Il Kenya si interroga sui fatti di Shakahola - Nigrizia
Kenya Politica e Società
Potere, ricchezza e complicità politiche dietro alla morte di centinaia di fedeli della setta
Il Kenya si interroga sui fatti di Shakahola
Manipolati fino a convincerli a lasciarsi morire di fame. Ma solo dopo aver donato ciò che possedevano alla chiesa. Più di 600 le persone scomparse, 240, finora, i corpi ritrovati in fosse comuni nella foresta di Shakahola. Una vicenda che ha portato alla luce la mancanza di controlli sulle attività delle tante chiese evangeliche e pentecostali
26 Maggio 2023
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 7 minuti
Alcuni dei corpi riesumati delle vittime del culto religioso nel villaggio di Shakahola il 23 aprile 2023 (Credit: National Police Service)

Sono ormai 240 i morti accertati di quello che ormai è comunemente definito come il culto della morte della Good News International Church (Chiesa Internazionale della Buona Novella) il cui pastore, Paul Mackenzie Nthenge, chiacchierato da tempo, ha potuto operare indisturbato a lungo, di fatto sotto gli occhi delle autorità competenti.

Ma le vittime sono destinate ad aumentare perché le persone scomparse legate alla chiesa, che sarebbe forse meglio chiamare setta, sono già più di 600 e aumentano quotidianamente.

La terribile previsione è sostenuta anche dalla decisione delle autorità kenyane di estendere la ricerca delle vittime al parco nazionale dello Tsavo, al di fuori di Shakahola, la foresta nella contea costiera di Kilifi, dove si trova l’estesa proprietà della setta e dove sono state scoperte le sepolture delle vittime finora accertate.

Mackenzie, che predicava la sua “dottrina” anche da un canale Youtube, ha convinto centinaia di persone a lasciarsi morire di fame e di sete, molti insieme ai figli, per “incontrare Gesú” prima di essere travolti dall’imminente fine del mondo. Non senza, però, essersi liberati di tutti i beni materiali eventualmente posseduti, devolvendoli a chi si prendeva cura del loro benessere spirituale.

Le autopsie delle vittime stanno svelando un orrore senza limiti. Molti bambini sono stati soffocati o uccisi in modi anche più violenti, probabilmente perché con i loro lamenti indebolivano la volontà degli adulti di seguire “gli insegnamenti” del pastore fino alla fine. Anche molti adulti, pur gravemente malnutriti, non sono morti di inedia ma per mano, con ogni probabilità, degli aiutanti del leader carismatico della setta.

Mackenzie e la sua “chiesa” non sono i soli indagati. Un altro pastore, Ezekiel Odero, è nell’occhio del ciclone in queste settimane. Ѐ probabilmente più famoso, più seguito e più ricco dello stesso Mackenzie, tanto che una rete televisiva kenyana, Citizen TV, ha intitolato un video che riguarda le sue attività “Dentro l’impero del pastore Ezekiel Odero”.

Anche lui, con la sua chiesa denominata New Life (Vita Nuova), è proprietario di un vasto appezzamento di terreno in località Mavueni, sempre nella contea di Kilifi, in cui si proponeva di organizzare una cittadina autosufficiente.

Per la predicazione si serviva di una emittente televisiva di sua proprietà attraverso cui raggiungeva centinaia di migliaia di persone, e non solo in Kenya. Ѐ descritto come persona facoltosa e influente. Al momento dell’arresto, gli sono stati congelati una quindicina di conti bancari per accertamenti sul patrimonio.

Ѐ accusato di numerosi crimini, tra cui omicidio, aiuto al suicidio, radicalizzazione religiosa, crimini contro l’umanità, crudeltà nei confronti dei bambini, frode e riciclaggio di denaro.

Gli inquirenti credono che Mackenzie e Odero agissero concordemente. I due sarebbero soci in diversi affari, compreso il culto della morte, tanto che si sospetta che diversi dei cadaveri esumati a Shakahola siano di suoi fedeli. Odero nega però decisamente ogni legame con Mackenzie.

Sta di fatto che è stato presto liberato su cauzione (1,5 milioni di scellini, oltre 10mila euro, una cifra enorme in Kenya) tra il tripudio dei suoi fedeli, mentre i conti bancari sono stati resi di nuovo disponibili con la giustificazione che nessuno era intestato a lui personalmente ma a varie attività della sua “chiesa”.

Corruzione, potere e connivenze

Mackenzie e Odero sono solo i casi più gravi di pastori implicati in affari poco puliti, se non addirittura criminali.

