
Costretti a fuggire… ancora respinti. Con questo titolo, il dossier Diritto d’asilo di Fondazione Migrantes 2020 sintetizza il quadro migratorio che abita le politiche europee e italiane, politiche più di attacco che di tutela.
Attraverso norme e leggi che rendono sempre più difficile l’accesso dei migranti nei nostri paesi e la loro regolarizzazione; attraverso la militarizzazione e rafforzamento dei confini interni, l’esternalizzazione delle frontiere e lo smantellamento del sistema della micro-accoglienza.
Ricostruendo gli scenari di guerra e tensioni, di attentati e disastri naturali che vendono aumentare nel mondo il numero delle persone in fuga, il rapporto fotografa le risposte europee e italiane a un fenomeno strutturale, che viene affrontato senza una politica di lungimiranza, ma sempre con approccio di tipo securitario ed emergenziale, spartizionistico rispetto alla gestione di una realtà considerata sotto un profilo numerico e non umano.
Tanto da far parlare i curatori dei saggi di una “solidarietà europea pavida”, mossa alla tutela del proprio benessere, in nome di una sicurezza da implementare, con la giustificazione di una pandemia che diventa alibi per chiudere ulteriormente porti e frontiere, e per rimpatriare dopo un veloce iter identificativo di chi arriva.
E a proposito di fotografie, il rapporto, presentato oggi online sui canali informativi della Cei, dedica un focus a una rotta poco raccontata dai media italiani, la Rotta balcanica, frontiera di respingimenti e violazione di diritti, oscurata dalla percezione e narrazione degli arrivi dei migranti solo via mare. Alimentata dagli stessi dati istituzionali che riferiscono di sbarchi e non degli ingressi via terraferma.
I saggi del report dell’organo della Conferenza episcopale italiana spaziano tra numeri e storie, perché di entrambi vi è bisogno, dando ascolto e testimonianza delle voci di chi arriva o è ancora detenuto nei lager libici; di chi percorre le trafile, lunghe e dolorose, di ricongiungimenti familiari sempre più difficili da portare a termine. Perché è sempre più difficile arrivare e restare in Italia.
A raccontare a Nigrizia, il rapporto Costretti a fuggire… ancora respinti è una delle curatrici, Mariacristina Molfetta, intervistata da Filippo Ivardi Ganapini.