Kenya: si estende l’inchiesta sul massacro di Shakahola - Nigrizia
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Oltre un centinaio i corpi riesumati finora. In manette due predicatori protestanti
Kenya: si estende l’inchiesta sul massacro di Shakahola
Uomini, donne e bambini spinti al suicidio per fame in cambio del paradiso, sotterrati nei pressi della chiesa in una foresta nell’entroterra di Malindi. Dove si continua a scavare, sulla base anche delle denunce di persone scomparse: 212 secondo la Croce rossa kenyana. Una vicenda che riporta in primo piano il proliferare di queste sette
28 Aprile 2023
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 4 minuti
(Credit: kenyan Directorate of criminal investigation)

«I terroristi usano la religione per fare affari e porre in atto le loro azioni criminali. Persone come il signor Mackenzie Nthenge usano la religione per fare esattamente la stessa cosa».

Così si è espresso il presidente del Kenya William Ruto commentando il macabro ritrovamento di 101 corpi riesumati finora, tra cui decine di bambini. Persone morte di fame per obbedire alle direttive di Paul Mackenzie Nthenge, pastore della Good News International Church, presente nell’entroterra della città costiera di Malindi e in varie altre località del paese.

Il presidente ha denunciato le modalità operative di molti movimenti religiosi in Kenya e il fallimento degli sforzi finora fatti per regolare chiese e culti guidati da persone senza scrupoli che se ne servono per operazioni criminali, operate sulla pelle dei più fragili.

Ex tassista trasformatosi in pastore protestante, Mackenzie era da tempo nel mirino della polizia. Lo scorso 21 aprile, in seguito ad una soffiata, era stata avviata un’indagine ad ampio raggio nella foresta di Shakahola, in cui il pastore predicava, dove furono scoperte 19 persone gravemente malnutrite, 8 delle quali poi decedute.

La successiva scoperta di decine di corpi sepolti, per lo più in fosse comuni, ha sollevato serie domande su come il famigerato pastore fosse libero di predicare che la salvezza si sarebbe ottenuta mediante il lasciarsi morire di fame in vista della fine del mondo, prevista il 15 aprile.

Mackenzie Nthenge – secondo il sito web della setta – aveva dato vita al suo movimento nel 2003, aprendo poi filiali a Nairobi e lungo la costa del Kenya, attirando oltre 3mila seguaci. «Il pastore – si legge sul sito – mira a coltivare i fedeli olisticamente, in tutte le questioni di spiritualità cristiana, in preparazione alla seconda venuta di Gesù Cristo, attraverso l’insegnamento e l’evangelizzazione».

Mackenzie Nthenge nel 2017 aveva anche lanciato un canale Youtube. Nei video pubblicati metteva in guardia i follower contro pratiche “demoniache” quali indossare parrucche e utilizzare denaro tramite trasferimenti digitali. Nello stesso anno, il tele-evangelista fu arrestato, e rilasciato su cauzione, con l’accusa di aver infranto la legge nell’esortare bambini e ragazzi a non frequentare la scuola, perché, sosteneva, l’educazione è proibita dalla Bibbia.

Due anni dopo aver fondato la sua chiesa, Mackenzie aveva deciso di chiudere la sede del culto trasferendosi nella cittadina di Shakahola, dopo aver annunciato in un’intervista di «aver ricevuto una rivelazione che gli notificava che era arrivato il momento di interrompere il suo ministero».

Il pastore era stato nuovamente arrestato lo scorso marzo, dopo che due bambini della setta erano morti per fame sotto la custodia dei genitori. Anche in questo caso era stato rilasciato dietro il pagamento di una cauzione di 10mila scellini (poco più di 70 dollari) e aveva dichiarato di essere rimasto scioccato per le accuse.

Meno di tre settimane dopo una donna salvata dalla foresta, dove i suoi seguaci si sono lasciati morire di fame, lo ha smascherato.

Il raid della polizia nella foresta aveva portato gli investigatori a scoprire e riesumare le vittime del culto. Mentre si scoprono i particolari di quello che è stato soprannominato il “massacro di Shakahola“, Mackenzie Nthenge si è di nuovo arreso alle autorità che lo hanno arrestato il 14 aprile. La prima udienza del processo nei confronti suoi e di sei assistenti è fissata per il 2 maggio.

Nel frattempo le indagini si sono estese e il 27 aprile nel sobborgo di Mavueni, nella città costiera di Kilifi, è stato arrestato Ezekiel Odero, telepredicatore del New Life Prayer Centre and Church, sospettato di essere complice di Mackenzie e di avere dirette connessioni con il massacro di Shakahola.

«Secondo l’inchiesta preliminare – ha dichiarato la polizia – Odero, avrebbe collaborato con Mackenzie nel nascondere i corpi di alcune delle vittime della sua chiesa di Kilifi. Salme che sarebbero state trasportate a Shakahola da Odero con l’aiuto di Mackenzie».

«Si ritiene – prosegue la dichiarazione – che i corpi siano stati rimossi dal locale obitorio di Milele dopo un disaccordo tra Odero e i responsabili della casa funeraria sul prezzo da pagare». In seguito a questo Odero, caricati i cadaveri su un camion, li avrebbe segretamente fatti trasportare a Shakahola.

Dove le ricerche di altre sepolture sono ancora in corso e dove è stato imposto un coprifuoco di 30 giorni. Si moltiplicano intanto le richieste di aiuto di famiglie alla ricerca di parenti scomparsi: 178 persone, secondo la Croce rossa.

L’agghiacciante vicenda ha riportato all’attenzione della politica e dell’opinione pubblica il proliferare di queste sette in Kenya e in molti altri paesi africani, dove i cosiddetti “pastori” fanno leva sulla disperazione delle persone più semplici, povere, illetterate e fragili.

Ci si chiede come sia possibile che figure note come questi predicatori con storie ambigue e posizioni molto radicali, possano sfuggire alla legge e imperversare continuando ad agire in piena libertà. 

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