Centrafrica in allerta - Nigrizia
Rep. Centrafricana Salute
Coronavirus, prime misure
Centrafrica in allerta
Il paese da anni convive con l'incubo di violenze e instabilità. Ora la minaccia del coronavirus fa scattare le prime misure di contenimento. Sono però ancora molto timidi i segnali di consapevolezza da parte della popolazione.
30 Marzo 2020
Articolo di Federica Farolfi (da Bangui)
Tempo di lettura 6 minuti
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Ad oggi i casi positivi al test Covid-19 in Repubblica Centrafricana sono sei. Quasi tutti importati, da Francia e Italia. Soltanto uno non ha effettuato alcuno spostamento in tempi recenti, il che lascia supporre che la trasmissione del virus sia già in atto nella capitale. Da tempo. Da quello che sembra essere stato il primo caso positivo, giunto in RCA il 7 marzo e accertato tramite comunicato del ministero della Sanità e dell’Oms del 14 marzo. E che invece non è.

Il coronavirus era già arrivato il 4 e 5 marzo quando due donne francesi di origine Centrafricana erano atterrate a Bangui. Una di queste, famosa cantante Centrafricana, tiene due concerti alla presenza di centinaia di persone, in occasione della giornata mondiale della donna, uno degli appuntamenti più importanti dell’agenda femminile in RCA. Il 26 marzo tre di queste persone sono dichiarate guarite, dopo un periodo di isolamento all’Ospedale dell’Amitié.

Primi provvedimenti

Le prime timide misure di prevenzione sono annunciate il 13 marzo in un comunicato del governo, nel quale si parla di un potenziamento delle misure di igiene negli ospedali e di protezione del personale sanitario, la riduzione delle visite, il consolidamento dell’igiene pubblica, attraverso il lavaggio delle mani presso gli uffici pubblici, la soppressione degli abbracci e del saluto dandosi la mano.

A queste misure si aggiunge, tra le altre, l’applicazione obbligatoria della quarantena a tutte le persone provenienti da una zona di epidemia Covid-19, peraltro difficile da rispettare da molti e il divieto di viaggiare verso paesi di epidemia. Una delle misure fondamentali annunciate in questo comunicato è il divieto di assembramento in pubblico.

A questo segue il messaggio del presidente Touadera al paese del 19 marzo, il quale oltre a reiterare le misure menzionate sopra, richiama tutti i cittadini a prendere coscienza della gravità della crisi, che tutta l’umanità sta attraversando e al senso di responsabilità nell’adottare comportamenti, che favoriscano la salute pubblica nazionale e internazionale.

In un paese che non dispone di alcuna terapia intensiva e quindi neppure della possibilità di respirazione assistita, indispensabile nella cura dei malati gravi da infezione Covid-19, la sola misura da adottare contro questa calamità è la prevenzione.

Touadera lancia misure complementari, ma estremamente importanti, tra cui programmi di formazione e sensibilizzazione da effettuarsi nelle scuole, nei luoghi di culto e di lavoro, nei social networks, il divieto di assembramenti, kermesse, eventi sportivi e places mortuelles (riti tradizionali funebri  a cui partecipano centinaia di persone), il rispetto della distanza di almeno un metro tra le persone in tutti i luoghi di incontro, misure di igiene personale.

Due giorni dopo anche la Conferenza episcopale Centrafricana lancia un comunicato di fronte alla minaccia della pandemia da coronavirus, che lascia, a dir poco, perplessi. Oltre ad alcune misure, che si riferiscono alle pratiche del culto, non vi è alcuna novità di rilievo, rispetto a quanto il governo ha prospettato.

