Burkina Faso: HRW accusa l’esercito di crimini di guerra - Nigrizia
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Un report documenta l’uso di droni contro obiettivi civili
Burkina Faso: HRW accusa l’esercito di crimini di guerra
La lotta al terrorismo ha visto crescere il numero di vittime civili. In particolare, l’ong chiede al governo di transizione di “indagare con urgenza e imparzialità” su una serie di attacchi di droni che nel 2023 hanno provocato decine di morti e feriti tra la popolazione nel nord del paese
29 Gennaio 2024
Articolo di Antonella Sinopoli (da Accra)
Tempo di lettura 4 minuti
Drone militare turco Bayraktar TB2

Sono sempre più evidenti e frequenti i crimini di guerra in Burkina Faso. Attacchi indiscriminati che prendono di mira senza distinzione obiettivi militari e civili. Soprattutto questi ultimi. E tutto questo in nome della lotta al jihadismo.

L’ultimo report di Human Rights Watch – basato come di consueto su testimonianze dirette – si sofferma su attacchi di droni militari che, solo da agosto a novembre 2023, hanno fatto almeno 60 morti e decine di feriti.

Gli attacchi, che secondo il governo avevano preso di mira combattenti islamisti, hanno riguardato due affollati mercati e un gremito funerale nel nord del paese all’immediato confine con il Mali.

“L’esercito del Burkina Faso ha utilizzato una delle armi più accurate del suo arsenale per attaccare gruppi numerosi di persone, causando la perdita di numerose vite civili in violazione delle leggi di guerra”, ha affermato Ilaria Allegrozzi, ricercatrice senior sul Sahel per HRW.

“Il governo burkinabè dovrebbe indagare con urgenza e imparzialità su questi apparenti crimini di guerra – continuala ricercatrice -, chiedere conto ai responsabili e fornire un sostegno adeguato alle vittime e alle loro famiglie”.

L’arsenale del paese si è recentemente “arricchito” con l’acquisto di cinque Bayraktar TB2 dalla Turchia. Oggetti “di precisione” per obiettivi mirati. Ma nella realtà non è così, nonostante il governo bukinabé continui ad affermare che gli attacchi hanno come obiettivo esclusivamente i terroristi.

Il paese ha vissuto, solo nel 2022, due colpi di Stato e una delle recriminazioni al vecchio governo era quella di non essere riuscito a combattere ed eliminare la piaga terroristica originaria in questo caso dal Mali e che ha investito buona parte del Sahel: da un lato i gruppi legati all’Isis, dall’altro quelli legati ad al-Qaida.

Con l’ausilio di una accurata mappatura, qualche mese fa Africa Center for Strategic Studies aveva evidenziato come i golpe avessero in realtà esacerbato la situazione. Incremento della violenza, letalità degli attacchi e quindi aumento del numero delle vittime, spesso civili estranei ai gruppi terroristici armati.

Il paese, secondo il Global Index Terrorism 2023, è al secondo posto nell’indice globale del terrorismo. Secondo il rapporto l’aumento delle vittime è pari al 50% e Burkina Faso e Mali hanno rappresentato il 73% delle morti per terrorismo nel Sahel nel 2022 e il 52% di tutte le morti per terrorismo nell’Africa subsahariana.

E, cosa abbastanza preoccupante, se la maggior parte degli attacchi in questi paesi sono attribuiti ai gruppi dell’Isis e del Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (GSIM), altri riguardano “jihadisti sconosciuti”.

Un mese dopo aver preso il potere, Ibrahim Traoré arruolò cittadini burkinabé nelle milizie conosciute come Volontari per la difesa della patria (VDF). Il numero non è chiaro, si parla di 90mila membri impegnati soprattutto lungo i confini con il Niger e il Mali e a sud con il Togo e il Benin.

Queste cosiddette forze ausiliarie non hanno però garantito la pacificazione né la protezione dei cittadini. Come appunto dimostra l’ultimo report di HRW. Un lavoro basato su interviste e dichiarazioni dei sopravvissuti agli attacchi che hanno fatto vittime civili, ma anche foto, video e immagini satellitari.

Nessuna risposta da parte del governo di transizione burkinabé alle accuse di violazioni delle leggi di guerra e alla lettera inviata da Human Rights Watch al ministro della Giustizia, in cui si sollecita una risposta alle evidenze mostrate.

Come dicevamo, per questi ultimi attacchi l’esercito burkinabé ha utilizzato droni Bayraktar TB2 di fabbricazione turca, acquisiti nel 2022. Si tratta di veicoli da combattimento aereo pilotati a distanza che possono sorvegliare, mirare con precisione e sganciare fino a quattro bombe MAM-L a guida laser.

Human Rights Watch ha quindi documentato vittime e danni coerenti con gli effetti di esplosione e frammentazione creati dall’uso di queste munizioni, guidate però non su terroristi armati ma su concentrazioni di persone.

Il report dell’ong sottolinea anche che i media “controllati dal governo” hanno affermato che tutti e tre gli attacchi in questione hanno ucciso combattenti islamici e non hanno fatto riferimento a vittime civili.

In particolare, lo scorso agosto, Radiodiffusion Télévision du Burkina (RTB), la rete televisiva nazionale, ha riferito di una riuscita operazione aerea “basata sull’intelligence” contro un gruppo di combattenti islamici che stavano “preparando attacchi su larga scala” a Bouro, nel Sahel.

Ma tutte le testimonianze raccolte indicano esattamente il contrario. Le persone verso cui i droni sono stati diretti erano civili.

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