Etiopia: nuova spaccatura nella Chiesa ortodossa - Nigrizia
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I vertici del Tigray nominano 10 nuovi vescovi
Etiopia: nuova spaccatura nella Chiesa ortodossa
24 Maggio 2023
Articolo di Redazione
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I responsabili della Chiesa ortodossa etiopica del Tigray (EOTC) hanno dichiarato ieri di aver nominato dieci nuovi vescovi come pastori di altrettante nuove diocesi nella regione settentrionale dell’Etiopia e in altre circoscrizioni ecclesiali negli Stati Uniti, in Europa, in Canada, in Australia e in Medio Oriente.

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa Tewahedo riunito con il patriarca Mathias aveva già in passato denunciato il fatto che i vescovi del Tigray si erano separati da Addis Abeba creando “una nuova struttura regionale illegale con modalità che violano l’unità istituzionale e l’organizzazione strutturale esistente della Chiesa nazionale”.

Le relazioni tra il Santo Sinodo e la Chiesa del Tigray si erano deteriorate radicalmente sulla scia del conflitto protrattosi per due anni tra Addis Abeba e Macallè.

Il 7 maggio 2021, infatti, gli arcivescovi del Tigray avevano annunciato la costituzione della nuova Chiesa Ortodossa del Tigray, troncando i legami con il Santo Sinodo (EOTC) con sede nella capitale.

L’accusa mossa allora dai pastori tigrini era il silenzio mantenuto dalla Chiesa ufficiale quando decine di sacerdoti venivano uccisi, monasteri e chiese del Tigray distrutti, patrimoni religiosi saccheggiati e milioni di persone costrette alla fuga per salvarsi.

Nell’apertura dell’Assemblea generale dei preti ortodossi, svoltasi la scorsa settimana ad Addis Abeba, il patriarca Abune Mathias ha ammonito che le sfide che la Chiesa sta affrontando negli Stati regionali di Oromia e Tigray stanno oltrepassando il limite consentito e ha chiesto che vengano trattate dialogando con la dovuta saggezza.

Alla fine del gennaio scorso, infatti, la decisione di tre vescovi oromo di nominare senza il consenso del Santo Sinodo 26 nuovi vescovi oromo, stava sfociando in uno scisma ecclesiale mai verificatosi prima.

Nel frattempo proprio ieri, decine di migliaia di sfollati in seguito al conflitto in Tigray sono scesi in strada per chiedere un rapido ritorno alle loro case, il ripristino dell’invio di aiuti umanitari da tempo bloccato e che sta provocando crisi alimentare e sanitaria nella regione, e il ritiro di tutte le forze esterne presenti tuttora nella regione, eccettuato l’esercito federale.

Quasdi tre milioni di persone avevano dovuto lasciare le proprie case in seguito al conflitto. I manifestanti in molte città tigrine, tra cui la capitale Macallè, hanno espresso le loro richieste con slogan, canti e cartelloni in cui si leggeva “restituiteci rapidamente le nostre terre d’origine” e “le forze d’invasione devono lasciare la nostra terra”.

Organizzazioni internazionali e agenzie umanitarie, tra cui l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), hanno fornito per mesi assistenza alla popolazione, ma da varie settimane le loro operazioni si sono ridotte fortemente.

 

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