Si moltiplicani gli appelli alla responsabilità

Sembra che quanto sta avvenendo nel mondo ed in particolare in alcuni paesi europei, dove si registrano centinaia di morti al giorno, non sia capace di insegnare nulla a questo paese. Eppure Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms aveva lanciato parole lapidarie nel suo discorso di giovedì 19 marzo: “Questo è il pericolo di cui sono preoccupato: se il virus dovesse arrivare nelle metropoli africane come Lagos, Addis Abeba o Il Cairo, visto anche il livello di povertà e la carenza di strutture ospedaliere, il contagio potrebbe diventare una catastrofe. Il miglior consiglio per il continente africano è prepararsi al peggio e prepararsi oggi”.

Tanti sono gli attori a scendere in campo: le organizzazioni della società civile, i leader religiosi e dei partiti politici fanno dichiarazioni per incoraggiare la popolazione al rispetto delle misure di igiene e delle misure restrittive. Gli artisti lanciano canzoni sulla rete che sensibilizzano la gente su come prevenire il contagio. Il ministero della Sanità e della Popolazione organizza una commissione di comunicazione per la prevenzione del contagio da Covid-19, il Capo dello Stato, dal canto suo, un comitato di crisi, di cui lui stesso è il presidente.

Altre misure restrittive sono finalmente prese da Touadera il 26 marzo, dopo alcuni giorni di interminabile attesa: vengono finalmente chiuse scuole, università per un periodo rinnovabile di due settimane, chiuso l’aeroporto, ad eccezione dei voli commerciali e umanitari, sospese le celebrazioni di culto religioso che raggruppino più di quindici persone, prolungato il periodo di quarantena da 14 a 21 giorni e ridotti i movimenti della popolazione tra la capitale e le province.

Prime timide azioni di contenimento

Quello di marzo, come per molti paesi del mondo, è stato un mese lunghissimo in Centrafrica: primi casi confermati di Covid-19, un avanzare lentissimo nelle misure di prevenzione, l’unica strategia possibile per scongiurare l’epidemia, in un paese in cui l’assistenza sanitaria è fragilissima e incapace di far fronte ad un’emergenza su larga scala, come quella che sta mettendo in ginocchio avanzati sistemi sanitari di alcuni paesi europei.

Non mancano, tuttavia, contraddizioni nella messa in pratica delle misure di prevenzione. A Bangui, ed in misura inferiore nelle altre regioni, alcuni cominciano ad indossare cache-nez, che resta tuttavia difficile procurarsi, come pure gli altri mezzi di protezione. I prezzi di mascherine, soluzioni alcooliche e liquidi disinfettanti sono già alle stelle nei mercati e nelle farmacie di Bangui. I Banguissois sempre meno scelgono taxi e mini-bus per spostarsi.

Mentre la vita continua…

Tuttavia, poco o nulla cambia di fatto nelle abitudini della gente. Stracolmi i mercati, i negozi, le principali arterie del centro della capitale, gli spazi antistanti le banche, in occasione del pagamento dei salari a partire dal 25 marzo. Social websites propongono strategie di prevenzione e trattamenti tradizionali per la cura delle malattie legate al Covid-19.

La gente continua a comportarsi come se questa pandemia non li toccasse veramente da vicino. D’altra parte in un Paese in cui la gente è costretta a procurarsi giornalmente il cibo di cui sfamarsi, come potrebbe essere diversamente? La gente morirebbe di fame ancora prima di soccombere a causa dell’infezione da coronavirus.

Alle persone viene inoltre raccomandato un frequente lavaggio delle mani con acqua e sapone, tuttavia in certi quartieri di Bangui l’acqua manca da più di due settimane. Alcuni abitanti parlano addirittura di carenza d’acqua sin dall’inizio della stagione secca. In un liceo di Bangui, i corsi sono stati interrotti ancora prima delle misure restrittive del 26 marzo per mancanza di acqua potabile.

La popolazione richiama le autorità del paese ad una maggiore responsabilità nel favorire l’applicazione delle misure di prevenzione al Covid-19. Se sul versante della presa di coscienza della pandemia e delle misure di prevenzione in tanti stanno facendo qualcosa, sul versante della loro applicazione tantissimo resta ancora da fare.

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