Nelle grandi città l’espansione umana minaccia le fonti idriche
Ambiente Costa d'Avorio Ghana Pace e Diritti Politica e Società Sierra Leone
In Africa occidentale i casi di Freetown, Abidjan e Accra
Nelle grandi città l’espansione umana minaccia le fonti idriche
Crescita demografica, urbanizzazione e deforestazione rendono sempre più difficile l’accesso all’acqua. Nelle capitali di Sierra Leone, Costa d’Avorio e Ghana la costante crescita della popolazione sta decimando i grandi parchi urbani, cruciali per l’approvvigionamento idrico e l’abbattimento dei livelli di CO²
02 Febbraio 2024
Articolo di Antonella Sinopoli (da Accra)
Tempo di lettura 5 minuti
In Kenya l'espansione della capitale minaccia di fagocitare il Nairobi National Park

Mentre cresce il numero degli abitanti diminuisce la disponibilità d’acqua. Sono molte le grandi città africane che stanno sperimentando un tasso di urbanizzazione che non va di pari passo con la capacità di fornire alla popolazione servizi essenziali, come la fornitura di acqua, appunto.

Freetown, Abidjan, Accra, sulla costa occidentale del continente, condividono la stessa criticità che in realtà può già essere definita “crisi”.

Già da tempo è scattato l’allarme, ponendo l’accento su un’altra ragione che unita all’urbanizzazione rende sempre più difficile l’accesso all’acqua, vale a dire la deforestazione. A cui vanno aggiunte le azioni di accaparramento delle terre o le miniere illegali.

Andiamo a Freetown, capitale della Sierra Leone. Qui il 90% dell’acqua potabile arriva dalla Western Area Peninsula Forest Reserve, bacino idrografico della Guma Valley, tra l’altro patrimonio dell’UNESCO. Ma, secondo le ultime analisi, dal 2016 la riserva forestale ha perso circa il 26% dei suoi 18mila ettari (180 km²) di copertura forestale.

Nel complesso, dal 2001 al 2021, la Sierra Leone ha perso 1,82 milioni di ettari di copertura arborea, pari a una diminuzione del 32% rispetto al 2000. A questi ritmi a poco valgono le opere di riforestazione.

Un declino attribuito ad attività umane come l’accaparramento di terre, la combustione del carbone, la coltivazione di marijuana e il conseguente disboscamento.

Fatto è che la popolazione di Freetown è in continua crescita (oggi 1 milione e 348 mila abitanti) con incrementi annui pari quasi al 3%, distribuita su poco più di 81 km².

Oggi il ministro sierraleonese dell’Ambiente, Jiwoh Abdulai, dichiara: «Il problema della deforestazione nella penisola dell’area occidentale è tragico, preoccupante e allarmante», sottolinea l’importanza di «applicare le leggi e le politiche» in materia e fa sapere che si sta lavorando a una nuova politica di riforestazione e alla demolizione di quelle strutture temporanee costruite senza criterio all’interno del parco nazionale.

Fatto sta che questa situazione va avanti da decenni. Nel 2011 si valutava che Freetown avesse un deficit idrico pari a 55 milioni di litri al giorno. La carenza d’acqua in comunità già stressate da altri problemi può facilmente portare a conflitti veri e propri.

La stampa locale ha riportato in passato notizie di scontri, anche mortali, tra la popolazione – che deve riempire i contenitori come può – i vigili del fuoco, che utilizzano i loro camion per vendere acqua potabile, e i dipendenti della Guma Water Company che fornisce l’acqua nella capitale.

Il disboscamento – e le relative conseguenze come destabilizzazione dei pendii, carenza d’acqua, frane, inondazioni – è un problema che riguarda anche Abidjan, altra città sulla costa atlantica e capitale commerciale della Costa d’Avorio.

Qui ​è in corso la costruzione di un muro perimetrale di cemento per proteggere il Banco National Park, area faunistica di 34 km² all’interno della città, il secondo parco urbano più grande al mondo, dopo il Parco Nazionale Tijuca di Rio de Janeiro.

Ma quest’area così speciale è minacciata dalle pressioni derivanti dalla rapida crescita della popolazione urbana. Oggi Abidjan conta circa 6 milioni di abitanti.

Abbattimento di alberi per costruirsi case, scarico dei rifiuti nei boschi, caccia di frodo della fauna – che comprende anche specie in via di estinzione – stanno mettendo a rischio quel territorio. Va inoltre considerato che le falde acquifere del Banco forniscono il 40% dell’acqua potabile di Abidjan e catturano 90mila tonnellate di anidride carbonica all’anno.

Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura, la Costa d’Avorio ha perso fino all’80% delle sue foreste naturali in soli 50 anni a causa dell’agricoltura, degli incendi boschivi, dello sfruttamento illegale delle foreste e dell’estrazione artigianale di minerali.

Infine, andiamo ad Accra, capitale del Ghana. La crisi d’acqua in questo paese ha raggiunto livelli critici. E il paradosso è che chi vive nelle aree rurali ha maggiore accesso a questo bene prezioso rispetto a coloro che vivono nei centri urbani.

Anche se il problema rimane quello della potabilità dell’acqua. L’inquinamento delle falde acquifere e dei pozzi è un fattore di alto rischio nel paese, e diversi sono i motivi: le estrazioni incontrollate nelle miniere d’oro, l’abitudine ancora diffusa di defecare all’aperto, la promiscua vicinanza in cui convivono animali e persone.

Eppure i problemi maggiori di carenza d’acqua riguardano Accra. Soprattutto i sobborghi della capitale, che oggi in sostanza rappresentano un unicum con quest’ultima. L’acqua può mancare per giorni o anche per settimane e in alcune aree è diventata un miraggio, costringendo i cittadini a farla arrivare con le cisterne.

Il volume dell’acqua prodotta nel paese è inferiore al numero della popolazione che è in continua crescita – ha ammesso il direttore della Ghana Water Company, Clifford Braimah, che però non fornisce soluzioni.

Ovvio che bisognerebbe lavorare sulle infrastrutture. Il Ghana non manca di risorse idriche ma queste sono distribuite soprattutto nella regione del lago Volta e dei suoi emissari. Mentre le regioni del nord e le affollate città sono quelle che rimangono più spesso “a secco”.

Oggi Accra conta quasi 3 milioni di abitanti. Miraggio di lavoro per chi proviene dalle aree rurali, di un nuovo inizio per gli afrodiscendenti, centro della cultura e del mondo artistico, città che richiama ogni tipo di investimento.

Ma anche luogo dove in passato l’ombra di alberi secolari era dovunque, alberi sostituiti da cemento. Solo nel 2022 tutta l’area della Greater Accra ha perso 145 ettari di copertura arborea. Senza investimenti e programmazioni oculate che abbiano lo scopo di armonizzare lo sviluppo urbano con la sostenibilità ecologica, la soluzione di questa crisi rimane lontana.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it