Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili - Nigrizia
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Una pratica che coinvolge ancora 200 milioni di donne, l'80% delle quali si trova in Africa
Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili
06 Febbraio 2023
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti

Oggi, 6 febbraio, è la giornata internazionale di “tolleranza zero” nei confronti della Mutilazione genitale femminile (Mgf), una pratica ancora oggi davvero troppo diffusa. 

Si parla di almeno 200 milioni di donne e ragazze nel mondo che l’hanno subita. Almeno, perché i numeri rimangono approssimativi, essendo disponibili i dati soltanto per 31 paesi. Purtroppo, l’80% dei casi segnalati viene dall’Africa. 

Le percentuali, in alcuni casi, sono veramente allarmanti. In stati come Gibuti, Guinea, Mali e Somalia le donne coinvolte sono il 90% della popolazione femminile totale. 

1 donna su 4 ha subìto la mutilazione. Significa circa 52 milioni di persone, un fenomeno inquietante e in crescita. 

Sebbene rispetto a 30 anni fa oggi una donna nata in un paese ad alto rischio di mutilazioni genitali femminili (Mgf) abbia un terzo di probabilità in meno di rimanerne vittima, si registrano comunque grandi difficoltà nell’abolire questa pratica. La pandemia da Covid-19 non ha aiutato.

Risulta che la chiusura delle scuole abbia fatto sì che 2 milioni di ragazze in più siano rimaste vittime. Non solo: si registra un progressivo abbassamento dell’età media – in Kenya, per esempio, si è passati da 12 a 9 anni – rendendo ancora più difficoltoso l’intervento preventivo. 

Si tratta di una questione estremamente delicata e difficile da sradicare. In alcuni paesi rappresenta un qualcosa profondamente radicato nella cultura e a volte le leggi non bastano.

Per esempio, nonostante il Sudan abbia vietato definitivamente le mutilazioni genitali femminili nel 2020, approvando una legge che prevede fino a 3 anni di carcere per chi le mette in atto, il fenomeno non si è ridotto. Anzi, nello stesso anno, a causa della pandemia, si è registrato un aumento dei casi. Le donne sono ancora costrette a sottoporvisi, clandestinamente, per non correre il rischio di essere ripudiate dai futuri mariti. 

Anche il coinvolgimento del personale sanitario è molto problematico. Da un lato, alcuni medici sostengono che si tratta di donne che sono comunque già destinate all’infibulazione, a prescindere dal luogo di esecuzione. Il fatto che questo avvenga in ambito ospedaliero consente una riduzione del rischio sanitario per la donna, permettendo di prevenire emorragie e infezioni. Allo stesso però, questo porta ad una ulteriore normalizzazione della pratica e ad un ulteriore complicità con essa degli organi dello stato. 

L’eliminazione definitiva delle Mgf è stata inserita tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. Il conseguimento di questo traguardo tuttavia pare ancora molto lontano.

Per fare passi avanti è fondamentale svolgere un lavoro soprattutto culturale, oltre che legale. È importante investire nell’ambito dell’informazione e nell’istruzione per insegnare alle nuove generazioni a contrastare questa pratica. L’Unicef ha calcolato che per eliminarla definitivamente sarebbero necessari circa 2,4 miliardi di dollari. (AB)

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