È il dicembre del 2017 quando al palazzo reale di Casablanca il re Mohammed VI e il presidente del colosso cinese delle vetture elettriche BYD Wang Chuanfu firmano un accordo per l’apertura di una serie di siti produttivi nella Mohammed VI Tanger Tech City, il nuovo polo industriale di Tangeri.
Qui, sulla carta, si sarebbero dovute fabbricare non solo auto ma anche autobus, camion e treni elettrici e batterie per alimentarli. La figura a cui la società cinese all’epoca faceva riferimento nel lanciare il piano di investimenti era l’uomo d’affari marocchino Mehdi Laraki.
Più di sei anni dopo la firma dell’intesa dei proclami di BYD rimangono poche tracce. L’azienda ha infatti temporaneamente sospeso la realizzazione degli impianti. Sulla decisione pesa la certezza di non essere in grado di piazzare sul mercato nazionale e regionale soprattutto gli autobus prodotti in loco.
Alsa Maroc, filiale marocchina del gruppo spagnolo Alsa, ne aveva ordinati alcuni che nel marzo del 2022 hanno poi iniziato a prendere servizio principalmente a Marrakech e Rabat. L’ordine non è però stato considerato da BYD una garanzia sufficiente per avviare la costruzione degli impianti a Tangeri.
A frenare l’azienda cinese sono stati i ritardi nella conversione all’elettrico da parte del trasporto pubblico marocchino. La strategia, lanciata nel 2017, non ha mai preso realmente piede nel paese. Il governo marocchino ha impiegato cinque anni per reperire i fondi necessari per finanziare la transizione energetica del settore.
Solo nell’estate del 2023 il primo ministro Aziz Akhannouch ha deciso di stanziare 22,5 miliardi di dirham (2,6 miliardi di euro) per i successivi cinque anni per spingere gli operatori ad accelerare i tempi. Troppo poco per convincere i cinesi ad andare avanti.
Resta fermo al palo anche lo stabilimento per la produzione di auto elettriche che BYD aveva annunciato di creare sempre a Tangeri nell’ambito dello stesso accordo firmato nel 2017. Per il momento la società cinese si è limitata a stringere una partnership con il principale rivenditore marocchino d’auto Auto Nejma. Dalla fine del 2023 le auto elettriche cinesi sono così sbarcate nel paese nordafricano, ma solo per essere vendute.
Ma altre compagnie non demordono
Eppure non tutte le aziende produttrici straniere di auto e batterie elettriche sono sfiduciate nei confronti del mercato marocchino. Nel 2023 le esportazioni di auto prodotte in Marocco sono d’altronde cresciute del 27%, registrando un volume di affari di 14 miliardi di dollari, come riporta l’agenzia Reuters.
Il paese ospita le produzioni di Stellantis che nel suo stabilimento di Kenitra arriva a una capacità produttiva di 50mila auto elettriche super mini ogni anno. Nel suo stabilimento a Tangerei Renault conta di iniziare a produrre una versione ibrida del modello Dacia Jogger a sette posti nella seconda metà di quest’anno, con l’obiettivo di arrivare a regime a una capacità di 120mila all’anno. L’azienda francese sta inoltre per avviare un nuovo sito di produzione con una capacità annua di 700mila automobili.
In gioco ci sono anche diverse realtà cinesi. La scorsa settimana il governo marocchino ha dato il via libera al produttore di batterie BTR New Material Group per la costruzione di una fabbrica vicino a Tangeri. CNGR Advanced Material dovrebbe costruire un impianto a Jorf Lasfar, 100 chilometri a sud di Casablanca. Gotion sta esaminando la realizzazione di un impianto su cui potrebbe investire fino a 6,3 miliardi di dollari.
Entro il 2030 i veicoli elettrici prodotti in Marocco rappresenteranno fino al 60% delle auto esportate dal paese. Uno strappo in avanti notevole rispetto alla stessa Unione Europea, che ha imposto il divieto alla produzione di auto a combustibili fossili dal 2035. Ma che sul tema rimane ancora profondamente divisa. Come accade in Italia.