibilità di ritirare dal paese le sue truppe “anti-Lra” per mancato sostegno internazionale; ottobre: il capo delle forze armate, Marcel Mombeka, è ucciso in un attacco a Bangui.
2017, gennaio: due caschi blu marocchini sono uccisi, altri sono rimasti feriti in un attacco compiuto da aggressori non identificati; un dettagliato rapporto di Amnesty International rivela al mondo in tutta la sua crudezza la tragedia umanitaria che si sta consumando nel paese: a fronte di aberranti violazioni dei diritti umani e violenze indiscriminate vige «un’impunità su scala sbalorditiva»; i responsabili di omicidi, torture e stupri continuano a eludere le indagini riuscendo a sottrarsi alla giustizia; aprile: l’Uganda ritira le sue truppe, dopo 5 anni di presenza, nel tentativo di snidare i ribelli dell’Lra; si registra una recrudescenza della violenza (in parte dovuta al ritiro delle forze straniere); numerosi membri delle forze di pace dell’Onu vengono uccisi in attacchi a basi e convogli; luglio: molti agenzie e organismi di aiuto internazionali si ritirano dal paese a causa della onnipresente violenza, lasciando decine di migliaia di persone senza alcun aiuto; settembre: l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu dichiara che le continue violenze hanno portato a oltre un milione le persone sfollate nel paese o rifugiate nei paesi vicini; novembre: il Consiglio di sicurezza dell’Onu prolunga di un anno la presenza delle forze della Minusca (13.000 unità).
2018, gennaio: la Croce Rossa Internazionale dichiara che la situazione sta peggiorando; oltre metà della popolazione ha urgente bisogno di aiuti internazionali; anche gli organismi non governativi lanciano l’allarme sulla grave crisi umanitaria; alcune zone sono zone sono inaccessibili persino ai volontari; in deroga a un embargo Onu sulle armi, arriva la prima partita di Kalashnikov e lanciarazzi russi a Bangui, destinati a battaglioni dell’esercito centrafricano addestrati da una missione europea; febbraio: continuano intensi gli scontri tra il Movimento nazionale per la liberazione del Centrafrica e il gruppo Rivoluzione e giustizia, che si contendono il controllo della regione nord occidentale, prossima al confine con Ciad; secondo le Nazioni Unite, tra il 2017 e il 2018 gli sfollati interni hanno raggiunto un numero record dallo scoppio della crisi nel 2013: 688.700 persone; ammonta invece a 542.380 il numero di coloro che sono riusciti a raggiungere gli stati vicini.
(Aggiornato al 2 marzo 2018)