Costa d'Avorio: la finta riforma della Commissione elettorale
Costa d'Avorio Politica e Società
La nuova legge non cambia l’equilibrio di potere a netto favore del partito di governo
Costa d’Avorio: la finta riforma della Commissione elettorale
Oggetto di discussione da più di un decennio, la Commissione continua a essere una cartina di tornasole degli equilibri politici ivoriani
11 Novembre 2022
Articolo di Roberto Valussi
Tempo di lettura 3 minuti
Scrutinatori della Commissione Elettorale Indipendente durante la conta dei voti in un seggio

La tanto attesa riforma della Commissione elettorale indipendente (Cei) è arrivata martedì 9 novembre. Il parlamento ivoriano ha deciso di aumentarne i membri da 16 a 18 e di ufficializzare il ruolo di un quarto vicepresidente. Il fine ultimo: riequilibrare il peso dei partiti all’interno di un organo foriero di gravi tensioni nel paese. 

L’opposizione ne invoca la riforma da anni, criticando il fatto che – a dispetto del nome – la Cei è tutt’altro che indipendente, data la netta maggioranza numerica del partito di opposizione tra i membri della commissione.

Nel 2016 e poi ancora nel 2020, era intervenuta anche la Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (Cadhp), che aveva criticato l’eccessivo peso dato al partito al potere nella composizione delle commissioni elettorali locali, sezioni facenti capo alla CEI.

I pareri della Cadhp non sono vincolanti per la Costa d’Avorio, ma il Rdhp, il partito del Capo dello stato Alassane Ouattara, ne ha comunque discusso con l’opposizione. Ma senza concedere più di tanto. Deciso il testo di legge, gli è risultato facile farlo approvare da un parlamento che domina ampiamente.  

La composizione della Cei, così definita dalla decisione del 9 novembre, prevede quindi: quattro membri dell’opposizione, cinque del partito al governo, un rappresentante del Capo dello stato, un rappresentante del ministro degli interni, un rappresentante del Consiglio nazionale della magistratura e sei dalla società civile.

L’opposizione denuncia che a parte i suoi quattro seggi, i rimanenti 14 sono direttamente o indirettamente legati al partito al potere.  Prevedibile dunque la sua disapprovazione, che ha preso forme differenti a seconda del partito. 

Il Pdci di Henri Konan Bédié ha votato semplicemente contro.

Invece, il gruppo parlamentare legato al Ppa-Ci, il partito dell’ex presidente Laurent Gbagbo, si è astenuto dal voto. Nonostante non abbia ottenuto la creazione e l’assegnazione di un quinto vicepresidente,  il suo dissenso è stato addolcito dal portare a casa l’ingresso di uno dei suoi membri all’interno della Commissione. 

Il problema è che anche questa è una vittoria a metà, dato che il secondo e ultimo membro che si è decisi di aggiungere, sarà in quota governo. Perciò, l’arrivo di un esponente dell’opposizione è di fatto neutralizzato da quello di un fedele governativo. 

Ad un anno dalla elezioni locali e tre dalle presidenziali, il nodo Cei è tutt’altro che risolto. 

Questo ennesimo episodio di lotta parlamentare – che si aggiunge a quelli extra-parlamentari – conferma come il dibattito sulla composizione e il funzionamento della Commissione offra un termometro degli equilibri politici nazionali. Per ora, il Rdhp domina. Il Pdci di Bédié sta ai margini e il Ppa-Ci di Gbagbo gioca di compromesso per reintrodursi nelle istituzioni.  

Nonostante l’aspetto tecnico e tattico, la riforma della Cei rimane un soggetto di dibattito molto noto al pubblico ivoriano. Complice il fatto che la Commissione giocò un ruolo fondamentale nel dicembre 2010, nel ballottaggio delle elezioni presidenziali. Allora fu decisiva nell’assegnare la vittoria a Alassane Ouattara, andando contro il parere del Consiglio costituzionale, che invece dava come vincente il presidente uscente Laurent Gbagbo. Da lì si avviò uno stallo a livello di istituzioni, poi sfociato nel giro di poche settimane nella cosiddetta ‘’crisi post-elettorale’’ che costò la vita a circa 3mila persone.

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