Costa d’Avorio: sospese 40 aziende che speculavano sul cacao
Costa d'Avorio Economia
Dietro la mossa il tentativo di colpire gli interessi dell’influente comunità libanese
Costa d’Avorio: sospeso un gruppo di aziende che speculava sul cacao
Decine di cooperative e acquirenti indipendenti sono sospettati dal Conseil du Café-Cacao di aver immagazzinato grandi scorte di fave per poi reimmetterle sul mercato a prezzi più alti di quelli previsti dal regolamento nazionale
23 Maggio 2024
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 3 minuti
Produttori di cacao in Costa d'Avorio (Credit: Adobe Stock)

Un giro di vite del Conseil du Café-Cacao (CCC) sta scuotendo la Costa d’Avorio, primo produttore al mondo di cacao con circa 2,2 milioni di tonnellate all’anno.

Dopo la revoca della sospensione temporanea del programma Fairtrade Africa, sospettato di aver messo in circolazione semi non certificati (l’organizzazione fa sapere che si è trattato di una verifica che avrebbe dato esiti negativi, ndr), a metà maggio l’autorità che nel paese dell’Africa occidentale vigila sulla produzione e l’esportazione di caffè e cacao, nonché sull’approvvigionamento delle materie prime necessarie per la realizzazione dei prodotti finali, ha messo nel mirino circa quaranta tra cooperative e acquirenti indipendenti, sospettati di aver immagazzinato grandi scorte di fave di cacao per poi reimmetterle sul mercato a prezzi più alti di quelli previsti dal regolamento nazionale.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters a inizio aprile, in concomitanza con l’avvio del raccolto intermedio, le realtà sospese erano arrivate ad accumulare più di 60mila tonnellate di semi che hanno poi piazzato a 1.600-1.800 franci CFA al chilogrammo, cifra che supera il prezzo al produttore stabilito per questo periodo dell’anno dal CCC, ovvero 1.500 franchi CFA.

Produzione in calo

Una manovra speculativa considerato che la produzione interna della Costa d’Avorio ha registrato un vistoso calo negli ultimi mesi e che ai suoi porti principali, quelli di Abidjan e San Pedro, gli arrivi della materia prima sono diminuiti del 29,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

A causare il calo della produzione è stata la concomitanza di più fattori. Le pessime condizioni meteorologiche, effetto della crisi climatica in atto, e il diffondersi di malattie che hanno infettato le piante hanno ridotto sensibilmente il raccolto di fave che nella stagione principale, tra ottobre e marzo – mentre quella intermedia corrisponde alla stagione delle piogge, tra maggio e ottobre – ha fatto registrare solo un quarto dei volumi mediamente ricavati.

Prevendendo le difficoltà a cui sarebbero andati incontro gli esportatori, costretti a onorare gli obblighi contrattuali che li legano alle multinazionali, gli speculatori hanno immesso sul mercato le scorte che si erano accaparrati, imponendo così un generale aumento del prezzo della materia prima.

Colpita la comunità libanese

La stretta del CCC è stata intimata dalle potenti lobby locali del cacao, rappresentate da realtà come Kineden Commodities e Africa Sourcing, fondata da Loïc Folleroux, figlio maggiore della first lady Dominique Ouattara. C’è chi però ha intravisto in questa mossa del CCC qualcosa di più, ossia il tentativo di colpire gli interessi della influente comunità della diaspora libanese presente da decenni in Costa d’Avorio. Le quaranta aziende sospese sono infatti legate, direttamente o indirettamente, a imprenditori libanesi. 

Nel paese vivono circa 80mila libanesi, di cui oltre il 90% risiede ad Abidjan, città in cui detiene il 60% del patrimonio immobiliare. Gli affari dei libanesi in Costa d’Avorio partecipano con una quota importante al Pil nazionale, stimata tra l’8 e il 10%, con 3mila aziende che operano nel settore immobiliare, nell’industria, nei trasporti, nella grande distribuzione, in campo medico con una ventina di cliniche private di fascia alta.

Il CCC ha sempre respinto al mittente l’accusa di aver voluto colpire con questa sospensione la comunità libanese e di aver piuttosto impedito, oltre che una enorme frode ai danni dello stato, anche l’esportazione illecita di cacao ivoriano in Liberia e Guinea. Questa coincidenza lascia però credere che questa sospensione sia stata mossa anche da altri interessi.

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