Fra idrogeno verde e petrolio, il futuro dell'energia passa dalla Namibia - Nigrizia
Namibia
Il presidente Geingob ha invocato un cambio di modello: «Non esporteremo più materie prime grezze. Produciamo ricchezza qui»
Fra idrogeno verde e petrolio, il futuro dell’energia passa dalla Namibia
Siglata un'intesa da un miliardo di euro con l'Unione europea centrata su idrogeno verde e catene di valore sostenibili delle materie prime. Tuttavia grandi prospettive arrivano anche dal settore dei combustibili fossili: al largo delle coste namibiane riserve di petrolio stimate in 11 miliardi di barili.
01 Novembre 2023
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 5 minuti

L’idrogeno verde non diventerà la maledizione della Namibia, così come è stato il cobalto per la Repubblica democratica del Congo o, in una certa misura, il petrolio per la Nigeria. Questa sembra almeno essere l’intenzione del governo di Windhoek, come messo nero su bianco dal presidente Hage Geingob a Bruxelles nei giorni scorsi.

L’occasione è stata la firma di una partnership con l’Unione europea per lo sviluppo dell’idrogeno verde e le catene di valore sostenibili delle materie prime dal valore di circa un miliardo di euro, oltre 20 miliardi di dollari namibiani.

L’intesa è stata siglata nel corso del primo Eu-Namibia Business Forum, che si è tenuto la settimana scorsa. L’organizzazione dell’incontro ha dato seguito a un memorandum d’intesa raggiunto da Bruxelles e Windhoek l’anno scorso nel contesto della Cop27.

Le due parti hanno anche annunciato una roadmap in sei punti che va dalla cooperazione nel campo della ricerca e dell’innovazione, alla mobilitazione di fondi per la creazione di infrastrutture fino all’adeguamento del piano normativo. Questo passaggio fa riferimento alla creazione di un piano nazional strategico sui minerali critici (quelli cioè che sono fondamentali per la transizione energetica e che sono sempre più carenti), e a una legge ad hoc sull’idrogeno verde e i combustibili sintetici. Con idrogeno verde si intende solo quello prodotto dall’elettrolisi dell’acqua, a sua volta alimentata da fonti di energia rinnovabile, come la solare e l’ eolica.

L’accordo firmato a Bruxelles prevede anche la conduzione di uno studio per l’ampliamento del porto di Walvis Bay in collaborazione con i tecnici di due scali del Belgio. L’infrastruttura è ritenuta un potenziale hub logistico per il settore dell’idrogeno verde e una delle porte d’ingresso principali ai paesi della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (SADC).

Le parole del presidente 

A Bruxelles, Geingob ha incontrato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Il presidente si è detto «entusiasta» della partnership appena siglata con l’Ue e ha poi chiarito che l’intenzione della Namibia è quella di «non esportare più minerali non raffinati. Insieme ai nostri partner europei – ha proseguito il capo di stato – ci impegniamo a migliorare la sostenibilità della nostra industria estrattiva e a sviluppare la capacità locale di lavorazione, raffinazione, recupero e riciclaggio».

L’ottica, ha aggiunto il presidente, è quella di «garantire una crescita economica sostenibile, pulita e inclusiva, favorendo al tempo stesso la mobilitazione delle risorse nazionali e la diversificazione economica».

Le parole di Geingob colpiscono per la tempistica, ma non costituiscono una novità assoluta. Già a giugno il governo namibiano aveva bandito l’esportazione di alcuni minerali strategici non raffinati, fra i quali il litio e il cobalto.

Conoscere meglio la Namibia aiuta a comprendere la posta in gioco ma anche a capire dove sono i nodi critici. Il paese africano, situato fra l’Angola e il Sudafrica, si estende per oltre due volte e mezza l’Italia, ma ha una popolazione inferiore a quella della sola Roma, 2,5 milioni di abitanti. Il sottosuolo namibiano è ricco di litio, uranio e altre ricercatissime materie prime. Il paese può beneficiare di circa 300 giorni di sole all’anno e di una costa lunga oltre 1.500 chilometri affacciata sull’Oceano Altantico.

Nonostante queste caratteristiche geofisiche, circa il 55% degli abitanti della Namibia non ha accesso alla rete elettrica nazionale stando a dati della Banca mondiale.

Metà dei namibiani senza energia elettrica 

Questa grande disponibilità di energie rinnovabili, allo stato attuale molto costose, può diventare un vettore di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione? Una possibilità potrebbe venire dall’utilizzo dell’energia in eccesso prodotta dagli impianti di produzione dell’idrogeno verde, che può essere immessa nella rete elettrica.

Per adesso, rileva un reportage del portale di giornalismo indipendente Unbias the news, rilanciato anche da African Arguments, i contratti siglati da Windhoek nel settore non fanno riferimento a questa possibilità. Nell’articolo è citato un’intesa da dieci miliardi di dollari siglata dalla Namibia con la compagnia tedesca Hyphen.

Le scoperte petrolifere 

Le parole di Geingob lasciano pensare a un cambiamento di rotta. La Namibia può scegliere che modello seguire. Se sul fronte delle rinnovabili le potenzialità sono come detto molto significative, anche il versante dei combustibili fossili potrebbe non essere da meno.

Stando a quanto riportato dalla compagna petrolifera statale Namcor e rilanciato da testate concordanti, negli ultimi due anni le multinazionali Total e Shell hanno individuato al largo dalle coste namibiane riserve offshore di petrolio e di gas naturale correlato stimate in 11 miliardi di barili.

Il governo namibiano si è già messo all’opera per mettere al passo gli scali del paese. In un’intervista a Bloomberg il presidente dell’autorità nazionale portuale Andrew Kanime ha già fatto appello a investimenti da 2,1 miliardi di dollari per espandere lo scalo di Walvis Bay – lo stesso oggetto dell’intesa con l’UE – e anche nell’ottica ci costruirne uno nuovo nella città costiera di Lüderitz.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it