Sfogliando le pagine dei giornali kenyani è frequente imbattersi in notizie riguardanti le malefatte di leader religiosi, in gran maggioranza di confessioni che fanno parte del mondo delle chiese cristiane evangeliche e pentecostali, come quelle dei due pastori indagati per il culto della morte, appunto.

Sul Daily Nation del 24 maggio si legge, ad esempio, del vescovo della chiesa Pentecostal Evangelistic Fellowship of Africa implicato in una truffa ai danni dei suoi fedeli. Avrebbe raccolto milioni di scellini promettendo loro di facilitare il visto per gli Stati Uniti, cosa mai avvenuta.

Ѐ solo l’ultimo episodio di una lunga serie di scandali, ma i casi di Mackenzie e Odero hanno letteralmente scioccato il paese costringendolo a interrogarsi sui molti aspetti critici della vicenda.

Il primo è sicuramente la corruzione. Numerose interviste a familiari delle vittime di Shakahola hanno detto di aver denunciato la scomparsa dei propri familiari alla polizia locale. Altri hanno addirittura testimoniato su quanto avveniva nella foresta dove si erano recati per cercare di riportarsi a casa i parenti aderenti alla setta.

Dicono di essersi trovati di fronte a richieste di denaro per cominciare le indagini.

Distratti, se non accondiscendenti, sono stati sicuramente gli amministratori locali, che hanno probabilmente cercato di non approfondire quanto stava succedendo sul loro territorio.

D’altra parte, in Kenya le chiese evangeliche e pentecostali sono una galassia variegata in cui la maggior parte dei componenti opera strettamente secondo i dettami della legge.

Legami politici

Inoltre godono di adesioni importanti. Lo stesso presidente, William Ruto, è fedele della Africa Inland Church, una delle chiese evangeliche più vecchie ed autorevoli del continente. La moglie del vicepresidente Righati Gachagua, Dorcas Wanjiru, è pastora di una chiesa da lei stessa fondata.

Sul web circolano foto e video di Mackenzie e Odero presenti alla cerimonia di insediamento del presidente Ruto e alla preghiera propiziatoria nella State House. Perché un oscuro amministratore di Kilifi avrebbe dovuto interrogarsi su cosa stava avvenendo sul suo territorio ad opera di due pastori tanto ben introdotti?

Quantomeno perplessi devono essere stati lo stesso presidente e vicepresidente che per settimane non si sono espressi sulla vicenda. Anzi il vicepresidente ha cercato di minimizzare l’episodio, appellandosi alla libertà di religione garantita dalla Costituzione.

Ruto invece ha infine promesso di andare a fondo della vicenda, tacciata come episodio di radicalizzazione e terrorismo. Ha anche nominato unilateralmente una commissione d’inchiesta, presto stoppata dal tribunale per una petizione dell’opposizione che contesta il metodo con cui sono stati scelti i commissari.

Ignoranza e manipolazione

Si sono espressi in materia anche molti intellettuali, analisti e commentatori. I punti messi a fuoco riguardano l’attuale legge in materia di registrazione delle chiese e la preparazione dei pastori. Si denuncia la scarsità dei mezzi messi a disposizione per il monitoraggio delle attività delle tante, anzi tantissime, chiese che operano nel paese sotto una leadership generalmente ben poco preparata, spesso autoproclamata.

Infine, in un articolo pubblicato sul Daily Nation il 20 maggio, Austin Bukenya, professore ben noto nella regione, afferma che il responsabile ultimo di episodi catastrofici come quello del culto della morte di Shakahola è “il mostro dell’ignoranza e del pensiero acritico”. Chiama cioè al tavolo degli imputati il sistema educativo e quello dell’informazione.

Ma anche l’aspetto economico e sociale hanno certamente il loro peso. Non a caso le vittime sono state manipolate parlando della fine del mondo, quasi toccata con mano durante la pandemia che ha depresso la popolazione dal punto di vista psicologico e ha drasticamente ridimensionato le speranze di una vita dignitosa, soprattutto tra i ceti sociali più fragili, quelli che hanno dato un contributo più alto al massacro di Shakahola.

Resta solo da chiedersi se un altro massacro del genere è possibile. Purtroppo la storia ci dice che episodi simili, e anche più gravi, sono già accaduti.

Niente può garantire che non possa ripetersi, stante la situazione attuale in cui le tensioni e le disuguaglianze sono in crescita, mentre diminuiscono le prospettive di un miglioramento complessivo della qualità della vita, nel contesto di una catastrofe climatica incombente.

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