Festival di cinema africano di Verona: vince l’Africa determinata - Nigrizia
Arte e Cultura
Conclusa la 40° edizione
Festival di cinema africano di Verona: vince l’Africa determinata
Un’Africa che va contro i pregiudizi, le convenzioni culturali e sociali. È questa l’Africa che vince la 40esima edizione del Festival di cinema africano. Un volto, quello delle Afriche proiettate sul grande schermo, sempre più femminile e determinato ad andare contro gli schemi
15 Novembre 2021
Articolo di Redazione
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Una scena tratta dal lungometraggio del regista sudanese di Amjad Abu Alala "You will die at twenty" (Credit: Al Film)

La 40esima edizione del Festival di cinema africano di Verona si è conclusa nelle sale il 13 novembre, con la cerimonia di premiazione che ha sancito i film vincitori delle due sezioni in concorso: PanoramAfrica, per i lungometraggi, e Short Africa per i corti. Ma questo 40esimo è destinato a scavalcare il 2021, raggiungendo, con il Festival in tour, altri 25 comuni del veronese a febbraio 2022, e proiettando un’intera sezione di film a tematica migratoria, Viaggiatori&Migranti la prossima estate, a luglio. Altri 10 film, che verranno giudicati da una giuria specializzata e dalla giuria di giornaliste e giornalisti del mensile Nigrizia.

Arrivano dal Sudan e dal Marocco i film vincitori dell’edizione 40 del Fca, secondo la Giuria internazionale, composta da Tahar Chickhaoui, Nadia Harek e Vanessa Lanari. Per i lungometraggi la scelta è caduta su You will die at twenty di Amjad Abu Alala, che racconta la storia di un ragazzino, Muzamil, a cui il santone del villaggio preannuncia la morte all’età di 20 anni. Il film è stato scelto «per la straordinaria capacità di raccontare le costrizioni e i vincoli che il giovane protagonista è costretto a vivere in una società rassegnata e immutabile, e la eccezionale padronanza delle immagini che scandiscono il racconto».

Per i cortometraggi il premio è andato a Doah di Farzad Samsami. Un corto che vede protagonista una bambina, Doah per l’appunto, che vive con la madre in un piccolo villaggio del Marocco e che desidera giocare a calcio con i ragazzi del villaggio. Ma, a causa di una malattia della pelle, la ragazzina viene considerata una iettatrice e per questo emarginata. Tutti i giorni Doah e sua madre combattono contro l’odio e l’esclusione sociale.

Ma di fronte alla debolezza della madre, Doah decide di difendersi da sola. Ed è proprio per questa determinazione che la giuria ha scelto di premiare questo corto: «per la forza delle due protagoniste nel ribellarsi a un sistema che crea un gioco di esclusioni senza fine e la capacità di decostruire i pregiudizi di una società patriarcale».

Accanto alla giuria internazionale, questa edizione del Fca ha visto le giurie degli studenti universitari, dello Spazio scuole con una giuria scelta tra gli studenti e le studentesse dell’istituto cittadino Sanmicheli, del pubblico in sala e della Casa circondariale di Montorio, che ogni anno decreta il premio Al di là del muro.

Ovazione per il cortometraggio Tuk-Tuk, che riceve sia la menzione speciale della giuria degli studenti universitari sia il premio del pubblico in sala che quello in carcere. Anche in questo caso, il protagonismo e la determinazione sono femminili. Tuk-Tuk, del regista egiziano Mohamed Kheidr, racconta la storia di Walaa, una madre costretta ad assumersi la responsabilità di sostenere da sola la famiglia dopo che il marito l’ha abbandonata per emigrare.

Walaa decide di diventare autista di tuk-tuk, nonostante questo non sia ben visto dalla società che la circonda. In questo modo potrà mandare i figli a scuola e acquistare le medicine per sua madre. Per noleggiare il mezzo, però, la donna si indebita ed è costretta a firmare molte cambiali.

Per le studentesse e studenti universitari «si tratta di una storia che incarna le vesti di denuncia sociale degli abusi e delle umiliazioni subite dalle donne di molti paesi, non solo in Egitto. Oltre che di donne, la storia è fatta di uomini che, pervasi dal desiderio di dominare, le infangano nei loro purtroppo vani tentativi di costruirsi il proprio spazio all’interno di una società ancora profondamente maschilista.

Per i giurati della Casa circondariale di Montorio, il cortometraggio meritava per «l’attualità del film che affronta temi quali povertà, immigrazione, discriminazione femminile e ignoranza; per aver delineato la figura di una mamma determinata a farsi carico dei problemi di tutta la famiglia, svolgendo un lavoro prettamente maschile e assumendo entrambi i ruoli genitoriali, per la testimonianza molto importante di questa mamma/coraggio per i figli, per le donne e tutta la società».

 

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