La destabilizzazione del Sahel rischia di entrare in una nuova fase, con il rischio di uno scontro campale tra l’esercito maliano e i cosiddetti ex-ribelli tuareg.
Il prefisso ”ex” deriva dalla loro ultima ribellione del 2012, che si concluse con l’intervento militare francese e la firma degli Accordi di Pace di Algeri del 2015. Questi ultimi – che dovevano assicurare una forma di autonomia amministrativa al nord dei tuareg – sono stati raramente seguiti dal governo centrale di Bamako. E dal golpe del 2020, sono di fatto divenuti lettera morta, con la giunta militare molto poco incline a metterli in pratica.
Ora la fine (voluta dal regime di Goita) della missione militare dell’Onu in Mali (Minusma) apre la domanda: a chi vanno le loro basi militari nel nord? Bamako le vuole per sé. I tuareg sono di tutt’altro avviso.
Attualmente l’esercito maliano è arrivato con una imponente spedizione militare, a soli 110 km dalla roccaforte degli ex-ribelli, la città di Kidal.
Da vedere se ci sarà una ripresa delle ostilità a tutto campo o meno.
Nel frattempo, appare controintuitiva la decisione del governo maliano di dare priorità alla lotta all’irredentismo tuareg, quando i gruppi jihadisti compiono attentati di continuo e occupano ampie aree di territorio nazionale.