Libia, gli 007 controllati dagli ex gheddafiani - Nigrizia
Libia
Il passato che non passa
Libia, gli 007 controllati dagli ex gheddafiani
Fa discutere la nomina a capo del Mukhabarat di Hussein al-Ayeb, ai tempi del regime braccio destro del cognato del Colonnello, Abdallah Senoussi. Una scelta, tuttavia, assunta non a caso dal premier Dbeibah, che punta a tenere a bada le milizie che signoreggiano a Tripoli. Il premier libico, con i suoi ministri, dopo Roma è in visita a Parigi
01 Giugno 2021
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 4 minuti
Dabaiba-Libia

Nel nuovo Governo di accordo nazionale di Tripoli guidato da Abdelhamid Dbeibah, in visita ufficiale ieri, 31 maggio, a Roma dove ha incontrato il premier Mario Draghi, fa storcere a non pochi il naso la presenza di ex lealisti del Colonnello Muʿammar Gheddafi.

Tra questi ad assumere una carica di peso nelle scorse settimane è stato Hussein al-Ayeb, nominato il 6 maggio a capo dei servizi di intelligence (Mukhabarat al-Amma) dal presidente del consiglio presidenziale della Libia, Mohammed al-Manfi.

Nomina controversa

È un percorso a dir poco contorto quello che ha condotto al-Ayeb ad assumere il comando del Mukhabarat che risponde al governo di Tripoli. Originario di Tiji, nel nordovest della Libia, membro della piccola comunità ajeilat, al-Ayeb ha iniziato la trafila nell’autorità doganale. Negli anni del regime ha guadagnato la fiducia, fino a diventarne il braccio destro, dell’allora capo dell’intelligence Abdallah Senoussi, cognato di Gheddafi, oggi in carcere e su cui pesa una condanna a morte.

Dopo le primavere arabe e l’uccisione di Gheddafi, il cambio di bandiera con il sostegno, tra il 2014 e il 2015, al generale della Cirenaica Khalifa Haftar nell’Operazione Karama, l’offensiva lanciata per stanare dall’est del paese i gruppi islamisti e jihadisti. In seguito, la presa di distanze dal leader dell’Esercito nazionale libico fino all’ingresso, a fari spenti, nel Gna.

L’ascesa di al-Ayeb in Libia non è però passata inosservata. Il 9 maggio, dunque tre giorni dopo la sua nomina, su di lui si sono concentrate le attenzioni del Libyan Audit Bureau. Il suo presidente, Khaled Shakshak, ne ha chiesto le dimissioni accusandolo di frode contro lo stato in riferimento a un caso che vede coinvolta l’impresa edile turca Cengiz.

Rapporti con la Turchia

Al-Ayeb è stato membro del consiglio di amministrazione dell’International Company for Investment and Development (Icdi), ente statale libico che ha collaborato con la società turca per la realizzazione di importanti progetti infrastrutturali nel sud della Libia. Progetti del valore complessivo di 800 milioni di dinari, pari a 628 milioni di dollari, per cui la Cengiz ha lavorato e che, però, non sono mai stati portati a termine. E per i quali la Camera del Commercio Internazionale, con sede a Parigi, nel 2019 ha condannato lo stato libico a pagare 50 milioni di euro di risarcimento alla società turca. Adesso Tripoli sta cercando faticosamente di rovesciare quella sentenza, provando ad addossare tutta la colpa, tra gli altri, anche su al-Ayeb.

Ma non solo. La promozione di al-Ayeb al vertice del Mukhabarat ha innescato anche delle gelosie tra i leader delle milizie che tengono in pugno il Gna. Tra questi c’è Emad al-Trabelsi, che aveva assunto la guida ad interim dell’intelligence dallo scorso settembre dopo la morte di Abdullah Masoud al-Darsi. La poltrona, ovviamente, non faceva gola solo ad al-Trabelsi, ma anche a Mustafa Gadur, capo delle milizie di Al Nawasi, collegate con il ministero dell’interno di Tripoli, che alla fine, però, si è dovuto accontentare dell’incarico di vice.

L’improvvisa ascesa di al-Ayeb ha poi spiazzato tutti. E le milizie di al-Trabelsi non hanno tardato a esprimere il proprio disappunto, attaccando il 7 maggio l’Hotel Corinthia dove al-Ayeb si trovava insieme al presidente del Consiglio presidenziale della Libia al-Manfi e al ministro degli Esteri Najla al-Mangoush.

Le manovre di Dbeibah

In questa partita ad alto rischio per la guida dei servizi segreti di Tripoli, per il momento il premier Abdelhamid Dbeibah si sta limitando a osservare. Non ha contestato la nomina di al-Ayeb, “nonostante” i suoi trascorsi col regime di Gheddafi e poi al fianco di Haftar. E ciò perché al-Ayeb è funzionale ai suoi scopi per due motivi: avendo partecipato all’Operazione Karama può rendere più “credibile” la sua opposizione alla Fratellanza Musulmana – compiacendo così Haftar con cui non può non scendere a patti se intende sopravvivere al pantano libico – e, inoltre, può permettergli di strappare consensi al suo più acerrimo rivale, l’ex ministro degli interni Fathi Bashaga che ha un peso importante nella determinante città di Misurata. In questa manovra, come spiega bene Africa intelligence, Dbeibah ha anche guadagnato una tregua temporanea con le milizie di Al Nawasi e Ghnewa di Tripoli, oltre che con le forze di Zawiya. Tutte sosterranno al-Ayeb. Almeno fino a quando non arriverà loro un’offerta di compromesso più vantaggiosa.

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